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di Maddalena Lo Schiavo
“La storia è un grande presente, e mai solamente un passato” diceva Alain (Émile-Auguste Chartier) ne Le avventure del cuore, 1945. La storia del Sud e della nostra Calabria è ricca di eventi, di personaggi illustri…di memorie: il presente lo si vive con l’ombra del passato,positivo o negativo che sia, dal quale si traggono le linee guida per il futuro. Proprio per questo sono importanti le manifestazioni storico-culturali non solo per incentivare il turismo ma soprattutto per non far dimenticare ciò che siamo stati e insegnare ai giovani il valore della storia, del ricordo e del rispetto della cultura.
E dalla necessità di preservare, promuovere e diffondere la cultura della nostra terra nasceva a Pizzo nel 2002 l’Associzione Culturale G.Murat Onlus con presidente il dott.Giuseppe Pagnotta (sito www.murat.it). Dalla nascita, diverse sono state le attività culturali organizzate e , quest’anno, come già avvenuto negli anni passati,l’Associazione con il patrocinio del Comune di Pizzo ha organizzato la rievocazione, nella sua VIII edizione, che si terrà nei giorni 12 ottobre “Corteo storico murattiano” e 13 ottobre “Rievocazione storica dello sbarco, arresto condanna e fucilazione del re”.
Da questo evento ho sentito il desiderio di ricordare in breve la figura storica di Gioacchino Murat, tra i personaggi focali della storia del Mezzogiorno d’Italia. Maresciallo dell’Impero, generale francese, nominato nel 1808 da Napoleone Re di Napoli , dopo la sottrazione del regno ai Borbone, cadde indegnamente dopo una vita di onori, di ascese e vittorie.
Re, nel 1810 partì da Napoli per giungere a Scilla e poi a Piale, frazione di Villa San Giovanni, con la speranza di conquistare la Sicilia, rifugio del re Ferdinando I. Impresa che risultò vana, come le altre che seguirono fino alla perdita del trono e al rientro dei Borbone nel Regno di Napoli sancita nel Trattato di Casalanza nel maggio 1815 che costrinse Murat a fuggire in Provenza e poi in Corsica. Da qui ripartì verso Napoli, con una manciata di uomini, con l’intento di riconquistare Napoli. Decisione giudicata folle da alcuni;per altri invece trappola organizzata dai borbone.
Ne consegue che mai giunse a Napoli ma approdò in Calabria e nella ridente cittadina di Pizzo Calabro, provincia di Vibo Valentia, venne intercettato dalla Gendarmeria Borbonica al comando del Capitano Trentacapilli, arrestato e rinchiuso presso il Castello del paese. Ferdinando IV, a tal punto, nominò una Commissione Militare competente a giudicare Gioacchino, composta da sette giudici e presieduta da suoi fedelissimi, i quali, sotto l’indicazione del re, decisero la sentenza di morte in base al Codice Penale, (ahimé!) voluto tempo dietro dallo stesso Gioacchino Murat contro coloro i quali si fossero cimentati in atti rivoluzionari. Noto è ciò che accadde in seguito: scrisse la celeberrima lettera alla moglie Carolina (sorella di Napoleone Buonaparte) e ai suoi quattro figli ( conservata presso il Castello di Pizzo Calabro) si confessò e alle ore 17.00 del 13 ottobre 1815 venne fucilato dal plotone di esecuzione. Si dice che le sue ultime parole siano state: « Sauvez ma face — visez mon cœur — feu! » tradotto « Risparmiate il mio volto, mirate al cuore, fuoco »
Descritto come uomo emblematico e vanitoso Murat, il quale come la maggior parte degli uomini influenti subì sì una triste fine ma accettata e subita da uomo valoroso che era.
Particolare è ricordare come nel novembre 2009 sia iniziato il Progetto, proposto dalla Onlus Gioacchino Murat e sostenuta dall’allora sindaco Fernando Nicotra, per la ricerca delle spoglie del Re, il quale si dice sia stato sepolto nel Duomo di San Giorgio a Pizzo in una fossa comune. Il mezzo utilizzato per tale ricerca è stato il GPR Ground penetrating radar che è generalmente usato negli scavi archeologici per esaminare i sotterranei in maniera non distruttiva.
A tal fine gli stessi discendenti del Re furono disposti ad effettuare l’esame del Dna da comparare con le spoglie, nel caso del loro ritrovamento Le ricerche effettuate non hanno ancora riportato un esito positivo dal momento che risultò difficile la ricerca tra le tante ossa sepolte nella cripta.
Nonostante ciò la curiosità dei napitini e degli storici dell’epoca murattiana è sempre ardente e si spera con l’evolversi degli anni che i resti del valoroso Re possano avere degna sepoltura. Ad oggi il Castello di Pizzo,costruito nel 1492 da Ferdinando I d’Aragona, è stato dichiarato Monumento Nazionale nel 1892 e da Maggio 2003 Museo Provinciale Murattiano; qui è possibile vedere e percorrere i vari tasselli della sua vita tra cui un busto molto pregiato realizzato dallo scultore francese, e amico del Re ,Jean Jaques Catex e donato nel 1950 dalla principessa Nicole Murat, le prigioni del tempo, l’esposizione di una collezione di 103 monete d’epoca originale ottimamente conservate e tutto ciò che rappresenta una riproduzione storica dell’epoca.
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