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Un viaggio nel cinema e nel Sud. Il cinema riesce ad aprire mondi quando si è di fronte a grandi opere, come accade in “Lamerica” di Gianni Amelio. Un film epico. per Mimmo Calopresti (regista di origini calabresi che ha presentato al festival il suo “L’abbuffata”) intervenendo all’incontro che si è tenuto nell’ultimo giorno della IV edizione del festival Cinematografico che si è svolto a Vibo Valentia.
Nell’auditorium della scuola di polizia con la presenza degli allievi del liceo scientifico “Giuseppe Berto” di Vibo. Molti gli argomenti affrontati suscitati dalla visione del film girato oltre 20 anni fa all’indomani della caduta del muro di Berlino e del regime comunista di Enver Oxa, sul valore e la funzione del cinema, ma anche su cosa significa fare cinema per un calabrese e un meridionale. Molteplici le tematiche emerse, sia di carattere cinematografico che storiche e culturali.
Alla discussione poi si è aggiunto in corso d’opera anche Enrico Loverso. Particolare sensibilità hanno dimostrato i ragazzi dello scientifico di fronte alle suggestioni del film di Gianni Amelio “Lamerica”. Un’occasione importante per parlare della condizione del sud, del fenomeno migratorio e delle scelte esistenziali che dovranno fare.
A illustrare il rapporto con il cinema degli allievi da un punto di vista didattico e formativo, la docente Eleonora Cannatelli, che soffermandosi sul messaggio che si coglie nel film, ha sottolineato la condizione di precarietà che si vive e3 che rispecchia la stretta attualità storica contemporanea. Nelle sue riflessioni Calopresti ha cercato di centrare che cos’è il cinema, “un luogo in cui si produce l’immaginario, che riesce ad andare al di là del tempo, a oltrepassare la cronaca e racconta, come accade nel film di Gianni Amelio, come eravamo venti anni fa e che adesso non lo siamo più”.
Per Caloperesti il cinema “ha il senso dell’avventura, di un sogno che si realizza, capace di entrare nel flusso della vita e di oltrepassare la realtà”. E l’immagine del sogno è ritornata spesso nel discorso di Calopresti e nelle domande degli allievi del “Berto”. Ad esempio, ha spiegato il regista, “la trasformazione di un’epoca” si può raccontare con il cinema e il suo desiderio è raccontare la grande trasformazione che è avvenuta attraverso l’emigrazione dal Sud verso il Nord, “un viaggio anch’esso epico che ha cambiato la storia della società e l’antropologia di tanti paesi del Sud e del Nord”.
Lui ama ritornare in Calabria, e quello che gli piace portare avanti è un discorso sulla formazione, venire in Calabria per lasciare il proprio lavoro. Poi sul perché non ha pensato di restare in Calabria per produrre cinema, ha spiegato che bisogna “inseguire il sogno”, perché al centro “c’è l’uomo con le sue aspirazioni, con i suoi desideri, e quindi in determinate situazioni e condizioni è importante vivere la vita come una sfida, un’avventura e disposti a combattere per poter realizzare i nostri desideri”.
Ma il sogno è anche “fare attenzione a tutto quello che accade alla società”, a quello che ci viene “raccontato, alle finzioni con la quale ci viene presentata la realtà”. Basti pensare “agli anziani che pagano le conseguenze di tutto questo sistema che dimentica l’uomo; invece in una grande civiltà gli anziani dovrebbero rappresentare una sacralità, e non un peso come sta accadendo”. “Il cinema ha rappresentato un sogno che mi ha trascinato – ha ribadito Calopresti – che mi ha portato in un altro mondo. Un’altra opera che rappresenta il suo sogno “è raccontare la sua infanzia in Calabria fino ai 6 anni”, con uno stile realistico ed epico, come emerge dal film “Lamerica”.
L’età dell’infanzia “rappresenta un momento così potente, determinante, in cui sei prigioniero della grande storia”. Grande emozione anche per il regista Tonino De Bernardi (presente in sala), ritenuto dal regista calabrese un maestro. Bernardi, che ha presentato il suo ultimo lavoro “Ed è così. Circa. Più o meno” ha ricordato come Calopresti sia andato nel lontano 1985 si sia presentato a casa sua per raccontare la sua storia. Maestro del cinema underground, ha sottolineato Bernardi, “è stato importante che sia venuto da me, perché è stato indicativo della direzione che avrebbe intrapreso”.
Al discorso aperto sulle possibilità del cinema per raccontare il sogno e la realtà, si inserisce Enrico Loverso, giovane protagonista de “Lamerica”, stimolato dalle domande degli allievi, ha osservato che il suo essere meridionale si misura con i 3 mila anni di storia. Cresciuto a Siracusa, immerso nella cultura classica delle tragedie greche è stato proprio l’”Edipo Re” ha illuminarlo, a creare una grande suggestione e a spingerlo verso il teatro; ma ha confidato che ha trovato degli ostacoli sulla via di Damasco del teatro per via del suo accento siciliano, aggirato attraverso il cinema.
Con Amelio il suo successo, prima con “Ladri di Bambini” e poi con “Lamerica”, un film che ogni volta che lo vede gli causa una grande emozione per il legame con la gente che ha incontrato in Albania durante il periodo in cui è stato girato il film. La chiave di lettura della grande carica epica e poetica di un’opera è rappresentato, fa notare Calopresti, dal vecchio che crede di vivere nella sua mitica Sicilia, e crede ancora di avere vent’anni: ecco la poesia, la macchina del tempo che si mette in moto, che diventa fondamentale.
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