A testimonianza della sua illustre tradizione vitivinicola, che ha contribuito a creare l’originario nucleo della coltura della vite in Italia, la Calabria è conosciuta fin dall’antichità con il nome di Enotria, ossia “terra del vino”. Si tramanda che questo appellativo derivi da Enotro, il principe arcade che fondò la prima colonia greca sulla sponda italiana del mar Ionio, anche se, in seguito, i Greci finirono col chiamare Enotria l’intera Italia. Ma, a portare la vite in Calabria, furono, ancor prima dei Greci, i Fenici. Sia gli uni che gli altri impiantarono nella regione vitigni pregiati, e li coltivarono ottenendo ottimi prodotti da commerciare con altri popoli, tanto che la viticoltura in Calabria continua ancora oggi a rivestire un ruolo fondamentale per l’economia della regione, con un patrimonio di varietà locali e tradizionali dalle quali si producono vini di elevata qualità. La Doc Scavigna prende il nome dalla zona di produzione, che comprende diversi comuni della provincia di Catanzaro, e si produce nelle tre tipologie Bianco, Rosso e Rosato.
Come si consuma
Lo Scavigna Bianco si gusta in calici di media capacità a tulipano svasato a 8-10°C, abbinato ad antipasti di pesce e di verdure e a formaggi poco stagionati; la tipologia Scavigna Rosso, da bere in calici bordolesi a 16-18°C, è particolarmente indicata per accompagnare la minestra maritata, carni bianche ripiene al forno, la ‘nduja, preparazioni con melanzane e peperoni, oppure piatti di formaggi e salumi tipici della regione; lo Scavigna Rosato, da versare in calici di media capacità a tulipano ampio a 12-14°C, si sposa con salumi e ricotta calabrese, ma anche con minestre e carni bianche.
Come si conserva
Le bottiglie, per essere ben conservate, vanno tenute coricate in scaffalature di legno, al buio, a temperatura costante fra 10 e 15°C e con un’umidità intorno al 70-75%, in modo che il tappo non si asciughi.
Come si produce
La metodologia produttiva utilizzata per la produzione del Bianco mira all’immediata estrazione del succo dal frutto, in maniera che la fermentazione riguardi solo la parte liquida. Nella vinificazione in bianco sempre più frequentemente la pressatura è effettuata direttamente su uve intere, quando non precedentemente pigiate, per separare il mosto dalle parti solide, riducendo al minimo la lacerazione delle bucce. Alla pressatura segue l’allontanamento delle fecce e la fermentazione del mosto pulito, a una temperatura massima di 20°C. Si procede, quindi, ai travasi per il definitivo illimpidimento del vino, che, a quel punto, è pronto per l’imbottigliamento.
Per il Rosso, l’uva viene pigiata, diraspata, e quindi posta in speciali recipienti per la fase di fermentazione, durante la quale la vinaccia (costituita dalle parti solide dell’uva, bucce e vinaccioli) viene messa a contatto con il mosto. Seguono la macerazione e la svinatura, che permette di eliminare dalla parte liquida le vinacce, ottenendo così il vino fiore. A questo punto il vino viene sottoposto a travasi per eliminare le altre sostanze solide eventualmente precipitate, quindi viene indirizzato all’affinamento e all’invecchiamento e infine stabilizzato e imbottigliato.
La metodologia produttiva del Rosato opera una fermentazione in bianco delle uve rosse, cioè senza macerazione delle vinacce, che vengono messe solo brevemente a contatto con il mosto fatto fermentare in bianco, dopo averlo separato dalle vinacce. Trattandosi di un tipo di vinificazione adottata per l’ottenimento di vini fini, occorrono pigiatrici diraspatrici che lavorino l’uva con molta delicatezza; il pigiato così ottenuto viene inviato nei fermentini, dove subisce una macerazione brevissima. Al termine di queste operazioni il vino fiore viene separato dalle vinacce e sottoposto a travasi, per separare la frazione limpida dalla feccia e per eliminare le altre sostanze solide eventualmente precipitate, quindi viene stabilizzato e, infine, imbottigliato |