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Il Covid-19 e le restrizioni sociali narrataci dal corpo. A passeggio con e tra corpi che ci mostrano effetti delle misure lockdown. Articolo a cura della dott. Carmela Toscano per la Rubrica “Psicologia e Dintorni”.
Il periodo caratterizzato da misure cautelative e contenitive, a causa dell’allarme Covid-19, ha comportato diversi cambiamenti sulla salute di ciascun individuo: effetti psichici e fisici. Spesso ignorato, il corpo è capace di esprimere vissuti a cui l’essere umano non riesce a dare parola.
LA RIMODULAZIONE DELLO SPAZIO A LIVELLO RELAZIONALE
Alcuni porcospini, in una fredda giornata d’inverno,
si strinsero vicini, per proteggersi, col calore reciproco,
dal rimanere assiderati. Ben presto, però, sentirono il
dolore delle spine reciproche; il dolore li costrinse ad
allontanarsi di nuovo l’un dall’altro.Quando poi il bisogno di scaldarsi li portò di nuovo a stare insieme,
si ripeté quell’altro malanno; di modo che venivano
sballottati avanti e indietro tra due mali: il freddo e il dolore.
Tutto questo durò finché non ebbero trovato
una moderata distanza reciproca, che rappresentava
per loro la migliore posizione.
(Arthur Schopenhauer)
Così come ci fa notare anche Schopenhauer, usando il conosciuto dilemma dei porcospini, stare vicini o stare lontani non è una scelta di poco conto. Le “distanze” e le “vicinanze” dall’altro comportano conseguenze sia a livello di percepito conscio sia a livello inconscio. C’è un bisogno mentale e fisico, emotivo-affettivo e fisiologico, nel desiderio di sentire l’altro presente anche corporeamente: di poterlo toccare, di poter donare una carezza, un abbraccio, di sentirsi a propria volta cercati fisicamente, accarezzati, abbracciati.
Nel periodo di quarantena, sono rimasti “sospesi” tutti i bisogni che prevedevano una vicinanza corporea. Un periodo, ancora presente tutt’ora, pur se diversamente, in cui la vicinanza fisica non solo era sconsigliata ma addirittura vietata e disciplinata con normative giuridiche.
In questa fase storico-sociale siamo stati invitati, dalle circostanze dettate da quest’evento traumatico, improvviso e non voluto, a “ri-pensare” le nostre modalità relazionali, a ri-collocarci nello spazio relazionale con un nuovo concetto di “distanza” e di “vicinanza”. E’ in tale contesto che emergono significati nuovi: una distanza concepita come un “salvavita”, proprio e degli altri, ed una “vicinanza” concepita come addirittura “mortale”, a causa del suo indiscutibile potere contaminante.
UN CAMBIAMENTO RELAZIONALE ECLATANTE QUELLO CHE È STATO RICHIESTO A LIVELLO GLOBALE
Non per tutte le culture la prossemica (lo spazio tra un io ed un tu in interazione ed in relazione) ha lo stesso significato, ma in tutte le culture è presente il concetto di “vicinanza” e “distanza” tra soggetti. Poter stare vicini si è rivelato un “lusso”, soprattutto per i popoli, come noi, abituati ad utilizzare una prossemica (da proximity: prossimità) abbastanza inferiore a 1/2m, con le persone con cui ci si considera in “confidenza”. Il come si gestisce la prossemica dice molto in merito alle relazioni che si stanno vivendo, perché essa è una variabile rappresentativa ed indicativa del tipo di relazione che si vive.
La corporeità quindi, che è un linguaggio prevalentemente appartenente al registro inconscio, si è trovato, per indiscutibili ragioni, ad essere ingabbiato, represso e controllato a livello unicamente razionale, a discapito quindi del fluire emotivo di cui normalmente è voce. Concetti non solo del tutto nuovi questi emersi, ma addirittura dissonanti rispetto ai significati che culturalmente “maneggiamo”. E’ consuetudine, infatti, desiderare una prossemica intima, quindi di vicinanza, con partner, familiari e persone affettivamente reputate significative. Una prossemica di circa 2m (com’è quella richiesta durante il periodo covid-19 e tutt’ora) è considerata invece caratteristica della maggior parte dei rapporti, ed è, generalmente, segnale di rifiuto, di fastidio, fattore mal vissuto quindi, all’interno delle relazioni intime.
ALCUNI STUDI SULLE DISTANZE INTERPERSONALI: LA PROSSEMICA
E. T. Hall, antropologo, elaborò un rilevante modello in merito alle distanze interpersonali individuandone 4 tipologie:
- DISTANZA INTIMA: da 0 a 45 cm, spazio caratteristico di relazioni tra persone molto in confidenza, intime affettivamente (es. familiare, partner…). Distanze così intime consentono di poter sentire il calore dell’altro, di potersi toccare (carezze, abbracci), di potersi guardare così da vicino da avere anche una visione non nitida dell’altro;
- DISTANZA PERSONALE: da 45 a 120 cm, distanza più comune, nel mondo occidentale, utilizzata per la maggior parte delle relazioni, consente di poter toccare l’altro si, ma senza farlo sentire invaso (generalmente) e rimanendo all’interno del proprio spazio;
- E ANCHE DISTANZA SOCIALE: da 120 a 300 cm, distanze utilizzate prevalentemente in campo formale (ad esempio in campo lavorativo);
- DISTANZA PUBBLICA: da 300 a 400 cm, non rende possibile toccarsi, sono caratteristiche di eventi pubblici, generalmente avvengono in spazi ampi (che siano interni od esterni).
