L’attuale Cirò, oggi prodotto nelle tipologie Rosso, Rosato e Bianco, deriva da un vino che anticamente era chiamato “Krimisa”. Il nome probabilmente deriva da quello di una colonia greca, Cremissa appunto, situata dove ora sorge Cirò Marina. A Cremissa sorgeva peraltro un importante tempio dedicato al dio del vino, Bacco, e Krimisa era il vino offerto in dono agli atleti vincitori delle Olimpiadi. Milone di Crotone, vincitore di ben sei edizioni dei giochi di Atene, era un grande estimatore di questo vino.
Per rinnovare l’antica tradizione, il Cirò è stato servito come vino ufficiale alle Olimpiadi svoltesi a Città del Messico nel 1968.
Come si consuma
Il Cirò Bianco si serve in calici ampi che si restringono verso l’alto a 8-10°C e si abbina a tonno e pesce spada, verdure e ricotta fresca poco salata.
Il Cirò Rosso, da bere in calici ballon a 16-18°C, è particolarmente indicato per accompagnare primi piatti conditi con ragù, o sughi ricchi, carni rosse e cacciagione, la tradizionale ‘nduja calabrese, il pecorino crotonese e i salumi tipici della regione.
Il Cirò Rosato, da versare in calici di media capacità a tulipano ampio a 12-14°C, si sposa con carni magre, con salumi e formaggi calabresi, polpette, braciole e alcuni piatti tipici della regione, come i maccaruni.
Come si conserva
Le bottiglie, per essere ben conservate, vanno tenute coricate in scaffalature di legno, al buio, a temperatura costante fra 10 e 15°C e con un’umidità intorno al 70-75%, in modo che il tappo non si asciughi.
Come si produce
La metodologia produttiva utilizzata per la produzione del Bianco mira all’immediata estrazione del succo dal frutto, in maniera che la fermentazione riguardi solo la parte liquida, ma recentemente si stanno diffondendo tecniche innovative di macerazione a freddo o pellicolare, allo scopo di far passare nel mosto le sostanze aromatiche primarie contenute nella buccia. Nella vinificazione in bianco sempre più frequentemente la pressatura è effettuata direttamente su uve intere, quando non precedentemente pigiate, per separare il mosto dalle parti solide, riducendo al minimo la lacerazione delle bucce. Alla pressatura segue l’allontanamento delle particelle in sospensione o fecce, e la fermentazione del mosto pulito, a una temperatura di fermentazione di massimo 20°C. Si procede, quindi, ai travasi per il definitivo illimpidimento del vino, il quale è, quindi, pronto per l’imbottigliamento.
La metodologia produttiva del Rosso può essere definita come la vinificazione con la vinaccia (costituita dalle parti solide dell’uva, bucce e vinaccioli). L’uva viene pigiata e diraspata, quindi posta in speciali recipienti per la fase di fermentazione e macerazione. Al termine della macerazione avviene la svinatura, che permette di eliminare dalla parte liquida le vinacce, ottenendo così il vino fiore. A questo punto il vino viene sottoposto a travasi per eliminare le altre sostanze solide eventualmente precipitate, quindi viene indirizzato all’affinamento e all’invecchiamento e infine stabilizzato e imbottigliato.
La metodologia produttiva del Rosato opera una fermentazione in bianco delle uve rosse, che consiste in un breve contatto con le vinacce del mosto, che poi viene però fatto fermentare in bianco, cioè separato dalle vinacce. Trattandosi di un tipo di vinificazione adottata per l’ottenimento di vini fini, occorrono pigiatrici diraspatrici che lavorino l’uva con molta delicatezza; il pigiato così ottenuto viene inviato nei fermentini, dove subisce una macerazione brevissima. Al termine di queste operazioni il vino fiore viene separato dalle vinacce e sottoposto a travasi, per separare la frazione limpida dalla feccia e per eliminare le altre sostanze solide eventualmente precipitate, quindi viene stabilizzato e, infine, può essere imbottigliato. |