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“Il fallimento è un maestro di vita migliore del successo”. Semplice, vero, inconfutabile. Ecco perché, ogni tanto, perdere fa bene. Sul serio. Affermarlo è facile, viverlo e testimoniarlo è un po’ più difficile. Viviamo in una società “drogata” di successo. Ogni giorno tentano di farci credere che la felicità sia legata a doppio filo al successo che uno ha nella vita. Niente di più falso. Il mondo di oggi è pieno di persone di successo profondamente infelici… ed è anche pieno di persone che inseguono il successo con il “miraggio” che possa renderle felici. La felicità non ha mai cambiato casa. Abita sempre allo stesso posto.
Nelle piccole cose, nelle relazioni con le persone, in quella dose di amore quotidiano per ciascuno di noi come la colazione al mattino. Ciò vale ovunque. <<L’altro giorno ho assistito per caso ad una scena frequente che si verifica a fine partita, con i ragazzi negli spogliatoi a fare la doccia, – ha dichiarato Massimo Achini, presidente nazionale Csi – e i genitori fuori ad aspettarli, a commentare arrabbiati. La sconfitta di oggi è un dramma. Ora arrivare in finale sarà molto difficile.
Abbiamo perso una grande occasione. E le occasioni non si possono sprecare così. E se non fosse così? E se quella sconfitta fosse una “grande occasione” per aiutare quei ragazzi a crescere nella vita? E se su quella sconfitta si potessero costruire esperienze e ragionamenti per imparare a conoscere la vita? Certo perdere non piace a nessuno. Certo dare il meglio di sé per provare a vincere è fisiologico e sarebbe contro natura ragionare diversamente.
Ma è altrettanto vero che educare alla vita fa guardare alle sconfitte in un altro modo: non drammi da vivere ma occasioni necessarie e indispensabili per crescere. Mi sono chiesto spesso: Come una società sportiva del Csi valorizza la sconfitta?- continua Achini – Si limita a dire che “non è successo niente” oppure la trasforma in un motivo per innestare riflessioni educative? E in che modo? Una cosa è certa. Le nostre sono società sportive, talmente vincenti, da non avere paura a dire alla sconfitta: «Prego, accomodati, entra pure nella nostra vita. Tanto non solo non rovinerai nulla di quello che stiamo vivendo, ma alla fine, forse, riuscirai ad insegnarci qualcosa>>.
Gli ha fatto eco Paolo Cicciù, presidente del Csi di Reggio Calabria e consigliere nazionale. <<Alle società sportive deve interessare essere in testa alla classifica della felicità regalata ai ragazzi ed alle persone. Si tratta di una classifica riservata alla persone “vere”. Tra queste persone c’è l’allenatore che deve tornare ad essere educatore e non prestatore d’opera. Non c’è strategia educativa nello sport che tenga se non è centrata sul ruolo attivo e proattivo dei soggetti, delle persone siano esse allenatori, istruttori, educatori, genitori, insegnanti, atleti. Troppe volte educatori appassionati – ha aggiunto Cicciù – si trasformano nel tempo, e senza nemmeno rendersene conto,in semplici e stanchi prestatori d’opera. Lo sport ha bisogno di “educatori” e non di “prestatori d’opera”.
La Calabria ha bisogno di nuovi dirigenti e di nuovi Allenatori che mettano al centro la persona, lasciando da parte gli interessi personali. Presto il Csi di Reggio Calabria presenterà il progetto “Made In CSI”. L’idea è quella di promuovere un marchio che contraddistingua l’attività sportiva etica ed educativa. Altro obiettivo è quello di distinguere i dirigenti sportivi dai “cattivi maestri>>.
Significativo l’intervento del Direttore Provinciale dell’Area Formazione CSI Pietro Inuso <<C’è bisogno di educatori sportivi capaci di essere ben di più che i maestri di un gesto tecnico o gli allenatori di una disciplina sportiva. Educatori e dirigenti che sappiano promuovere l’attività sportiva dentro un progetto educativo fondato sull’intimo ed inscindibile rapporto tra la pratica sportiva e la promozione della persona umana. Due aspetti inscindibili di un’unica sfida: passione per lo sport e passione per la crescita integrale della persona.
Grande successo stanno ottenendo i percorsi formativi avviati lo scorso mese. – ha dichiarato Inuso – Il corso per allenatore ed il corso per dirigente stanno riscuotendo grande partecipazione. Il Csi è convinto che lo sport debba essere guidato da educatori e dirigenti capaci di promuovere un nuovo modo di fare e vivere l’attività sportiva>>.
Perché questa affermazione non rimanga uno slogan occorre che la pratica sportiva non venga ridotta ad un puro consumismo né ad un momento ricreativo di fine settimana, ma diventi un’attività continuativa e una vera esperienza di vita. Solo uno sport che sappia educare ai fondamenti etici della vita – la responsabilità personale, il valore della relazione con gli altri, la solidarietà – potrà dare risposte ad un numero crescente di giovani, indicando loro la via dei valori e degli ideali quali elementi fondanti per costruire una vita non chiusa nel proprio egoismo, ma aperta anche ai bisogni degli altri. Tra tante difficoltà, il Csi, non si stancherà mai di promuovere lo sport educativo.
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