Inoltre, Hall fa presente come la prossemica sia influenzata da diverse variabili, che prevalentemente sono individuabili nelle seguenti: culturali ed etniche, vissuto soggettivo dell’individuo, temperamento del soggetto in questione, umore nell’hic et nunc, genere (m/f), luogo in cui ci si trova.
(Per approfondimento dell’argomento suddetto vd “La dimensione nascosta. Il significato delle distanze tra soggetti umani” di E. T. Hall, ED. Bompiani).
L’ESPRESSIONE CORPOREA TRA L’ELABORAZIONE E LA NEGAZIONE DELL’EVENTO
Attualmente, la maggior parte dei corpi, osservabili per le strade, evidenziano difficoltà nell’entrare in relazione tra loro. Dover rimanere distanti e con parte del volto coperto, non potersi toccare anche quando si desidera il contrario, mortifica indubbiamente il corpo che si mostra rigido, imbarazzato, a volte ricurvo, spesso poco energico e dinamico. D’altro canto ci sono corpi che pur di conservare il proprio stato di “sempre”, all’interno di un totale processo di negazione, continuano a cercare il corpo dell’altro come se nulla fosse mai accaduto.
Questi ultimi sono corpi che, ad esclusione di un minimo iniziale imbarazzo, si esprimono con lo stesso registro comunicativo che li caratterizzava prima di quest’esperienza. Corpi, in realtà, impauriti così tanto da non potersi permettere di lasciarsi “modificare”, neanche temporaneamente, dagli avvenimenti della vita. Corpi che non riescono a trovare un’altra modalità comunicativa corporea diversa da quella conosciuta fino ad ora.
COME MAI QUESTE DIFFERENZE ESPRESSIVE CORPOREE?
Il corpo esprime tutto ciò che la mente che lo abita vive: ciò che si è stati in grado di elaborare e ciò che è rimasto dentro di sè senza la possibilità di trovare uno spazio di elaborazione cosciente e consapevole.
Per iniziare a comprendere la “sofferenza” di cui i corpi parlano, una delle domande da porci è quanto si possa essere in grado di “sentire” l’altro pur nell’assenza di un contatto fisico e di distanze, ad ora necessarie, per circostanze avverse. E’ il momento di chiedersi come si è riusciti ad interiorizzare l’altro, in quanto figura affettiva ed emotiva, e quanto si riesca a slegare la sovrapposizione del significato di “affettività” con quello di “vicinanza fisica”.
COME RIFLETTERE SU TE STESSO
Se senti che il tuo linguaggio corporeo ti sta comunicando un disagio relazionale non vergognartene e non fartene una colpa. Forse, è anche per te il momento di porti qualche domanda con l’unico obiettivo di accoglierti e capirti… …
Riesci Tu a sentire l’affetto dell’altro pur se fisicamente distante? Come sta il tuo Io nello spazio di 2m dal Tu a cui vuoi bene? Quanto riesci a tollerare una distanza fisica nella relazione intima affettiva? Quanto del tuo Io bambino non ti permette di concepire l’altro affettivamente presente pur se fisicamente distante?
Da adulti si dovrebbe sapere bene che l’altro significativo c’è e che la parte affettiva ed emotiva della relazione che si ha con lui rimane preservata, pur se vi è una distanza fisica. Da “grandi” ci si dovrebbe poter non sentire minacciati dalla distanza fisica, si dovrebbe poter essere nelle condizioni, pur se con “sofferenza”, di tollerare l’assenza della vicinanza corporea. Crescendo si dovrebbe esser capaci di “rimandare” il soddisfacimento del desiderio dell’altro in funzione della tutela di sé e dell’Atro.
Non sempre il processo suddetto è possibile, neanche da “grandi”… perché non sempre nel proprio vissuto si è esperito ciò che sarebbe stato utile e funzionale a renderlo possibile. E’ però sempre una possibilità quella la scelta di ri-significare ciò che è stato per poter scrivere un futuro diverso: grazie alla psicoterapia.
CONCLUSIONI
Durante le fasi del proprio ciclo di vita si sperimentano diverse modalità di poter stare vicini/lontani da chi si ama, cercando insieme all’Altro la giusta vicinanza/distanza, che possa costituire l’ideale relazionale per entrambi. La maggior parte dei corpi che si vedono in giro oggi invece navigano come marinai che hanno perso la bussola. Riscrivere nuove modalità relazionali non vuol dire togliere ad esse affettività, significato, intensità, profondità e dare ad esse meno valore. E’ necessario, alla luce di quanto è accaduto ad oggi, una forma di adattamento che preveda anche nuove modalità relazionali, oltre quelle consuete.
NOTA: gli articoli di questa rubrica hanno esclusivo intento informativo, per un consulto si rammenta la necessità di rivolgersi al proprio professionista di fiducia.
Dott.ssa Carmela Toscano – Psicologa
riceve a RC e a Melito di Porto Salvo
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CELL 3496662181
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