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Antonio Matera, classe 1951, tre figli, due maschi ed una femmina, è il contadino filosofo artista naif di Briatico che da tanti anni ha scelto di vivere in modo diverso, lontano dai rumori del paese, dal caos delle auto. Esasperato dai ritmi convulsi della città, Antonio Matera ha scelto di vivere proprio di fronte all’antico borgo di Briatico Vecchia distrutto dal terremoto del 1783, in una campagna assolata di contrada “Gatto”, su di un terreno scosceso di una amena vallata che Matera ha pazientemente bonificato e trasformato in un vero giardino incantato. “…mi inventai in questo scosceso fazzoletto di terra il mestiere di contadino- ci racconta Matera– per dieci anni fu bello vivere in intima comunione con la natura; poi vennero i figli, crebbero i bisogni, cominciò l’assillo delle bollette, e l’affanno intorbidì la primitiva bellezza.
Sono da tanti anni agricoltore biologico, prima clandestino, poi certificato, nonostante le difficoltà oggettive di essere fuori dal coro. Coltivo olivi secolari, limoni, tutti i frutti che stanno scomparendo dalle campagne e la cipolla rossa di Briatico, perché quella di Tropea autentica e biologica è scomparsa da tempo”. E poi, nel suo sguardo, ci sono aranceti, alberi di pompelmi, pesche merendelle, albicocche, melograni e banani che d’inverno si seccano per il gelo ed in primavera riprendono a vivere come per incanto. “Vivo nel sole e nel vento; quando piove interrogo i ceppi di olivi uccisi dal fuoco, e con l’ascia e la sgorbia disvelo la forza e la fantasia racchiusa nelle venature del legno tormentato…”.
Matera all’inizio impara ad impastare l’argilla che scivola fuori dalle stratigrafie della scoscesa strada che porta alla contrada, inizia a fare delle belle opere, ma si accorge anche che con l’argilla, con la terra, quando si sbaglia si può correggere, rimpastare, rifare. Invece lui desidera altro, vuole tirare fuori le forme che pensa, dal di dentro della materia utilizzata ed allora cambia proprio materia, scolpisce le grandi pietre arenarie, il calcare, i sassi della sua terra. Dalla scultura in pietra Matera passa poi a lavorare la radica d’ulivo, difficile e durissima, anche questa sotterranea, intima.
C’è stato pure il tentativo di scolpire il sapone di casa, quello fatto con l’olio d’oliva vecchio e la soda caustica, “buoni i risultati ma le sculture purtroppo – ci confida – sono state mangiate dai topi”. Bassorilievi, altorilievi, sculture a tutto tondo, levigate, lucidate, trattate e protette semplicemente con gomma lacca diluita al sole con un risultato finale passionale, intimo, con le sculture dai colori e dalle mille tonalità calde dell’ambra. Antonio Matera interroga per giorni la radica di ulivo stagionata poi ci scava dentro in profondità per cercare tra le sue venature, per vedere cosa c’è dentro e far uscire fuori tutti i personaggi che vi sono imprigionati. Una sorta di riscatto e di simbolica liberazione materica delle forme. I risultati sono davvero inaspettati: dalle viscere del legno dei secolari ulivi riemergono figure umane e sacre, icone, polene di navi antiche, volti dallo sguardo teso e squarciato da urla, Cristo nelle sue espressioni più forti della Passione, nel misto di sofferenza, sopportazione e contemplazione, espressività di volti sempre in tensione , madonne, cavalli e presepi, nudi di donna e scimmie, tanti gatti di tutti i colori, sculture raffinate, opere uniche. La sua arte spontanea di pittore e scultore nasce qui, tra queste terre sapientemente coltivate, accanto ad ogni specie d’animale. Prima allevamenti con un cavallo pony, maiali, oche, tacchini, papere, mucche ed “oggi solo galline, cani, topi e gatti”.
I gatti di contrada Gatto infatti esistono davvero e convivono con i cani, un pulcino ed altri animali. Sono i gatti che Antonio Matera ritrae nelle sue opere pittoriche su legno o masonite, ma che vengono dipinti anche su vecchie tegole di case dirupate o decantati nelle poesie pensiero che scrive di notte. Antonio Matera è, dicevamo, un artista e contadino, un libero filosofo, un vero naif raccontatore della sua straordinaria esperienza di vita che conduce, al di fuori delle classiche convenzioni che la vita stessa offre.
Franco Vallone
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