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«La recente desecretazione delle note dei servizi segreti italiani riguardanti il traffico illecito di rifiuti tossici e radioattivi sotterrati, a partire dagli anni ’90, in vari punti della Calabria, ed in modo particolare nelle Serre Vibonesi, rende reali le varie “leggende metropolitane” circolate in questi decenni in diversi centri della nostra provincia, palesando, se ve ne fosse bisogno, le cause dei disparati casi di tumore in paesi apparentemente salubri e facendo accapponare la pelle circa le conseguenze future determinate dal perdurare di questo stato di cose, se non si provvede immediatamente ad una corretta ed adeguata bonifica dei luoghi».
Ad esprimere tali reali ed atroci timori è il responsabile all’ambiente del Pd vibonese, Vitaliano Papillo, che invita le autorità competenti «a far luce su un caso su cui, stranamente, in pochi sembra si stiano esprimendo, in una regione che, perennemente afflitta da “emergenze” che durano secoli, si trova a vedere palesata questa nuova ed inquietante verità su cui non si può e non si deve tergiversare oltre.
Alla diffusione della notizia avrebbe dovuto rivoltarsi mezza Calabria, ed invece tutto tace e nessuno pare muoversi.
Per molti anni la nostra regione – prosegue Papillo – è stata la pattumiera dell’Italia centro settentrionale e dell’Europa e lo stato, che sapeva, ha sempre negato un evidenza di cui, a livello locale, erano gli svariati casi di tumore a parlare.
Adesso che, però, anche i cittadini sanno e temono seriamente per la loro salute, è ora che finalmente si tiri fuori la testa da sotto la sabbia e si agisca per eliminare ulteriori rischi per la salute umana, minata da uomini senza scrupoli e freni morali che chissà cosa hanno nascosto sotto i nostri piedi venti anni fa». In questa prospettiva, inoltre, Papillo sprona ad andare oltre i servizi segreti ed indagare anche su altri centri in aggiunta a quelli indicati nelle carte del Sisdi e del Sismi, «poiché non è normale l’alta incidenza di neoplasie e malattie oncologiche in aree in cui, per le loro caratteristiche ambientali, si dovrebbe scoppiare di salute».
E, proprio in questo frangente, «ripugnante è da considerarsi il comportamento della regione Calabria che, se si esclude un accenno di avvio di discussione sull’argomento intrapreso dalla giunta Loiero nel 2010, non ha mai istituito uno strumento indispensabile come può essere un’anagrafe dei tumori, che permetta di tenere sotto controllo la malattia, rendendo note le incidenze nelle varie zone, le tipologie patologiche, l’età, il sesso e quant’altro di utile per ottenere un quadro chiaro, capirne le cause ed eseguire un intervento fondato su dati di fatto».
L’auspicio, pertanto, è che «la regione acceleri l’iter che deve portare alla costituzione di un registro tumori che può rappresentare un ottimo punto di partenza per una seria ed adeguata azione. A questo devono essere sensibili tutti i sindaci e gli amministratori che, in base ai morti nei loro centri, nutrono anche il benché minimo dubbio che qualcosa di strano ci sia nel loro territorio». E questo in quanto «ciò che si verifica da queste parti è qualcosa di simile, se non peggiore, a quanto avvenuto nella terra dei fuochi, per cui il tempo dell’inerzia è finito ed è giunta l’ora di agire».
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