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Ci sono storie di donne che attraversano silenziose il nostro cammino. Ci sono storie di donne che deflagrano contro le nostre esistenze sempre più indifferenti. Ci sono storie di donne che non si dimenticano e che non si devono dimenticare. Silvia Baraldini, Aung San Suu Kyi, Sakineh, e le altre, la desaparecida Maria Angela Aieta, Beida e Suelma del popolo Saharawi, Leyla Zana del Kurdistan, donne che combattono per le proprie idee, per affermare la loro libertà e quella del proprio popolo, donne che pagano per le loro scelte.
Queste sono le storie che Nando Primerano racconta nel suo nuovo libro Ci sono storie di donne… ppena uscito con Città del Sole Edizioni. Un volume breve e agile, che con stile semplice e diretto, si propone di fare uscire dall’oblio e dal silenzio esistenze “speciali”, “vite occultate”, le definisce l’autore, “i cui meriti sono stati misconosciuti o presi da altri. È al loro coraggio ed alla loro forza che ho pensato nella realizzazione di questo lavoro”.
Il volume sarà presentato sabato 7 maggio alle ore 17.30 presso la libreria “Libri e dintorni” di Villa San Giovanni. Interverranno, insieme all’autore, l’editore Franco Arcidiaco e Stefania Messina, titolare della libreria.
Nando Primerano è insegnante, vive e lavora a Reggio Calabria. Ha fatto parte per oltre dieci anni della redazione della rivista Sud-Sud, come responsabile delle sezioni “Movimenti di liberazione” e “Solidarietà internazionale”. Ha pubblicato: Il Nicaragua è un dolce che prende il bus, È necessario sognare, è possibile vincere, La piazza e la montagna, L’ombrello di Pedro, Solo fumo è la paura che nasconde il tuo orizzonte, Vite desaparacide, Diari di bordo.
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Sarei curioso di sapere cosa ha scritto Primerano nel suo libro ma non lo comprerò visto che prendendo a caso un nome di “eroina” tra le protagoniste “…che combattono per le proprie idee, per affermare la loro libertà e quella del proprio popolo, donne che pagano per le loro scelte…” rispunta Sakineh, l’uxoricida che in concorso con l’amante ha ammazzato barbaramente il proprio marito, sotto processo in attesa di condanna (certamente non per lapidazione, visto che tale pena non è prevista da decenni in Iran).