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La maggiore diffusione di strumenti tecnologici ha creato notevoli cambiamenti anche rispetto alle modalità relazionali che utilizziamo. Se in passato il primo contatto con l’Altro avveniva di persona, in luoghi che si era soliti frequentare (in piazza, a scuola, per strada, un bar, un pub, ecc…), attualmente è più probabile avvenga da dietro la tastiera di un pc o di uno smartphone.
PERCHE’ SI PREFERISCE LA CHAT?
Le modalità comunicative che consentono i social permettono, ai giovanissimi ed ai meno giovani, di poter entrare in contatto con l’Altro senza però doversi mettere troppo in gioco, senza per forza dover essere ciò che si è. Lo schermo, che sia di un pc, di uno smartphone, di un tablet, riesce sempre a far sentire “protetti” coloro che ci stanno dietro. E’ questa sensazione illusoria di protezione, che gli strumenti tecnologici danno, a permettere, a chi li utilizza, di dire e fare cose che altrimenti, di persona, non riuscirebbero. Quello appena descritto non è un processo che coinvolge solo gli adolescenti, ma anche le altre fasce di età, che per i motivi più svariati preferiscono eludere il contatto vis à vis a favore di quello tramite i social. La relazione diretta tra persone fa sentire maggiormente esposti e non “scherma” dalle preoccupazioni su di sé (aspetto fisico, tono di voce, gestualità, carattere, timidezza, ecc…), né tutela dalle reazioni che l’Altro, nella fase della conoscenza e della frequentazione, potrebbe avere. Inoltre, contattare qualcuno tramite chat consente delle facilitazioni spazio-temporali notevoli: si può scrivere in chat senza problemi di orari e di luogo, indipendentemente da dove ci si trova e da dove si trova l’altro, ed è così che spazio e tempo, in questi “campi relazionali social”, non tracciano più confini e limiti. A causa delle caratteristiche sopra menzionate, che possono assumere le “relazioni digitali”, spesso i contatti tra i soggetti aumentano in maniera esponenziale, a volte anche diventando eccessivi, ossessivi, fino a poter ostacolare il normale fluire delle attività quotidiane.
DAL CONTRIBUTO DI P. WALLACE
Come viene spiegato dettagliatamente, con il supporto di dati empirici, nel libro “La psicologia di internet”, di Patricia Wallace, professoressa di psicologia delle relazioni e dell’apprendimento, al Maryland University College, “siamo soliti rimanere connessi per tantissimo tempo, tanto da svolgere la maggior parte della nostra vita on line”. Sul web studiamo, condividiamo pensieri, immagini, ci informiamo, facciamo amicizia e ci innamoriamo. Queste stesse attività che si svolgono on line, come descritto da P. Wallace, sono le stesse che però si dovrebbero svolgere offline, pur se in maniera diversa. Se non riusciamo a ricordare questa semplice ma sostanziale differenza, si rischia di vivere nel mondo virtuale come fosse reale. La dinamica appena descritta incrementa i vuoti esistenziali, relazionali, che vengono attenuati solo fittiziamente dal mondo virtuale. Con questo “sentire” che non consente di sentire, ci si toglie l’opportunità di dar spazio a tutte quelle “sofferenze” che, pur se silentemente, continuano ad esserci interiormente, ma che non venendo riconosciute ed espresse generano ulteriori disagi personali e relazionali.
RELAZIONI FATTE DI CONNESSIONI DIS-CONNESSE
“Hai presente la luna il sabato sera
Intendo quella vera […]
Ma se ti porto nel bosco
Mi dici portami in centro
Perché lì non c’è campo,
poi vai fuori di testa
come l’ultima volta […]”
L’ESERCITO DEI SELFIE- L. Fragola e Arisa
A livello relazionale, siamo in un momento sociale caratterizzato da un incremento della quantità di contatti che ciascun individuo riesce ad avere e dalla presenza di numerosi strumenti, grazie ad internet, che riescono ad agevolare tale processo. Nonostante ciò, i soggetti che lamentano un senso di solitudine e di vuoto interiore sono sempre di più. Pur se quanto appena detto potrebbe apparire contraddittorio non è così. Infatti, in realtà i contatti che consentono le chat, malgrado siano numerosi, non riescono ad appagare i bisogni emotivi profondi e a sostituire in maniera sana ed equivalente tutte quelle peculiarità proprie dei rapporti relazionali, che hanno luogo senza i social. Ci si è spostati su un piano quantitativo impoverendo quello qualitativo: il numero di interazioni e contatti è maggiore, ma prevalentemente sono dei contatti superficiali che da interazioni non si trasformano in relazioni. Le relazioni sono contraddistinte anche dalla durata che assumono: una sessione di tempo più lunga, spazio in cui avvengono scambi reciproci tra persone, con variabili come la consapevolezza e l’intenzionalità, e che permettono principalmente conoscenza ed autoconoscenza. Uno spazio di crescita grazie alla presenza dell’Altro, con l’Altro. Potremmo dire che, da quanto si esperisce tramite osservazione diretta e da quanto è riportato in letteratura, sembrerebbe possibile affermare che: “un’eccessiva connessione on line può determinare una dis-connessione offline” (Dott.ssa C. Toscano). Questa crescita numerica di contatti non equivale in maniera direttamente proporzionale ad una vita relazionale affettiva offline. Ciò non solo può generare confusione tra mondo reale e virtuale ma può creare dipendenza comportamentale dall’utilizzo dei social, ed il mondo offline può essere percepito come ostile.
