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Ottanta pagine da leggere in profondità, un prezioso volume di Filippo Ramondino dal titolo “Domine Venimus – Tre Itinerari per un Santo Natale”. Il libro, edito da Adhoc Edizioni di Vibo Valentia, è dedicato dall’autore alle sue comunità, ai suoi confratelli e ai suoi amici nel 25° del suo “natale” sacerdotale.
Domine Venimus affronta sapientemente il mistero del Natale in modo davvero inedito. Attraverso questi tre itinerari Ramondino ripercorre le tracce di un cammino comunitario e costruisce proposta, condivisione fraterna, analisi approfondita della semiotica del simbolismo natalizio.
Attraverso alcune brevi riflessioni, un piccolo catechismo del Natale, Ramondino arriva a profonde considerazioni tematiche che aiutano ad attraversare consapevolmente questo periodo natalizio. Partendo dalla novena, che è una forma popolare di devozione e di pietà, molto antica, che risale al Medio Evo, trasmessa oralmente da generazione a generazione, l’autore allontana il lettore dalla massificazione e globalizzazione del “Natale” come annuale appuntamento commerciale.
L’interessante ricerca di Filippo Ramondino passa poi ad analizzare la rappresentazione plastica del presepe, un vero e proprio microcosmo e macrocosmo insieme. C’è nel presepe la dialettica della vita, c’è il grano e la zizzania. C’è il povero e il ricco, il corruttore e l’onesto, il saggio e l’insipiente, l’acqua e il fuoco, il bue e l’asino, il vecchio e il bambino. C’è anzitutto la famiglia: un padre, una madre un bambino. Vi è in questo presepe rivitalizzato da Filippo Ramondino, il cuore della vita, la cellula della società, la Chiesa sempre nascente.
La visione antropologica del valore dei segni del presepe diventa l’aspetto più inedito. Ramondino fa parlare ogni segno che caratterizza la costruzione classica di un presepe e ne analizza i valori simbolici. Ogni segno e ogni simbolo diventa un messaggio tangibile per la vita di ognuno di noi. Come una prelibata pietanza da gustare anche questi segni posso essere assaggiati, mangiati, assaporati interiormente.
Nel capitolo “I segni del Presepe” Filippo Ramondino parte con l’analizzare la mangiatoia, il centro dell’universo presepe, poi passa per il fieno e la paglia, il bue e l’asino, il valore dell’acqua: c’è sempre un ruscello, un laghetto, un pozzo nel presepe, con l’acqua come simbolo legato profondamente alla vita e alla morte. Seguono pagine che chiariscono il valore della strada, degli steccati, della neve, della cometa.
Tutti i simboli caratteristici rinviano a significati altri. E poi ci sono i “pastori del presepe”, personaggi che incarnano un atteggiamento interiore, un modello. “Pastori”, persone rappresentate da “pastori non pastori”che si dirigono alla mangiatoia-centro del presepe. Pastori che scrutano l’orizzonte, osservano il cielo, studiano le scritture, altri pastori più semplici che portano, alla mangiatoia con Gesù Bambino, tutto quello che hanno: una pecorella, una gallina, ceste di frutta, vestiti, fiori, pesci, carne o verdura. Il primo offertorio cristiano.
Ramondino analizza poi gli altri segni natalizi, l’albero di Natale, le luci scintillanti di colori che si installano ia Natale per strade e negozi, il cenone, il panettone, gli auguri, i regali. In ottanta pagine di libro mille segni che rinviano a milioni e milioni di piccole luci accese, infinita vita pulsante di anima, davanti ad una antica grotta di Betlem.
Franco Vallone
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