L’Halloween ritrovata, in Calabria per molti anni è stata una festa dimenticata

ossa i morti dolci

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In questi giorni in una chiesa di Briatico, in provincia di Vibo Valentia, il parroco del paese, don Salvatore Lavorato, alla fine della santa messa ha richiamato l’attenzione sul periodo di Halloween e, alla fine, ha invitato i genitori di tutti i bambini a farli vestire non da streghe e demoni ma di “santi”.

Tanti bambini e bambine vestiti da san Francesco di Paola, santa Rita, sant’Antonio, santa Lucia, santi e madonne di ogni tipo…. un tentativo in ambito locale della Chiesa di dare, o forse ridare, un’identità e un aspetto più cristiano e cristianizzante ai giorni dedicati alla commemorazione dei defunti e a Ognissanti.

É una nostra festa dimenticata Halloween e non arriva da nessuna lontananza americana come molti affermano. Qualche anno fa, a New York, durante un viaggio, un amico spese quasi 200 dollari di gadget halloweeniani tra cappelli, scherzetti paurosi, zucche di plastica, candele arancioni e mantelli neri, bamboline streghette e atre mille diavolerie tra vampiri dai denti insanguinati e neri pipistrelli.

L’amico aveva ritrovato memoria antica calabrese in quel lontano negozio di Manhattan, inconsapevolmente, o forse no, si stava riappropriando di elementi che appartengono profondamente a costumanze e rituali nostrani oramai dimenticati. Halloween, con quegli oggetti simbolicamente ritrovati, riattraversava l’Oceano  e ritornava in Calabria. Oggi i centri commerciali, i negozi di giocattoli e le pasticcerie, da qualche anno a questa parte, hanno un altro rituale appuntamento commerciale che si aggiunge a quello consolidato di carnevale, di Pasqua, di Natale, della festa del papà, della mamma, dei nonni, degli innamorati, della befana….

L’antica festa ritrovata è uno degli eventi rituali più seguiti di oggi ma anche uno dei più antichi riti celebrativi la cui origine risale a tempi lontanissimi. Secondo alcuni esperti di antropologia culturale la celebrazione di Halloween ha origine antichissima e affonda le sue radici nel periodo della civiltà Celtica. Gli antichi Celti festeggiavano l’inizio dell’anno nuovo il 1° di novembre, proprio il giorno in cui si celebrava la fine della stagione calda e l’inizio della stagione fredda, del buio e delle tenebre.

La notte tra il 31 ottobre e il 1° novembre era una soglia molto importante, un momento solenne che rappresentava la più importante celebrazione del calendario. Tutte le leggende più antiche ci narrano di antiche saghe e grandi battaglie che si svolgevano proprio in questa notte particolare. Molte leggende riguardavano la fertilità della terra, il terrore e il panico per l’inizio dell’Inverno. La ricorrenza segnava la fine dei raccolti e assumeva una grande rilevanza. I Celti credevano che il 31 ottobre il Signore della Morte, Samhain, Principe delle Tenebre, chiamasse a sé tutti gli spiriti dei morti.

In questa soglia tutte le leggi del tempo e dello spazio venivano sospese permettendo al mondo degli spiriti di unirsi al mondo dei viventi. Nei villaggi si spegnevano i focolai per evitare che gli spiriti maligni venissero a soggiornarvi. Un rito evidente di purificazione, rinnovamento e propiziazione per salutare il nuovo anno. Una rappresentazione ciclica, del tempo e della vita stessa, dove veniva celebrata la speranza del ritorno alla vita. L’usanza americana di travestirsi la notte di Halloween nasce dalla stessa tradizione. Si ritrovavano nella notte del 31 ottobre a festeggiare mascherandosi con le pelli degli animali per esorcizzare e spaventare gli spiriti. I Celti offrivano alle fate del cibo che veniva lasciato sui gradini delle loro case.

Il trick or treat si fa risalire a quando i primi cristiani elemosinavano per un pezzo di dolce dell’anima che era quasi sempre un pezzo di pane. Più dolci dell’anima una persona riceveva, più preghiere si promettevano a favore di defunti della famiglia che aveva donato il pane. In America i ragazzini travestiti con maschere mostruose e costumi terrificanti vanno in giro a chiedere, dolcetti o scherzetti. Se non ricevono niente rispondono con qualche brutto scherzo.

La Chiesa Cattolica non riusciva a sradicare questi antichi culti pagani che prevedevano la presenza, nell’immaginario collettivo, di streghe, demoni e fantasmi. Nel 835 Papa Gregorio spostò la festa di tutti i Santi dal 13 Maggio al 1° Novembre e diede così un nuovo significato ai culti pagani. Tuttavia l’influenza nefasta del culto di Samhain non fu sradicata e per questo la Chiesa aggiunse, nel X° secolo, la festa del giorno dei morti, il 2 Novembre, in memoria delle anime dei defunti che venivano ricordati e commemorati dai loro cari. Nella nostra tradizione Cattolica, nel nostro calendario, a tutti i Santi viene dedicato il giorno del primo novembre, mentre il giorno successivo è dedicato alla commemorazione dei defunti.

Il giorno dedicato ad Ognissanti (in inglese All Saints’Day) aveva una denominazione arcaica: All Hallws’Day. Presso i popoli antichi la celebrazione della festa di tutti i Santi iniziava al tramonto del 31 ottobre e pertanto la sera precedente al 1° novembre era denominato proprio “All Hallows Even” che venne presto abbreviato in “Hallows’Even”, poi in epoche più recenti in “Hallow-e’en” ed infine in “Halloween”. In Calabria per molti anni è stata una festa dimenticata, era una celebrazione che aveva sicuramente riferimenti con la  giornata di Ognissanti e con quella dei morti, con il 2 novembre.

In Aspromonte, per tutto un mese, in autunno, ogni sera si usava mettere sul tavolo di casa un piatto ricolmo di cibo, con pane e una bottiglia di vino, un boccale d’acqua e anche  un mazzo di carte da gioco. Tutto questo per rifocillare i defunti che in questo periodo, di notte, vagano nel mondo dei vivi. A Rosarno, in provincia di Reggio Calabria, ma anche a Filandari ed altri paesi della provincia di Vibo Valentia, si usava raccogliere la cera dei lumini votivi che si scioglieva sulle lapidi dei cimiteri. La cera veniva fusa in delle formine di canna o all’interno di piccole zucche, di peperoni e cipolle svuotate, con un nuovo stoppino posizionato all’interno. Queste nuove candele venivano poi utilizzate nelle “notti dei morti”, tra ottobre e novembre.

Si girava per le strade del paese, si bussava alle case dei compaesani per chiedere qualcosa per “i beniditti morti”. Si ricevevano dolciumi o qualche moneta, molto più spesso fichi secchi, corbezzoli, zinzuli, castagne, noci e nocciole… Altra usanza era quella di andare in giro con delle grosse zucche svuotate e intagliate a forma di cranio sdentato, illuminate da una candela posta all’interno. Queste zucche arancio dette “teste di morto” legano la nostra tradizione a quella di Halloween. Si andava in strada a raccogliere piccoli regali di parenti, amici e conoscenti e di notte si posizionavano le “zucche-teste di morti” sulle finestre di casa, per illuminare la notte più buia dell’anno.

Sempre in Calabria, in questo periodo, vi è l’usanza di consumare “l’ossa di morti”, un dolce bicolore dall’intenso profumo di cannella che ricorda la forma di un osso. A Villa San Giovanni, in provincia di Reggio Calabria, l’anatomia di questi dolci  assume la forma realistica di scheletro e del teschio umano.

Franco Vallone

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Author: Cristina

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