IL DOPOGUERRA GETTA IL PAESE IN CRISI.
Il dopoguerra lasciò l’Italia con forti squilibri
economici tra nord e sud, perché i contadini erano
esclusi dalla politica. Infatti i contadini del sud non ebbero
le terre promesse dopo la battaglia di Caporetto e nel nord,
con il reinserimento di molti lavoratori, ci fu una manodopera
troppo numerosa. Oltre alle difficoltà di riconversione
industriale, cioè da industria bellica a quella civile,
si aggiunsero quelle della disoccupazione, particolarmente
nel 1920 nell’industria siderurgica e meccanica nel
triangolo industriale Torino, Genova, Milano. Si aggiunse
anche il crollo della lira, e per un paese che doveva comprare
dall’America le materie prime e alcuni cibi, si venne
a creare un disastro, che nel 1919 si trasformò in
scioperi e reazioni di tutto il mondo del lavoro; i partecipanti
ai sindacati divennero da migliaia a milioni, e agli scioperi
parteciparono i braccianti, i mezzadri e i lavoratori dei
servizi. Nei mesi di giugno e luglio, si proclamò uno
sciopero generale per solidarietà con i soviet..
SISTEMA POLITICO: è paralisi.
Lo stato sembrava incapace di fronte a queste pressioni, così
nel 1919 venne creato da un gruppo di cattolici comandati
da Luigi Sturzo, il partito popolare, che vinse le elezioni
assieme a quello socialista. Ma il partito socialista, anche
se vinse le elezioni, era in un momento di divisione:
- I riformisti, che volevano attuare una conquista economica,
sociale e politica graduale;
- I massimalisti che volevano attuare un progetto di conquista
immediata, ma non riuscivano a realizzare un programma concreto;
Tutto ciò impediva al partito di soddisfare le esigenze
della massa.
Nel frattempo a Torino, l’ala massimalista del partito
socialista si riunì attorno ad Antonio Gramsci e alla
rivista ordine nuovo, per fondare un primo nucleo del partito
che sarebbe diventato nel 1921 il Partito Comunista Italiano.
Nel 1919, quando la crisi raggiunse il suo culmine, si cercò
di unire questi tre partiti, ma i popolari non vollero allearsi
ne con i socialisti, ne con i liberali per motivi ideologici,
perché i socialisti erano divisi al loro interno, e
perché i riformisti non riuscirono a riunirsi con i
liberali in cambio di una politica riformista. Gli ideali
erano divisi tra i riformisti e i conservatori, e da soli
non potevano avere una solida maggioranza parlamentare.
SI AFFACCIA UNA NUOVA FORZA POLITICA: il
Fascismo.
Il 23 marzo 1919, venne fondato da Benito Mussolini, , un
partito chiamato “I Fasci Italiani di Combattimento”,
che nel 1921 si trasformarono in Partito Nazionale Fascista;
Mussolini, prima della grande guerra fu un esponente del Partito
Socialista Italiano, ma venne espulso nel novembre 1914 per
essersi schierato a favore dell’intervento in guerra
dell’Italia, avvicinandosi quindi al movimento Nazionalista.
All’inizio, il movimento non ebbe molto seguito e un
programma indefinito, nel quale confluirono componenti rivoluzionarie
ed elementi nazionalisti.
Il movimento venne appoggiato dai ceti medi, preoccupati della
crisi economica e delle tensioni della società, e dai
reduci, che trovavano difficoltà ad inserirsi nella
società dopo anni di guerra.
Nel dopoguerra, il partito nazionalista, usava per propaganda,
gli scarti delle decisioni prese nella Conferenza di Pace
di Versailles; qui il presidente del consiglio Vittorio Emanuele
Orlando e il ministro degli esteri, si scontrarono con il
presidente americano T.W. Wilson, che appoggiava le richieste
Jugoslave sui propri confini.
La delegazione Italiana abbandono la conferenza nell’aprile
1919; ciò aumentò nel popolo la convinzione
che l’Italia aveva vinto la guerra, ma perso la pace,
questo venne tradotto dal partito nazionalista in una frase:
“Vittoria Mutilata”, per criticare il governo
rinunciatario.
