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L'Italia Repubblicana

Alla fine della Seconda Guerra Mondiale, in Europa si avviò un lento processo di ricostruzione. Questo piano si svolgeva mentre sulla scena politica si creavano due blocchi contrapposti: Stati uniti (blocco occidentale) e Unione Sovietica (comunista).
In questa relazione approfondirò il dopoguerra italiano con i processi che lo hanno accompagnato nella ricostruzione e con le trasformazioni istituzionali avvenute; la più importante fu il referendum polare del 2 giugno 1946 dove la monarchia venne sostituita dalla repubblica.
Si apriva così una nuova epoca per la storia italiana

Tra difficoltà e speranze
Anche l’Italia era colpita dalla miseria e dalla distruzione provocata dalla Seconda Guerra Mondiale. Anche se i partigiani avessero cercato di salvaguardare il patrimonio economico italiano, esso risultò gravemente danneggiato.
Ciononostante, sotto il piano politico si vedevano degli spiragli di speranza e di possibilità di rinnovamento democratico e sociale.
Nel giugno 1945 venne creato un governo di coalizione formato da tutti i partiti antifascisti, con a capo Ferruccio Parri, grande protagonista della resistenza. Ma questo ebbe vita breve, infatti nel dicembre dello stesso anno democristiani e liberali si distaccarono dal governo nazionale per creare un proprio governo di coalizione; In questo mese salì al potere con a capo il democristiano Alcide De Gasperi, che rimase in carica per ben otto anni.

Dal referendum la nuova repubblica
Il 2 giugno 1946 si tennero le elezioni politiche, le prime dopo vent’anni di dittatura; l’entusiasmo fu tale che andò a votare il 95% degli aventi il diritto al voto, che per la prima volta in Italia erano sia uomini che donne (suffragio universale).
Contemporaneamente si votava per repubblica o monarchia, cioè se in Italia doveva rimanere la monarchia (re) o se doveva instaurarsi un sistema repubblicano.
La consultazione si concluse con 2.000.000 di voti favorevoli alla repubblica (la monarchia ebbe maggior consenso nell’Italia meridionale); il re Umberto II dovette abdicare e recarsi in esilio a Oporto, in Portogallo.

La fine dei governi di coalizione
Le elezioni ebbero anche lo scopo di eleggere i parlamentari che avrebbero dato luogo alla nuova costituzione, che si doveva specchiare negli ideali di libertà e giustizia.
La votazione ebbe risultati di: 35% De4mocrazia Cristiana; +20% ai socialisti; 19% ai comunisti.I tre maggiori partiti avevano quindi ricevuto più della metà dei voti, mentre i restanti andavano ai partiti minori.Alcide De Gasperi diede vita a un nuovo governo formato dalla coalizione di democristiani, socialisti e comunisti.
L’influenza della guerra fredda si riversarono anche sulla vita politica italiana: i tre partiti avevano idee diverse su come ricostruire l’economia italiana e su come difendere gli interessi italiani alla conferenza di Pargi. Infatti i democratici cristiani erano filo americani, mentre i comunisti erano filo russo.
Quano nel 1947 le relazioni tra Usa e Urss divennero tese, il partito democristiano e comunista si divisero e i socialisti subirono una spaccatura interna tra favorevoli a rimanere con i comunisti e sfavorevoli a questi ultimi. Il leder dei contrari, Giuseppe Saragat, fondò il Partito socialdemocratico, che partecipò al governo De Gasperi.

I governi De Gasperi e la ricostruzione
La fase più delicata della ripresa economica fu gestita da De Gasperi, che con l’ausilio dell’ex presidente della Banca d’Italia e futuro presidente della repubblica Luigi Einaudi, facente parte dell’elitè finanziaria e industriale italiana, attuarono un drastico processo di risanamento economico, con progetto di frenare l’inflazione con gli aiuti economici previsti dagli Stati Uniti, secondo Piano Marshall (1500 milioni di dollari in 5 anni).
Ciò però non eliminò gli squilibri di fondo italiani, primo fra tutti il dualismo tra nord e sud.

Una repubblica fondata sul lavoro
La rottura politica non sortì nessun effetto sui lavori dell’Assemblea Costituzionale, che terminò nel 1947 con una nuova carta costituzionale., essa entrò in vigore il 1 gennaio 1948, abolendo lo Statuto Albertino.
La carta costituzionale di che l’Italia è una repubblica democratica con un parlamento formato da due camere (senatori e deputati); essa è basata sul lavoro, si permettono tulle le libertà civili e politiche (libertà di stampa, di pensiero, di parola, di associazione) e abolisce ogni disparità sociale e tutela i diritti dei lavoratori.

Le elezioni del 1948
Nel frattempo prese via la campagna per le elezioni che si sarebbero tenute l’8 aprile 1948, battaglia elettorale tra Democrazia Cristiana e partito comunista. La Dc, con l’appoggio del clero premette molto sulla scelta tra libertà e totalitarismo comunista, inoltre gli Usa misero sulla bilancia gli aiuti del piano Marshall. Il risultato fu una vittoria schiacciante della Dc con il 48 % dei voti e il Fronte Popolare (comunisti+socialisti), ottenne il 35% dei voti.

La Democrazia Cristiana alla giuda del paese
Dalle elezioni dell’aprile 1948 la Dc governò ininterrotta mente per più di 40 anni, facilitata anche dal fatto che non c’era alternanza possibile con il Pci filo sovietico. In questo periodo ci furono ampi sviluppi dell’economia e della società e Italia divenne alleata degli Usa nel “Patto Atlantico”. Restavano comunque le disuguaglianze sociali tra città e campagna e tra Nord e Sud

 
 
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