Dalle
suaccennate considerazioni balza chiaro agli occhi dell’osservatore
esperto che nell’anima dell’intrepido missionario
di Cristo eucaristico e del suo Volto Santo erano profondamente
radicate le virtù della castità, della povertà
e dell’obbedienza. Ma il fatto che egli, vincolato da
uno speciale rapporto d’intima partecipazione alla Passione
del Signore, giunse a diventare fondatore e padre di una nuova
comunità religiosa, suppone già che egli, sitibondo
come pochi di perfezione cristiana, era anche un eccelso protagonista
dei consigli evangelici.
A darne illuminante conferma potrà valere un semplice
sguardo all’atmosfera dell’infanzia spirituale
da cui era pervasa la sua anima. La semplicità del
bambino, che caratterizzava i suoi gesti, trasferita nel mondo
soprannaturale, non è forse una forma di castità
consacrata, totale e irrevocabile, simile a quella della Vergine
Maria? La prerogativa della povertà, che la madre Agnese
di Gesù, sorella di Teresa di Lisieux, ritrova nel
bambino, non parla forse con un’eloquenza travolgente
del sacro impegno, con cui l’intemerato araldo del mistero
della salvezza, spogliatosi assolutamente di tutto come il
Serafico Patriarca d’Assisi, scuoteva e conquistava
al cielo le anime di quanti ebbero la ventura d’incontrarlo?
Infine la dipendenza che lega completamente il bambino al
volere dei suoi genitori, non fu il segnacolo splendente dell’obbedienza
che, identificando i pensieri e la volontà del Signore
Gesù (cfr. Fil 2, 5), suscitava, secondo quanto attesta
il padre Basilio Guzzo, dei Frati Minori, che ebbe il privilegio
di vivergli accanto e di assisterlo nel periodo finale della
sua permanenza sulla terra, in un opuscolo pubblicato all’indomani
della sua pia scomparsa, l’ammirata edificazione di
coloro che ricorrevano a lui per lumi e consiglio?
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