Una
speciale forma di devozione, di cui si rese promotore e divenne
infaticabile apostolo fu quella della riparazione, intesa
a risarcire in qualche misura e con l’efficacia che
ne deriva alla pietà e alla fede, le irriverenze e
i dispregi cui, con inspiegabile e troppo superficiale frequenza,
era fatto segno il Figlio di Dio nella sua umanità
tribolata ed oppressa.
Atleta e missionario del mistero della salvezza, aveva avuto
modo di notare, durante le sue incessanti corse apostoliche
per le città, le borgate e i paesi della Regione calabra,
afflitta più che altre dalla trascuratezza, dall’abbandono
e dall’ignoranza, che si erano a poco a poco introdotti
ed era divenuta pressoché tradizionale nel popolo la
consuetudine di dare momentaneo sfogo all’ira provocata
da circostanze avverse mediante espressioni che, indirizzate
al Signore, alla Vergine e ai santi, sonavano appunto contumelia,
oltraggio e vilipendio.
Del pari egli aveva con somma pena riscontrato che nugoli
di bambini sovente rimanevano soli sulle strade a trastullarsi,
esposti al pericolo dell’ignoranza, del vizio e della
corruzione, senza che alcuno si prendesse cura di loro. Sapeva
inoltre il servo di Dio, per personale esperienza, che non
pochi parroci dei versanti montani della Chiesa reggina, dislocati
lontano dal centro della città, vivevano senza collaborazione
e spesso in deprimente, sterile solitudine. Sorse perciò
nel suo grande spirito l’audace disegno di dar vita
ad una comunità di vergini consacrate che, impegnandosi
in specifiche opere di misericordia, si adoperassero, sotto
la sua sapiente e sperimentata guida, di coadiuvare i parroci
più bisognosi nell’azione evangelizzatrice delle
anime ad essi commesse, in modo principale di quelle dei bambini
poveri e abbandonati. Non vi è, d’altro canto,
chi non conosca che uno degli episodi che maggiormente avevano
colpito l’attenzione del magnanimo araldo di Cristo
Salvatore, mentre questi ascendeva carico della croce sulla
via del Calvario, fu il gesto intraprendente della donna di
nome Veronica che, investita da un irrompente impulso interiore
di pietà femminile, sfidò le ire della scorta
accompagnatrice e riuscì ad asciugare con un pannolino
il sudore di Gesù che, in premio, vi lasciò
impressa l’effigie del suo Volto Santo.
Per il padre Catanoso una tale donna, a parte la questione
dell’autenticità storica della sua figura e del
suo gesto, seppe con ciò stesso dimostrarsi un modello
di perfezione evangelica. Per questo egli non dubitò
di chiamare i membri della nuova comunità religiosa
da lui fondata «Veroniche del Volto Santo», cioè
restauratrici del Regno di Cristo e di Dio nel fedele, generoso
e costante compimento dell’arduo ufficio di missionarie
della sofferenza trasformatrice e riparatrice del Figlio di
Dio. Non ricade nell’ambito del nostro studio, né
certamente sarebbe ora opportuno dare una qualsiasi valutazione
dell’istituto delle Suore Veroniche del Volto Santo,
né comunque pronunciare giudizi intorno a un’impresa,
le cui dimensioni si protendono lungo l’arco di cinquant’anni
e la cui vita va esaminata e ponderata con particolare prudenza
e cura.
Sia tuttavia lecito a colui che scrive, il quale, oltre alla
conoscenza del fondatore, ebbe la ventura di notare le prime
origini e il successivo alternarsi dei laboriosi sviluppi
del caro istituto, esprimere, nell’invocante preghiera,
il fervido auspicio ch’esso, superando con il superno
ausilio l’ora difficile che la vita consacrata in generale
oggi attraversa, possa felicemente adeguarsi alle sempre più
stringenti esigenze dei nuovi tempi.
Documento primario, da cui traluce il carattere essenzialmente
pasquale, che conferì un’amorosa, insondabile
ansia di salvamento alla spiritualità interiore e allo
zelo apostolico del padre Catanoso nella sua azione restauratrice
del Regno di Dio, è costituito dallo scritto intitolato
Ora eucaristica sacerdotale, che, da lui pubblicato nel 1915,
fu con ispirata idea ristampato al compiersi del sessantesimo
anniversario della sua ordinazione sacerdotale, che ricorse
nel 1962.
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