RELAZIONI DIGITALI
“[…] Siamo l’esercito del selfie
Di chi si abbronza con l’iPhone
Ma non abbiamo più contatti
Soltanto like a un altro post
Ma tu mi manchi […]
Mi manchi in carne ed ossa […]”
L’ESERCITO DEI SELFIE- L. Fragola e Arisa
Mentre precedentemente gli approcci relazionali che avvenivano tramite chat avevano come obiettivo quello di contattare una persona che successivamente si desiderava vedere nella quotidianità, in un contesto reale, ora non è più così. Spesso i contatti relazionali social nascono e muoiono tali, nonostante possano durare per molto tempo. Queste nuove modalità relazionali sono così aumentate, e statisticamente risultano sempre più in espansione, che si è creata la necessità di coniare dei termini ad hoc per denominarli (come fosse necessità sociale riuscire a dare un nome, una forma, a qualcosa di nuovo che c’è, per confermarne e condividerne l’esistenza). I rapporti che si basano solo sullo scambio di messaggi e post vengono chiamati “Textationship”, le relazioni digitali che invece si caratterizzano per la loro lunga durata vengono chiamate “Long Digital Relationship”.
ALCUNI EFFETTI INDESIDERATI
I soggetti che si sono rifugiati dietro uno schermo e che lo utilizzano come modalità relazionale d’eccellenza, solitamente, si sentono soli e smarriti quando non possono utilizzare i contesti on line. Soprattutto gli individui con caratteristiche personologiche che costituiscono già dei fattori di vulnerabilità, rispetto allo sviluppo di problematiche relazionali, percepiscono il mondo on line come unico spazio in cui sono in grado di avere una vita relazionale. Per queste persone è alta la probabilità che si sviluppino disturbi comportamentali di dipendenza da internet e che siano rintracciabili situazioni di ritiro sociale.
Se prima si poteva osservare una chiara differenza tra i soggetti con difficoltà relazionali e non, in merito all’uso smodato dei social e agli effetti che ne derivavano, attualmente questa differenza è sempre più sottile. Infatti, indiscriminatamente, nella maggior parte dei soggetti, in situazioni di impossibilità di uso dei social e di accesso al mondo virtuale, non è raro riscontrare, sintomi quali ansia, irritazione, senso di solitudine. E’ frequentemente riferito anche il senso di confusione rispetto all’essere circondati da un contesto offline con il quale non sempre si riesce, con facilità, ad entrare in contatto e nel quale non sempre è facile interagire, relazionarsi.
POSSIBILITA’ DI INTERVENTO
Appare chiaro che le possibilità di interventi specialistici preventivi dovrebbero educare gli individui, già nella fase pre-adolescenziale, ad un utilizzo di internet prima, dei social dopo, consapevole, responsabile e funzionale. Fondamentale, in un’ottica che miri allo sviluppo di fattori protettivi, è attuare interventi psico-educativi in campo emotivo e relazionale. Queste tipologie di interventi consentirebbero a ciascuno di acquisire consapevolezza e competenza emotiva e relazionale: di sviluppare le capacità di individuazione ed espressione delle proprie emozioni, di riconoscere e rispettare le percezioni e le emozioni altrui.
Sarebbe utile essere educati sin da bambini a stare in contatto con se stessi, per poi poter stare in contatto con l’Altro. Assaporare il piacere degli occhi dell’Altro su se stessi, invece di percepirli come una minaccia. Quanto l’Altro, in quanto riflesso e specchio di alcune parti di noi stessi, ci spaventa? Quanto la paura di non essere voluti, amati, accettati ci costringe a schermarci dall’Altro tramite lo schermo di uno strumento tecnologico? Quanta paura vibra dentro di noi al pensiero di entrare in contatto con l’altro stando uno davanti all’altro? E quanto invece potrebbe essere liberatorio poter percepire e vivere la vera “bellezza relazionale”? potersi lasciare andare alla conoscenza di sé e dell’Altro, in un contesto reale in cui “contattarsi” “con-tatto”?
Forse, però, ciò ci richiede un passaggio evolutivo successivo, in cui si è disposti ad investire sul proprio “benessere psicofisico” in ottica preventiva, non di cura, sia come scelta di ogni singolo che come scelta di una gestione ed attenzione sanitaria generale. Un passo ulteriore, segno di progresso evolutivo, che ancora non sembra così immediato, ma certamente possibile.
PER LA SESSIONE CANZONI E PSICOLOGIA – CANZONI STRUMENTO TERAPEUTICO – per chi ha voglia di proseguire le proprie riflessioni con ulteriori spunti, si consiglia l’ascolto del brano musicale “L’ESERCITO DEL SELFIE”– LORENZO FRAGOLA E ARISA.
Dott.ssa Carmela Toscano- Psicologa
rubricapsichetoscano@libero.it
CELL 3496662181
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