Un nuovo e diverso modo di essere buoni cittadini e buone istituzioni: questo serve oggi alla città di Reggio Calabria

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di Marisa Cagliostro*

Il benvenuto ai commissari e nuovi amministratori temporanei della città, espresso da alcuni cittadini  sulla stampa, manifesta certamente un atto di ospitalità e di fiducia verso lo Stato e costituisce un gesto personale ammirevole di chi esce finalmente dal pourparler tra quattro amici al bar o dal più ampio ma sempre limitato e asettico scambio di opinioni sui social network più diffusi.

Da costante frequentatrice della rete  mi fermo un attimo per capire se le energie spese per dire la propria o aderire alle esternazioni degli altri, sia solo un ampliamento dell’ego e l’unico contributo che si possa dare alla società in frangenti come questo. Non voglio correre il rischio di immergermi totalmente nel virtuale credendo di trovare un riscontro nel reale!

La risposta che mi do è complessa: certamente le notizie nella rete corrono veloci  e ti mettono di fronte a mille informazioni planetarie che avresti difficoltà a reperire attraverso le tv e la carta stampata; ma, nel caso di Reggio la vera partecipazione utile alla città e ai suoi amministratori-commissari, consiste, a mio avviso, nel metterci la faccia. Anche solo aderendo a movimenti spontanei che rispondono più o meno alle nostre idee e, soprattutto, nel creare o utilizzare le occasioni di dibattito e di proposta che, dopo lo shock della decisione ministeriale, pure attesa, cominciano a organizzarsi da parte di singoli e associazioni rappresentative delle categorie produttive, e, si spera, degli ordini professionali, delle parti sociali e di tutte le altre risorse ed energie positive con l’intento di “far rialzare una realtà urbana in ginocchio”.

Riporto una definizione data in un recente comunicato stampa di Confindustria reggina, seguito ad un incontro con  altre Associazioni di categoria, che con pochi tratti prende atto della situazione  e si mette a disposizione del prefetto che, con altrettanta tempestività, ha offerto la propria opera di mediazione con i commissari, attraverso la costituzione di tavoli tecnici per lo sviluppo della città: “a partire dalla valorizzarne del patrimonio culturale e ambientale ampiamente presente e sin qui del tutto trascurato come risorsa anche economica”. Una bella presa di posizione condivisibile da tutti!

A questo fine è evidente il ruolo fondamentale che si offre a Università, Accademie e Conservatori, Curia metropolitana, altre chiese, associazioni culturali, club service e quant’altro che nella città esistono e possono incidere, molto più delle singole persone, a invertire l’opinione ormai comune e diffusa tra i più, che giudicano il governo della città come un fallimento non solo contabile e finanziario ma soprattutto lontano da ogni principio di sana e trasparente gestione della cosa pubblica a favore dei cittadini utenti.

Fatta questa lunga ma necessaria premessa, credo che per risollevare una città prostrata nelle sue attività economiche, nei servizi essenziali  e soprattutto nella fiducia non corrisposta dalle istituzioni più vicine ai cittadini, si debbano lasciare chiacchiere e recriminazioni e offrire, disinteressatamente, gli elementi integrativi necessari alla basilare opera di risanamento economico e di quanto ruota attorno alle attività dell’ente locale per la fornitura di servizi essenziali quali l’acqua, la nettezza urbana, la manutenzione degli impianti e delle strade, l’assistenza alle categorie deboli, che non devono trovare soluzione di continuità.

Ma ritorniamo al settore di mia competenza: la valorizzazione della storia e dell’identità culturale di una delle città più belle e fortunate del Paese e la promozione del proprio patrimonio a fini turistico culturali ed economici.

Certamente il Comune non è la sola istituzione, in questa città, che ha commesso errori di omissione o di superficiale valutazione o di mancato intervento per promuovere, non solo con spot pubblicitari talvolta anche di pessimo gusto e con  ingannevoli promesse, un’area tra le più ricche di tesori, miracolosamente scampati alle catastrofi naturali e alla mano dell’uomo.

Tra i mille esempi che sono sotto gli occhi di tutti, mi riferisco alla annosa vicenda della costruzione dei cosiddetti “gazebo” in cemento armato che hanno invaso pesantemente la passeggiata a mare e che, bloccati dalla magistratura per diversi anni e di recente sbloccati, sono tuttora in stato di abbandono anziché essere finalmente demoliti o ridimensionati nel numero e nell’invadenza, per scelta libera e coerente di una amministrazione a seguito di  polemiche e vertenze giudiziarie che hanno contraddistinto questo errore progettuale e funzionale.

