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Da alcuni mesi ormai, il deposito costiero dell’Eni R&M di Vibo Marina lavora a regime ridotto, oserei dire ridottissimo. Le quantità di prodotti tradizionalmente trattati sono drasticamente ridotti, le autobotti caricati sono passati da circa 100 il giorno a meno di 10, le risorse umane da 23 unità necessarie sono attualmente appena 16 reali, conseguenza delle ultime uscite del 2010 non reintegrate.
L’Eni R&M non investe da mesi in interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria per la necessaria riparazione dei serbatoi corrosi. Questo ritardo, forse perché non più interessata a questo sito da sempre sotto l’occhio vigile della popolazione e sotto la lente d’ingrandimento di alcuni solerti funzionari addetti ai controlli e alle verifiche periodiche di legge che rallentano le operazioni di scarico e carico. E che dire dei rappresentanti politici locali che hanno difficoltà a trovare soluzioni valide per una realtà produttiva che da anni crea reddito per le tante famiglie direttamente coinvolte (oltre 160) e dell’indotto (oltre 200) per la regione Calabria, per il Comune, la Provincia e per le tante attività commerciali ed economiche del territorio.
Facendo un’analisi veloce e sommaria, vediamo di comprendere cosa comporterebbe l’abbandono del sito di Vibo Marina da parte dell’Eni R&M:
Chiusura di un parco serbatoi capace di movimentare il 60% circa dei prodotti petroliferi necessari alla Calabria, per uso privato e pubblico;
Perdita delle accise derivanti dalla movimentazione portuale;
Fermo sostanziale di tutte le relative attività del porto commerciale, con conseguente riduzione degli organici degli uffici pubblici preposti ai controlli e alle verifiche (Capitaneria, dogana, vigili del fuoco, ecc.) e degli addetti privati al rimorchio ed attracco delle navi cisterne, alla sorveglianza antifuoco e antiversamento, alla vigilanza degli impianti, alla piccola manutenzione ordinaria, alla mensa e alla pulizia del deposito;
Pianificazione del necessario intervento di smantellamento e bonifica del sito (area di circa 50.000 mq), di cui definire gli oneri ed i tempi d’intervento e a carico di chi, vista che la proprietà del suolo è dell’Eni. Tutto ciò permetterebbe di non fare la stessa fine del sito della Basalti Bitumi, che se pur non più attivo da anni, non è ancora bonificato, né più manutenzionato e neanche monitorato per evitare che si producano eventuali danni all’ambiente a causa di possibili perdite dei serbatoi ormai corrosi e/o infiltrazione nel sottosuolo dei residui rimasti.
A questo punto, un qualsiasi attento osservatore politico si dovrebbe chiedere, se l’Eni dovesse lasciare il territorio, quanto potrebbe sopravvivere ancora l’attività del deposito costiero della Meridionale Petroli, con la quale c’è una convenzione di mutuo scambio in caso di difficoltà di caricamento, attualmente in funzione con una movimentazione e caricamento di circa 40 autobotti il giorno, per conto prevalente dell’Esso. Infatti, anche questa bella realtà produttiva ultimamente ha visto il cambio di proprietà, per le note vicende finanziare della famiglia Sensi, finendo nella disponibità dell’Unicredit e quindi sotto la spada di Damocle per mancanza di finanziamenti alla manutenzione ordinaria e per l’attesa dell’acquisto da parte di un nuovo proprietario.
Per la mia trentennale esperienza sindacale nel campo dell’industria petrolifera, ritengo che si renda necessario ed immediato un intervento della Politica con la “P” maiuscola, Sindaco in primis, Presidente della Giunta provinciale e di quella regionale, della Confindustria vibonese, degli operatori economici della media e piccola impresa, delle OOSSLL territoriali, per convenire un piano di mantenimento e/o salvataggio delle aziende che insistono sul territorio, quali quelle nel campo energetico e non solo. Questo piano dovrebbe portare a non ridurre ancora di più il PIL locale, contrastare i giochi di campanile sotterranei che sotto l’influenza della falsa idea di alcuni cittadini che per Vibo Marina il turismo è meglio e che lo stesso è incompatibile con l’industria petrolifera, vedrebbero delocalizzate, nel migliore dei casi, i depositi a Gioia Tauro.
Come mai al nord di questa filosofia ecologica general-generica, non ne tiene conto nessuno e le persone privilegiano il lavoro?
Per lo sviluppo di un territorio, ancora oggi l’industria resta necessaria e possibile anche salvaguardando l’ambiente. Altra cosa è pretendere una salvaguardia esasperata dell’ambiente tale da costringere i nostri figli ad emigrare, consegnando il territorio, così ambientalmente perfetto e pulito, agli immigrati senza tutele e a qualche turista fai da te per qualche settimana all’anno.
Questa aberrante filosofia “di altri tempi” e gli interessi particolari, ci stanno tenendo ancora ancorati all’ultimo posto in materia di industrializzazione e reddito procapite e quello che è peggio senza favorire sani investimenti nell’ambito turistico, attualmente a prevalente controllo di società e/o privati non sempre in regola con le leggi dello stato, sia in materia di finanziamenti, che di occupazione, salario e fisco.
Mi auguro, che a questo punto, il Sig. Sindaco di Vibo Valentia insieme al suo Assessore alle attività produttive, prendano subito l’iniziativa per convocare un tavolo di produzione pubblico, da tenersi a Vibo Marina, con il coinvolgendo dei Presidenti delle giunte provinciale e regionale, degli assessori interessati, delle OOSSLL e della popolazione, perché l’Eni R&M, la Meridionale Petroli e le altre aziende in difficoltà non siano costrette ad abbandonare il territorio lasciando centinaia di famiglie senza salario ed il territorio ancora più povero e desolato di quanto non è già e diventerà con l’avvento del tanto agognato federalismo fiscale.
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