Fu allora che Gabriele d’Annunzio, con un drappello
di armato occupò Fiume, una città prevista Jugoslava;
ciò venne fatto per disprezzare il parlamento, e fece
capire a che punto era la crisi liberale.
LE FABBRICE SONO OCCUPATE,
SI ACUISCE LA VIOLENDA DEGLI SCONTRI POLITICI.
Nel 1920 i lavoratori del nord, occuparono le fabbriche settentrionali.
Gli imprenditori temettero che la rivoluzione comunista stesse
per iniziare e persero fiducia nel partito liberale, anche
se guidato da Giolitti. Anche le classi medie e i Borghesi
temevano che i suoi ideali di unificazione tra socialisti,
riformisti e popolari, non avrebbero ostacolato la venuta
al potere del comunista e il peggioramento della situazione
economica.
Tra la fine del 1921 e il 1922, lo scontro politico si accentuò,
e le alternative divennero due: la vittoria della popolazione,
o una svolta completa; il Partito Liberale venne abbandonato,
e gli imprenditori e i proprietari terrieri appoggiarono la
destra di Mussolini, più aggressiva e con un piano
che prevedeva uno scontro con i comunisti, la loro sconfitta
e la presa del potere. Questi erano organizzati sin dal 1919
il squadre militari, che organizzavano spedizioni punitive
conto le sedi di giornali, partiti, cooperative, case del
popolo e comuni retti da popolari, incendiando, devastando
e uccidendo. Anche i liberari, anche se contrari, scelsero
il partito fascista, rispetto al bolscevismo.
PERCHE’ HANNO VINTO I FASCISTI.
Il fascismo ebbe successo e andò al governo nel 1922,
per una serie di fattori:
1)I liberali scelsero il fascismo, perché pensarono
che dopo che esso avrebbe svolto il suo compito contro il
movimento operaio, loro lo avrebbero accantonato.
2)Il socialismo entrò in una profonda crisi, creata
dal disorientamento provocato dal fascismo nel movimento operaio
e socialista e non lo contrastò, per paura di creare
una guerra civile. Da qui nacquero due scissioni: una nel
1921, quando si costituì il partito comunista, e un'altra
nel 1922, quando si staccò la minoranza riformista.
Tutto ciò indebolì molto la capacità
di iniziativa
3)il terzo fattore fu l’appoggio o copertura da parte
dei prefetti e dall’esercito nelle incursioni illegali
fasciste. L’idea di usare queste forze illegali, venne
in mente oltre che a Giolitti, anche ad altri esponenti della
cultura.
LA MARCIA SU ROMA.
Nelle elezioni del 1921 il fascismo ottenne solo 35 seggi
in parlamento, mentre il partito socialista e quello popolare,
ebbero la maggioranza, con le sopraffazioni fasciste nel paese,
era il più forte. Nel periodo del governo Bonomi (dopo
quello Giolitti), la violenza fascista raggiunse il suo apice;
Mussolini capì che era arrivato il momento per il passo
ulteriore, che compì nel successivo governo Facta.
Nel congresso di Napoli del 1922, il partito fascista assegnò
a un quadrunvirato (Emilio de Bono, Italo Balbo, Michele Bianchi,
Cesare Vecchi) il compito di organizzare un colpo di stato
per forzare la mano al governo; così venne fatta la
cosiddetta marcia su Roma.
Il 28 ottobre del 1922, tutti i fascisti affluirono da tutt’Italia
e marciarono su Roma; Mussolini seguiva il tutto da Milano.
Il re Vittori Emanuele III, lasciando cadere la proposta di
Facta di proclamare lo stato di assedio, conferì a
Mussolini l’incarico di formare il nuovo governo. Il
primo governo fascista comprendeva anche i liberali, popolari
e i dipendenti. Ma Mussolini pur avendo avuto la maggioranza
in parlamento, aveva ottenuto l’incarico con un colpo
militare; il governo nasceva per abbattere il sistema liberal-democratico
e di dar vita a un regime autoritario. |