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di Giuseppe Toscano
Attorno alla legge sulle intercettazioni si è acceso un dibattito talmente forte da sollecitare una miriade di prese di posizione. Di “legge bavaglio” si discute ovunque: nei telegiornali, nei talkshow televisivi, nelle piazze e persino nelle aule, dove si tengono le lezioni per aspiranti, futuri giornalisti.
Ognuno cerca di dire la sua, poggiandosi sulle conoscenze che derivano da qualsivoglia fonte d’informazione (stiamo parlando della maggior parte dei casi), oppure, facendo leva sulla capacità critica personale (i numeri in questo caso non sono molto generosi). Parecchi sono i fattori che non facilitano una riflessione “terza”. E tra questi, non possiamo non ricordare l’inclinazione politica che attraversa, più o meno trasversalmente, il pensiero di chi interviene per precisare qualcosa, per aggiungere un dato, per arricchire il dibattito.
Si parla e si straparla. Si precisa e si sottolinea. Da qualsiasi fonte, possibile e immaginabile, copiose sgorgano parole a perdere; parole che non sanno di nulla e ruotano attorno a loro stesse, parole che fanno lievitare la confusione. Personalmente mi piace porre l’accento sul continuo (eterno) tiro al bersaglio (fortunatamente solo a suon di dichiarazioni), sulla solita tiritera, sulla solita affermazione do sempre: è tutta colpa dei giornalisti. Se l’Italia va a rotoli, se la grande finanza si sbraca, facendo tremare il mondo intero, se l’economia vacilla e la gente soffre le pene dell’inferno per arrivare alla fine del mese, la colpa è dei giornalisti. Ma la colpa è dei giornalisti perché hanno la presunzione di raccontare fatti e informare le persone, senza guardare in faccia a nessuno? Sono loro i mostri da sbattere in prima pagina? Mostri arroganti e prepotenti? Boh!
Pur ritenendo doveroso evidenziare che, come in tutte le categorie professionali, anche tra i giornalisti ci sono elementi che esagerano troppo, che magari sono sempre pronti a ingigantire qualsiasi notizia, che dal punto di vista deontologico lasciano a desiderare, sento altrettanto giusto affermare che siamo davanti ad una sparuta minoranza di mele marce. Una sparuta minoranza che gioca sporco e disprezza le regole. Il resto della categoria lavora e sgobba con oculatezza, dimostrandosi pronto a non fare sconti a nessuno.
Basta questo per giustificare la frenesia spasmodica di mettere dei paletti all’informazione? La “legge bavaglio” vorrebbe porre un argine alla possibilità di divulgare notizie importanti, vorrebbe bloccare sul nascere i servizi che smascherano malfattori, “mazzettari” e personaggi “in” (se così possono essere considerati quanti approfittano del ruolo e della posizione per arricchirsi), vorrebbe togliere dalle colonne dei giornali la presenza di intercettazioni scottanti. In attesa dei tempi consoni tutto deve tacere. Anzi, tutto deve essere messo a tacere.
È vero, ne sono convinto: la libertà di stampa non è un diritto assoluto. Ci sono altri diritti che sono degni dello stesso rispetto. Ma è un diritto. Un diritto sacrosanto garantito dalla Costituzione. Colpire i furbi va bene, ma cercare di fare i furbi colpendo tutti non è un macroscopico errore.
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