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La vertenza dell’Italcementi non è certo una novità per il nostro territorio martoriato da disoccupazione e salari da fame. E non è neanche una novità che uno stabilimento storico chiuda nel silenzio della classe politica e sindacale, perché si dà il caso che già da tempo in tanti erano al corrente delle intenzioni della dirigenza nazionale dell’Italcementi.
Quello di Vibo non è l’unico caso di chiusura da parte dell’azienda bergamasca perché in virtù di questa politica antimeridionale chiuderà anche lo stabilimento di Porto Empedocle in Sicilia. In tal modo a Vibo oltre 300 (trecento) lavoratori dipendenti e dell’indotto perderanno l’occupazione e tantissime famiglie rischiano di rimanere in mezzo alla strada.
Ma da molto tempo si sapeva delle scelte “strategiche” che voleva intraprendere questa azienda e da qualche mese era partita la cassa integrazione straordinaria per diversi operai ma tutti sono stati in silenzio con un’unica voce fuori dal coro, quella dei Comunisti Italiani, che già più di un anno fa avevano fatto presente che la situazione sarebbe arrivata a questo punto, denunciando alcuni accordi sottobanco da parte di Comune e Provincia.
La questione dell’Italcementi non è altro che l’ennesimo schiaffo alla Calabria e al Sud provocato da una classe politica e dirigente con gli occhi chiusi, che non sa guardare al di là del proprio naso e che non riesce a programmare nessun futuro. Adesso questa stessa classe politica che ha fatto orecchie da mercante si finge interessata e propone di portare la questione a Roma ai tavoli nazionali con l’intenzione dichiarata di far interessare il governo, anche se il loro vero obiettivo è quello di lavarsene le mani dicendo che loro hanno fatto tutto e non c’entrano niente.
Siamo convinti che solo gli operai con la lotta e con il sostegno attivo della cittadinanza tutta, potranno ottenere la vittoria cercando di salvaguardare i livelli occupazionali in modo che non venga perso nemmeno un posto di lavoro perché un esito negativo sarebbe una grave sconfitta. Gli operai possono ottenere quello che chiedono solo rimanendo tutti uniti e non cedendo alle facili promesse che gli verranno rivolte.
Abbiamo visto senatori, consiglieri e assessori regionali, andare tra i lavoratori in questi giorni ma ci chiediamo se da parte loro è arrivata una proposta, nel corso di questi anni, per la salvaguardia di quelle poche realtà industriali presenti sul territorio.
Tutto quello che sta accadendo altro non è che una piaga chiamata “questione meridionale” di cui tutti parlano ma a cui nessuno, in Parlamento, vuole dare voce ma che anzi subisce il contraccolpo di una falsa questione settentrionale, di cui la Lega è autrice, a danno di tutto il territorio del Sud.
Se si abbassa la testa con l’Italcementi, ciò avverrà anche con altre realtà industriali presenti in Calabria e la nostra amata regione sarà condannata ad andare indietro invece di avanzare verso il futuro, pur avendo tutte le possibilità e le carte in regola.
Solamente con un piano turistico integrato, con il recupero dei centri storici, con la valorizzazione del nostro patrimonio culturale e archeologico, con lo sviluppo delle energie rinnovabili e alternative, con la promozione delle forestazione e della montagna, con la tutela dell’ambiente, la difesa del suolo e soprattutto con l’esaltazione del nostro capitale umano e sociale si potrebbe fare della Calabria il fiore all’occhiello del paese. Ma la classe politica regionale e nazionale pensa sempre ad altro. Non solo non si programma il futuro ma addirittura si distrugge il presente e l’Italcementi è la prova più lampante di un fallimento non solo economico ma anche politico.
Il Partito dei Comunisti Italiani appoggerà qualsiasi azione della classe operaia per poter salvaguardare questi posti di lavoro perché siamo stanchi di dover assistere allo smantellamento del tessuto produttivo da parte di aziende “lontane” che prima vengono e si arricchiscono per poi andare via lasciando fame e disoccupazione.
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