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La sindrome dell’ovaio policistico (PCOS) è una delle entità più controverse nel campo della ginecologia e allo stesso tempo una delle disendocrinopatie più comuni nella popolazione femminile interessando il 6-10% delle donne in età riproduttiva.
Vi sono prove crescenti che suggeriscono che la PCOS colpisce l’intera vita di una donna, può iniziare in utero in soggetti geneticamente predisposti, si manifesta clinicamente alla pubertà, continua durante gli anni riproduttivi. Può esporre i pazienti ad un aumentato rischio di malattie cardiovascolari, ipertensione, diabete e altre complicazioni metaboliche, specialmente dopo la menopausa. Durante il periodo fertile può causare infertilità anovulatoria e potrebbe essere associata ad una maggiore prevalenza di complicanze gestazionali, come aborto, diabete gestazionale e pre-eclampsia.
La sindrome dell’ovaio policistico: i fattorisindrome
Nella ricerca dell’eziopatogenesi della sindrome e nella successiva espressione fisiopatologica giocano un ruolo importante i fattori genetico ed endocrino, fattori ambientali e lo stile di vita. L’ipotesi più interessante è che la PCOS sia una patologia ovarica geneticamente determinata caratterizzata da una sovrapproduzione di androgeni che si manifesta in modo eterogeneo in base all’interazione di questa “predisposizione” genetica con altri fattori genetici e ambientali. Questa ipotesi si basa sul riscontro di ovaie policistiche in ragazze pre-puberali. Diversi studi hanno dimostrato che un’eccessiva esposizione agli androgeni durante la vita fetale influenza l’attività follicolare ovarica precoce. Questo può spiegare la tipica follicologenesi alterata mostrata in PCOS.
L’esposizione dell’asse ipotalamo-ipofisario-ovarico fetale all’eccesso di androgeno può innescare una serie di eventi che potrebbero determinare l’insorgenza di PCOS alla pubertà.
È improbabile che la fonte di eccesso di androgeni intrauterino sia materna, poiché il feto è protetto dall’attività dell’aromatasi placentare e da elevate concentrazioni di SHBG materno (globulina legante gli ormoni sessuali).
L’aromatasi
Nelle donne con ovaio policistico, l’espressione di aromatasi (enzima di conversione del testosterone in estrogeni) che è localizzato anche nella placenta, può essere diminuita e questo potrebbe non essere in grado di prevenire l’eccesso di testosterone fetale nelle gravidanze di donne con PCOS. Altri studi riportano che la fonte di eccesso di androgeni derivi l’ovaia fetale, che normalmente è quiescente, ma potrebbe produrre un eccesso di androgeni in risposta all’hCG materno in soggetti geneticamente predisposti alla PCOS. L’eccesso di Testosterone in epoca gestazionale nei feti umani può essere accompagnato da iperglicemia gestazionale e iperinsulinemia fetale.
È interessante notare che elevati livelli di Testosterone materni a metà gestazione predicono alti livelli di AMH (ormone antimulleriano) nelle figlie adolescenti. L’AMH elevata rappresenta una caratteristica di adolescenti e donne con PCOS e figlie di donne PCOS. Per tale motivio, tali associazioni potrebbero suggerire una relazione intergenerazionale tra il grado di iperandrogenismo materno e lo sviluppo di PCOS nelle loro figlie.
La manifestazione
La manifestazione completa della sindrome dell’ovaio policistico si verifica durante l’adolescenza, quando viene attivato l’accesso dell’ipotalamo-ipofisi-ovarico.
Dal punto di vista neuroendocrino carattere distintivo della sindrome è l’inappropriata secrezione delle gonadotropine ipofisarie, soprattutto l’aumento della secrezione dell’ ormone luteinizzante ( LH) che causa un’ iperplasia delle cellule tecali dell’ovaio. Parallelamente si osserva ipofunzionalità dell’ ormone follicolo stimolante (FSH) che porta ad un difetto della follicologenesi con arresto maturativo dei follicoli in fase antrale. Elevati livelli di estrone E1 dovuto alla conversione periferica degli androgeni in estrogeni. La idotta secrezione di progesterone a causa della anovulazione predispone queste donne a sviluppare iperplasia dell’ endometrio.
L’iperinsulinemia appare in grado di stimolare, in vivo e in vitro, la secrezione androgenica ovarica e surrenalica. Inoltre, determina una riduzione nella secrezione epatica della sex hormone binding globulin (SHBG). E’ una proteina che lega il testosterone circolante modulandone la biodisponibilità, con conseguente aumento relativo della quota di testosterone libero. L’insulino resistenza nella PCOS non causa solo iperandrogenismo ma determina anche anomalie metaboliche ed emodinamiche che predispongono a conseguenze importanti sul piano cardiovascoalre.
La diagnosi
I pazienti PCOS possono presentare una vasta gamma di segni e sintomi. Essi rendono difficile la valutazione precisa della condizione.
La diagnosi comprende la valutazione ormonale dei livelli di androgeni, progesterone, la valutazione clinica dell’irsutismo e l’esame ecografico del numero di follicoli antrali e del volume ovarico, come stabilito dai criteri ESRHE / ASRM di Rotterdam. Si tratta di oligo-anovulazione, iperandrogenismo e/o livelli aumentati di androgeni, presenza di ovaie policistiche mediante ecografia pelvica (12 o più follicoli che misurano 2- 9 mm in tutto l’ovaio o un volume ovarico ≥ 10 cm3). Gli ultrasuoni non devono essere utilizzati per la diagnosi di PCOS in soggetti con età <8 anni a causa dell’alta incidenza di ovaie multi-follicolare in questa fase della vita.
La resistenza all’insulina deve essere valutata da HOMA INDEX. È ormai ampiamente riconosciuto che la resistenza all’insulina, che si manifesta soprattutto nelle donne obese o in sovrappeso, ma spesso anche nelle donne magre con PCOS, è una delle chiavi di questa complessa malattie.
La diagnosi precoce è quindi cruciale consentendo uno stretto follow-up e nel tentativo di ridurre il rischio di tali complicanze.
A cura della Dott.ssa Pipari Angela Ginecologia ed Ostetricia “Alma Mater Studiorum Università di Bologna” fellow in Medicina della Riproduzione e Procreazione Medicalmente Assistita Istituto Feritilità di Madrid
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