La scomparsa di “Mastro Luzzo”, l’ultimo sarto di Briatico

Gennaro Prostamo

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di Franco Vallone

La scomparsa di Gennaro Prostamo, Mastro Luzzo, segna la fine di una vera e propria epoca di sartoria a Briatico. Ora, in paese, non ci sono più sarti, era l’ultimo vero “mastru custureri”.

Mastro Luzzo aveva da sempre il suo piccolo laboratorio sartoriale, con il manichino di legno, il grande specchio leggermente inclinato, l’asse da stiro con il ferro professionale, la macchina da cucire nera, rigorosamente Singer e a pedale, le grandi forbici da sartoria, rotoli di filo da imbastitura e rocchelline colorate di mille colori. Era davvero un bravo sarto Mastro Luzzo, la porta della sua sartoria era sempre aperta a tutti, per piccoli lavori di accorciatura, di pantaloni e gonne da riparare, di cerniere lampo scarrellate da sostituire, di lavori di rifinitura, per bottoni ed automatici da cucire, per mille altre scuciture da risolvere… ma la sua vera professionalità la si poteva osservare quando, da un pezzo di stoffa arrotolata, tirava fuori un classico abito da sposo, un vestito scuro e raffinatissimo, cucito su misura.

Gennaro Prostamo era nato a Briatico il 18 ottobre del 1936, apparteneva ad una antica famiglia di Briatico storicamente dedita alla pesca, lui invece, sin da ragazzino, aveva scelto di andare dal Mastro. In quel tempo, negli anni Quaranta, ogni sarto aveva il proprio nutrito gruppo di discepoli, poi in realtà solo i migliori diventavano veri sarti per tutta la vita. Mastro Luzzo era stato allievo, con l’amico Bruno Galati di Mandaradoni, del mitico Mastro ‘Ntoni, di Antonio Bonaccurso. Poi, successivamente, Prostamo era emigrato, si era spostato a lavorare al nord, a Venezia. Nella città lagunare Gennaro Prostamo si specializza e lavora nell’atelier di Alviano, un sarto del tempo.

Ritornato a Briatico dopo dieci anni, apre un suo laboratorio sartoriale, si sposa, diventa padre di due figli, Saverio e Giuditta. Una personalità mite e silenziosa quella di Gennaro Prostamo, un uomo rispettoso di tutti, riservato, serio, ben voluto da chi l’ha conosciuto, disponibile, onesto e comprensivo. Con il suo metro giallo appeso sempre al collo, il mastru custureri Prostamo è l’uomo dai modi garbati, il sarto puntuale e preciso che diventa molto ricercato, la sua clientela all’epoca è davvero variegata, dal contadino all’operaio, dal nobile marchese al professionista vibonese. Per lui a Briatico arrivavano in tanti, da Pizzo, Vibo Valentia, Tropea, da tutta la provincia ed oltre. Per mastro Luzzo il mestiere del sarto era, ogni volta che doveva cucire un abito maschile, una giacca e un pantalone, un impegno di serietà ed un viaggio appassionato e affascinante.

“Vestire donne e uomini non è cosa da poco”, diceva che “in un abito devono fondersi estro e abilità, creatività e gusto”. Nel paese e nel circondario di Briatico erano presenti tante piccole sartorie con sarti che lavoravano pazientemente con gli stessi antichi strumenti di lavoro di sempre, dietro il grande bancone in legno o sulla soglia della sartoria, affacciati direttamente sulla strada. Gennaro, la sua bella macchina da cucire nera “Singer”, con le scritte dorate, la preferiva di gran lunga alle nuove macchine elettriche. Mastro Luzzo nella sua vita ha cucito tante giacche, pantaloni, cappotti e camicie su misura, da uomo e da donna, nell’inconfondibile ed inimitabile stile classico italiano, abiti rigorosamente realizzati e rifiniti a mano, utilizzando solo tessuti italiani di alta qualità.

Il bravo sarto briaticese sceglieva i tessuti, pensava al tipo di colletto e ai polsini da inserire, al modello, alla sua vestibilità, e poi le piccole rifiniture, i bottoni e le asole, le iniziali del nome da ricamare. I capi cuciti da Mastro Luzzo erano davvero unici, realizzati sempre su misura, diversi uno dall’altro. Una volta prese le misure al cliente, Prostamo realizzava il vestito, senza alcun cartamodello, soltanto utilizzando gessetto e squadretta, un abito imbastito con ago e filo, senza l’uso di spilli. Poi la prova e la cucitura, ben quattro lunghi giorni di lavoro per una giacca.

Una giacca per un abito raffinato, perfetto, da alta moda. Oggi, con la sua scomparsa, si perde l’ultimo dei sarti di Briatico, rimangono i suoi capi cuciti con passione, tantissimi ricordi, le  belle foto del reportage di Pino Albanese e si ripensa nostalgicamente agli altri mitici componenti di una famiglia di una vera e propria epoca sartoriale, formata da  Francesco Francica, detto Cicciu ‘u Russu, da Mastru ‘Ntoni Bonaccurso, da Nicola Calzone, da Mastro Peppino Limardo, da Mastro Nino Scarmato e Mastro Cono Bagnato di San Costantino, da Fortunato Polito di Paradisoni detto Mastro Nato, da Antonino Lo Giacco di Paradisoni, detto Mastro Nino che, a sua volta, era cresciuto nella bottega di Mastro Antonio Vasapollo, dal sarto Francesco Pietropaolo di Sciconi, morto a più di cento anni e, pian piano, la storia scende profonda nelle antiche generazioni di sarti provenienti dalla Briatico dell’Ottocento.

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