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Due spettacoli in tre giorni per “Teatro d’aMare”, la rassegna curata da Libero Teatro e LaboArt Tropea con la direzione artistica Max Mazzotta e la direzione organizzativa Maria Grazia Teramo. Due spettacoli che esaltano due autori contemporanei quali Saverio La Ruina e Ciro Lenti. Martedì 2 agosto tocca a Scena Verticale con il pluripremiato “Dissonorata – Un delitto d’onore in Calabria”, di e con Saverio La Ruina (accompagnato dalle musiche di Gianfranco De Franco). Lo spettacolo si terrà al Teatro del Porto di Tropea, alle ore 21.45. Stesso luogo e stesso orario ma giovedì 4 agosto, andrà in scena Arciere con “Mio cognato Mastrovaknic” scritto da Ciro Lenti, per la regia di Adriana Toman e che vede sul palco Paolo Mauro e Marco Silani,.
Si inizia martedì 2 agosto con “Dissonorata” di Scena Verticale e lo spettacolo che nel 2007 ha ricevuto ben due premi Ubu (entrambi a Saverio La Ruina come Miglior attore e come Miglior testo italiano), e nel 2010 il Premio Hystrio alla dramaturgia. «Spesso, ascoltando le storie drammatiche di donne dei paesi musulmani – spiega Saverio La Ruina – mi capita di sentire l’eco di altre storie. Storie di donne calabresi dell’inizio del secolo scorso, o della fine del secolo scorso, o di oggi. Quando il lutto per le vedove durava tutta la vita. Per le figlie, anni e anni. Le donne vestivano quasi tutte di nero, compreso una specie di chador sulla testa, anche in piena estate. Donne vittime della legge degli uomini, schiave di un padre-padrone. E il delitto d’onore era talmente diffuso che una legge apposita quasi lo depenalizzava. Partendo dalla “piccola” ma emblematica storia di una donna calabrese, lo spettacolo offre lo spunto per una riflessione sulla condizione della donna in generale. Parlando del proprio villaggio, parla della condizione della donna nel villaggio globale. Nello spettacolo risuonano molteplici voci di donne. Voci di donne del sud, di madri, di nonne, di zie, di loro amiche e di amiche delle amiche, di tutto il parentado e di tutto il vicinato. E tra queste una in particolare. La “piccola”, tragica e commovente storia di una donna del nostro meridione. Dal suo racconto emerge una Calabria che anche quando fa i conti con la tragedia vi combina elementi grotteschi e surreali, talvolta perfino comici, sempre sul filo di un’amara ironia».
Giovedì 4 agosto sarà la volta di “Mio cognato Mastrovaknic” che vedrà in scena, al Teatro del Porto, gli attori Paolo Mauro e Marco Silani. Adriana Toman ha voluto fortemente portare in scena questo testo di Ciro Lenti, uno spettacolo che racconta una bella pagina della solidarietà calabrese. Un luogo, Ferramonti, troppo spesso dimenticato dalla grande storia. Da questo spettacolo emerge la grandezza d’animo del popolo calabrese. Un viaggio che conduce gli spettatori in una progressiva.
Per quanto concerne la seconda giornata di Teatro d’aMare, la rassegna teatrale che va in scena al Teatro del Porto di Tropea e voluta da Libero Teatro e LaboArt (direttore artistico Max Mazzotta, direttore amministrativo Maria Grazia Teramo), è trascorsa con il bellissimo spettacolo del Teatro della Maruca “Bollari – Memorie dallo Jonio” di e con Carlo Gallo. Carlo Gallo ha incantato il pubblico tropeano con il suo “cunto” sulla vita dei pescatori crotonesi durante la Seconda guerra mondiale. Uomini di mare alla ricerca di quei Bollari, un gruppo composto da molti tonni da pescare che serviranno a riempire la pancia di quella gente. La loro assenza è sia fisica che metafisica: senza cibo la pancia è vuota, si lamenta, “canta” e quando un pescatore non può catturare la propria preda in acqua ad “agitarsi” è anche la testa e non solo lo stomaco. Gallo, alla fine dello spettacolo, confesserà al pubblico di essere molto emozionato perché il Teatro del Porto di Tropea gli ha dato l’occasione, per la prima volta, di esibirsi circondato dal mare. Il suono del mare è la colonna sonora adatta alla serata insieme allo scrosciare degli applausi quando l’attore china il capo per ringraziare il pubblico. Con il mare e le luci del porto alle sua spalle, lo spettacolo di Carlo Gallo rimanda alla mente il racconto che Marco Paolini fece, incastonato sul luogo della tragedia, del Vajont e passato alla storia del teatro contemporaneo. Uno spettacolo di “terra” quello di Paolini, uno spettacolo di “acqua” quello di Gallo.
“Bollari” è il racconto della Cecella, il miglior peschereccio dello Jonio; il racconto di Mastu Rafele e Mastu Peppe che si contendono il primato di miglior pescatore; è il racconto del figlio di Rafele, di Suricicchio e di tutti gli altri ragazzi pronti a urlare quella parola meravigliosa, Bollari appunto, quando i tonni emergevano luccicanti dall’acqua. Il destino si beffa di tutti loro, consegnando nelle reti di Mastu Peppe addirittura un cammello probabilmente giunto da quelle parti insieme alla visita di Mussolini. Tanto atteso quanto rapido il discorso del Duce nella Crotone di quegli anni. Nei racconti orali raccolti e riportati in scena da Carlo Gallo c’è lo sconforto di Mastu Rafele, rimasto senza una mano a causa di una bomba esplosa prima d’essere gettata in mare per pescare. Una pratica illegale certo ma attuata da tutti. Il cunto di Bollari cambia registri e toni proprio come fa un pesce durante il proprio tragitto nel mare e il pubblico rimane attaccato all’amo lanciato da Gallo. “Abbocca” ad ogni parola fino alla fine. Fin quando il corpo di Mastu Rafele, devastato da una bomba esplosa nel momento sbagliato durante quella che doveva essere la più grande pesca miracolosa mai vista sullo Jonio calabrese, non diventa un’unica cosa con il mare. Quello stesso mare che ispira lo splendido racconto di Carlo Gallo.
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