Trasferimento impianto di trattamento di rifiuti di Sambatello in contrada Cartiera?

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Le recenti notizie apparse sui principali organi di stampa locale, sull’ipotizzato trasferimento, in contrada Cartiera, dell’impianto di trattamento di rifiuti di Sambatello, spingono chi ha a cuore la Storia e la Cultura calabrese a ricordare alcune vicende legate proprio a quel territorio.

Senza entrare in merito alle motivazioni che stanno alla base di tale scelta, vale la pena rammentare a tutti il valore storico e monumentale di un sito misconosciuto e soggetto ad essere sottoposto – come si sta verificando – alle ingiurie degli uomini, più che a quelle dei secoli.

La contrada “Cartiera” deve il suo nome ad un piccolo impianto di fabbricazione di carta da imballaggio voluto dalla famiglia Pascalicchio-Flesca dopo il terremoto del  1783. L’esigenza di tale manufatto nasceva dalla necessità di confezionare opportunamente per l’esportazione l’imponente produzione dei magnifici agrumi prodotti dalla fertile “conca d’oro” che si estendeva tra la costa di Gallico e Sambatello.

La cartiera fu gestita da maestranze amalfitane e rimase attiva per oltre un ventennio, tra XVIII e XIX secolo.  Non era, tuttavia, il primo manufatto protoindustriale della contrada, né fu l’ultimo. Sin dai primi del Seicento, infatti, nella vasta contrada Carrovotano era attivo un mulino, acquisito dalla famiglia Flesca, che lo possedette per oltre due secoli, dando così il suo nome alla piana alluvionale dove si vorrebbe costruire l’impianto in questione. I Flesca furono una ricca famiglia di commercianti, trasferitasi, ai primi del 1600, a Reggio da Francica, nel Vibonese, che possedeva un vasto palazzo sulla ‘Strada dell’Angelo’, accanto alla chiesa di San Giorgio dei Golfieri, al centro della città.

Passata alla famiglia Cimino prima, e Comi dopo, la ‘Contrada Flesca’ divenne “la cartiera”, mentre l’antico mulino seicentesco rimase parzialmente interrato da frequenti e devastanti alluvioni e smottamenti. I resti della vecchia “saetta” del mulino sono ancora lì, a ricordare la ricchezza ricavata da una Natura solo apparentemente pacificata.

Un nuovo mulino fu successivamente costruito dalla famiglia Maltese, nel 1900, ma ebbe vita difficile, a causa di continui problemi idrogeologici, come evidenziano varie perizie dell’epoca.

Le devastazioni del 2004, quando si cercò di realizzare un primo impianto in barba ad ogni criterio, deturparono la natura dei luoghi, ma salvarono buona parte degli antichi manufatti e così, nel corso di quest’ultimo decennio, l’area della “Cartiera” è divenuta oggetto di escursioni naturalistiche, ricerche storiche, nonché di interessanti  ipotesi di recupero e scavo archeologico, da parte dell’Università ‘Mediterranea’ di Reggio Calabria.

Sarebbe stata auspicabile una definitiva tutela di tanto patrimonio storico, ma, invece, si torna clamorosamente indietro di dieci anni.

I resti della cartiera e dei due antichi mulini sono ancora tutti là, in attesa di accurati studi e di attenta valorizzazione, più che di un nuovo attacco alla loro storia. Sono ancora lì anche le testimonianze delle alluvioni e i resti delle antiche e nuove frane.

L’augurio è che, davanti a tanti segni della potenza della Natura e della Storia dell’Uomo, accogliendo le preoccupazioni della benemerita Associazione ‘La Cartiera’, che tanto bene ha operato in questi anni per la promozione di quel territorio, si possa riflettere su di una scelta, definita ‘sbagliata’ già dieci anni fa.

Francesco Arillotta, membro della Deputazione di Storia patria per la Calabria

Maria Giuseppina Marra, direttore l’Archivio di Stato di Reggio Calabria

Giuseppe Caridi, presidente della Deputazione di Storia patria per la Calabria

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