Vincenzo Malacrinò commenta il film “Quel che resta”

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Storico e capace di riportare l’uomo del presente in quella fetta di passato dimenticato da tutti e che porta il peso del terremoto del 1908.

Questo è stato ed è il film “Quel che resta” proiettato nei giorni scorsi al Teatro Comunale “F. Cilea” di Reggio Calabria.

Con questo film è stato evidenziato il dramma “terremoto” sconosciuto alle nuove generazioni e vivo nel ricordo di chi, un tempo, era bambino: gli anziani di oggi che, ancora con le lacrime agli occhi, ricordano l’evento che sconvolse Reggio Calabria e Messina.

Il terremoto del 28 dicembre 1908 ha segnato la storia, così come la mente e il cuore di molti gettando l’uomo nello sconforto e nel baratro ossia in un angolo di terra attraversato dal “fiume” delle macerie. Questo narra il film. La storia vera dell’uomo sommerso dal peso di aver perso tutto e tutti e persino il suo stesso cuore.

Calato e compresso nelle mille difficoltà ha voluto essere fautore del proprio futuro iniziando a costruire le baracche. A vivere dentro una nuova storia che a tratti appariva sogno ed incubo contemporaneamente. Pochezza e niente appartenevano all’uomo di quel tempo così come i soprusi cui i più deboli erano costretti ad accettare quasi con “normalità” e silenzio.

Tragici anni di storia rappresentati brillantemente in una pellicola che sintetizza e storicizza il tempo passato vissuto da chi ha dato al “dopo” la continuità fino ai giorni nostri.

Senza chi non si fosse fermato per costruire le baracche; senza chi non avesse avuto il coraggio di affermare la propria determinazione a restare in questa terra, oggi, forse, molti reggini non sarebbero stati protagonisti di questo tempo.

La voglia e la determinazione di cambiare le cose, nonostante tutto, infatti, vengono infatti rappresentati nel film.

Dalla disperazione e dalla desolazione completa e totale che si legge nelle diverse scene è nata la forza ed il coraggio per gettare i pilastri di un nuovo presente.

Lì, sulla scena c’erano tutti: il povero ed il ricco, il furbo e lo sciocco, i veri consiglieri del cuore e chi serpeggiava tragedie contro chi già viveva il dramma presente.

“Quel che resta” non ha tralasciato niente di ciò che ha avvolto il sentimento dell’uomo e prima di tutto il coraggio di vivere la sofferenza con grande dignità, lontano da quello che poteva essere l’umano sconforto che pur conviveva con la voglia di andare avanti.

Una forza corale, condivisa tra chi, al pari, viveva il dramma. Una forza che a volte portava l’uomo a fare scelte obbligate come quella di un matrimonio “combinato” ma anche una forza capace di esprimere la reazione interiore che vinceva sempre perché premiato dalla semplicità del cuore e dalla bontà delle proprie azioni.

Reggio era questo: sintesi di mille esperienze, di tante azioni e di molteplici emozioni. Reggio era il luogo in cui nessuno aveva la certezza del dopo anche perché andava costruito; ma era anche il luogo del coraggio e della determinazione forse indotta dalla impossibilità di reagire che, contestualmente obbligava l’uomo ad andare avanti.

Ed è stato anche il luogo in cui nel dramma si è innescato il dramma. Stavolta della “spagnola”. Questo l’altro spunto storico bene intessuto nel film. Ad una popolazione già schiacciata dalle macerie ed incapace di reagire si proponeva un’altra grande sfida: vincere la grande epidemia che ha tagliato vite come fossero covoni di grano.

Purtroppo all’appello non mancava nessuno. La “Spagnola” non conosceva età.

Nella tragedia, dunque, la tragedia; ma questa è la storia. Anche in questo, il film mostra come Reggio ha saputo reagire. “Quel che resta” non tralascia la lezione finale volta all’uomo presente che ben può conoscere le leggi della fisica ma incapace di stabilire la data di un evento sismico.

L’uomo che progetta il proprio presente e che intende costruire il proprio futuro, e si faceva riferimento al ponte sullo stretto, deve ben conoscere il passato crudo e nudo, ossia la storia geologica e sismica che classifica la Calabria, dal punto di vista del rischio sismico, come area rossa.

Toccante la narrazione finale di quell’ingegnere, conscio della storia passata, che decide, con coraggio e nel presente, di lasciare un segno forte a “quel che resta” del passato.

Da Calabrese sento di ringraziare il regista Laslo Barbo così come i produttori Film Commission Calabria, produzione straordinaria Srl e provincia di Reggio Calabria nonché gli attori Giacomo Battaglia, Gigi Miseferi, Giancarlo Giannini, Franco Nero, Luca Lionello, Rosa Pianeta e tutti gli altri perché sono riusciti a rappresentare oggi, in modo forte, diretto e senza mezze misure la storia passata.

Il terremoto non è stato uno scherzo e proprio per questo è giusto che non vada dimenticato. Loro in poco tempo sono riusciti a “ricostruire” la storia con immagini, parole e musiche tra l’altro molto appropriate e realizzate dal calabrese Sandro Scialpi.

Questo è il presente. Una melodia che porta le note del passato.

Il mio augurio è che i contenuti storici ed umani nonché culturali ed emotivi possano giungere nelle case degli italiani.

 

Vincenzo Malacrinò

Dottore di Ricerca e Giornalista

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Author: Cristina

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