Riconoscerlo – amministrazione e progettisti – e migliorarlo, non sarebbe stata una sconfitta per nessuno ma una decisione di rispetto per l’ambiente e l’uso coerente degli spazi pubblici a disposizione dei cittadini,oltre che per assecondare il buon gusto e la proporzione.

Che dire poi del cosiddetto “tempietto”, vero e proprio mostriciattolo più volte danneggiato da vandali e che, appena realizzato già appariva inadeguato  a qualunque uso. Nell’ampio piazzale circostante privo di una definita destinazione – metà parcheggio, metà fiera paesana temporanea delle feste di settembre – quest’anno assimilabile alla casbah, senza offendere il tradizionale mercato dei popoli dirimpettai, che proprio lì hanno trovato ampio spazio rispetto alle nostre tradizionali botteghe di artigianato di ceramica e vimini. Disordine e sporcizia che nessuna vigilanza provvedeva a sanzionare, in assenza comunque dei servizi essenziali per trasformare  in un baleno un’area abbandonata in una civile manifestazione fieristica cittadina.

Forse bisogna aspettare il miraggio del megaprogetto di Zaha Adid, assolutamente decontestualizzato, con la farfalla, il museo del mare e via dicendo, che una visione distorta e megalomane ci ha fatto intravedere come una carota cui oggi è seguito un bastone di cui non sarà facile liberarsi. Ancora non siamo stati capaci di completare un Museo nazionale di prim’ordine né di gestire normalmente una preziosa Pinacoteca civica oggi infestata da insetti e ieri alluvionata e sempre male promossa e peggio gestita! Certamente, quando parlo di concorso di colpe mi riferisco per prima all’Università che, chiamata o meno ufficialmente a sedere ad un tavolo di concertazione, aveva comunque il dovere – ad esclusione di incarichi professionali ad personam – di intervenire con la forza delle proprie idee e competenze e con quella dei propri giovani studenti con i quali praticare una reale idea di città, di ambiente, di legalità, di sviluppo di uno dei territori più arretrati del mezzogiorno ma ricchi di risorse e quindi suscettibili, se ben governati, di progresso e miglioramento della qualità della vita.

Stesse modalità di intervento – episodiche, disarmoniche e inadeguate – hanno caratterizzato, negli ultimi 10-15 anni, la quasi totalità dei progetti e lavori avviati nel centro storico e nelle ampie periferie. Spesso rimasti incompiuti o, se completati, mal gestiti sino alla chiusura e al degrado.

La Villacomunale, storico luogo ricco di essenze pregiate, di busti celebrativi degli uomini illustri della città (ma ci sono ancora?), di memorie storiche, è stata invasa dal cemento per finalità non primarie e comunque male interpretate progettualmente. Oggi incustodita e mal frequentata: unico spazio praticabile nato per i giochi dei bambini e la tranquilla sosta degli anziani o la ricerca di luoghi ameni per gli innamorati. Così la ricorda la mia generazione, ma che ne sarà?

Le piazze ….. oh Dio, le belle piazze del centro nate da un progetto unitario di ricostruzione ad opera di tecnici, architetti, decoratori, artisti, imprese giunti da ogni parte d’Italia  per aiutare a ricostruire una città più bella di quella distrutta dal terremoto del 1908! Interventi peggiorativi o dannosi quelli realizzati.

 Salviamo almeno dall’incuria quelle che ancora conservano la loro perfetta simmetria, i loro monumenti celebrativi, le loro fontane, le aiuole disegnate nella forma e nelle essenze arboree mediterranee. Piazza de Nava, Piazza Camagna, Piazza Garibaldi, Piazza del Duomo, Piazza del Popolo, giacciono prive di manutenzione, decorate a vita da improbabili graffitari, minacciate da progetti comunali o da gare di idee pseudo moderni con taglio di alberi, cambio di livelli, costruzione di parcheggi sotterranei (magari!) ventilati e mai realizzati, dissestate nelle antiche pavimentazioni, insomma un pessimo biglietto da visita per una presunta città turistica, città d’arte e addirittura città metropolitana, salutata nelle sue miserie con squilli di trombe e tamburi come se non avessimo occhi per vedere e naso per sentire.

Solo su un progetto si potrebbe  sorvolare  e accettare come insopprimibile invadenza della moderna concezione di mobilità urbana: il tapis roulant realizzato però proprio nella via Giudecca, memoria storica della importante e documentata presenza degli Ebrei nella vita culturale ed economica della città, proprio accanto alla monumentale chiesa di San Giorgio al Corso.

Viva l’innovazione ma non ad ogni costo!

* Docente Universitario

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Author: Cristina

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