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La Corte di Appello di Reggio Calabria presieduta dalla dottoressa Iside Russo, Giuliana Campagna consigliere relatrice, ha assolto Domenico Lombardo dal reato di estorsione che sarebbe stato perpetrato, ad avviso degli inquirenti, ai danni di Vincenzo Cannatà, noto imprenditore taurianovese titolare di diversi negozi di vendita all’ingrosso di carta, cancelleria, mobili e complementi per l’ufficio.
A Domenico Lombardo il Pubblico Ministero del Tribunale di Palmi aveva contestato di avere indotto Vincenzo Cannatà, alle cui dipendenze era stato assunto, attraverso minaccia e violenza consistenti nel fare valere la forza intimidatrice derivante dalla sua pericolosità criminale, a corrispondergli le mensilità di retribuzione, senza prestare alcuna attività lavorativa, procurandosi in tal modo l’ingiusto profitto pari alle somme percepite indebitamente e mensilmente con corrispondente danno per il Cannatà.
Nei confronti del Lombardo il Giudice per le Indagini Preliminari del Tribunale di Palmi aveva emesso un’ordinanza di custodia cautelare in carcere sul presupposto che lo stesso si sarebbe assicurato per oltre due anni una retribuzione mensile nonché un formale adempimento delle prescrizioni impartite dal provvedimento emesso dal Tribunale di Sorveglianza di Reggio Calabria senza di fatto espletare alcuna attività lavorativa facendo leva sulla propria capacità di intimidazione, frutto della sua ricca biografia criminale tra cui si annovera una pesantissima condanna per la “Strage di Razzà” ove, in occasione di un conflitto a fuoco tra Carabinieri e presunti partecipanti ad summit di ‘ndrangheta della cosca Avignone, persero la vita i carabinieri Stefano Condello e Vincenzo Caruso nonché due membri della famiglia Avignone: Rocco e Vincenzo Avignone, di 35 e 20 anni, rispettivamente zio e nipote.
L’anziano imprenditore, ascoltato più volte dai Carabinieri del Reparto Operativo di Taurianova e dal Pubblico Ministero di Palmi aveva dapprima negato di essere stato intimorito o minacciato dal Lombardo salvo poi affermare che le predenti dichiarazioni erano state rese in condizioni di oggettiva paura e che il Lombardo non aveva mai svolto attività lavorativa e che i suoi precedenti penali erano in grado di incutergli un reale timore in ordine alle conseguenze che poteva subire lui e la sua famiglia.
L’avvocato Antonino Napoli, difensore del Lombardo, a fronte dell’evidente contrasto tra le diverse versioni aveva richiesto ed ottenuto un incidente probatorio ove il Cannatà, anche a fronte delle contestazioni del P.M., ha ribadito di non essere stato mai minacciato da Domenico Lombardo.
Nonostante l’esito dell’incidente probatorio il Giudice dell’Udienza Preliminare, con il rito abbreviato, aveva condannato Domenico Lombardo a 3 anni ed 8 mesi per estorsione.
Nel giudizio di appello la Corte ha accolto le contestazioni alla sentenza di primo grado, formulate, dall’avvocato Antonino Napoli che ha evidenziato come anche nel caso di “estorsione ambientale” la Cassazione ritiene che la “coazione percepita non equivale a coazione effettivamente esercitata dall’autore” poiché anche in questi casi, seppur in forma indiretta o larvata, sono necessari specifici e concreti elementi dai quali desumere anche solo una minaccia posta in essere dall’imputato.
Domenico Lombarto, pertanto, è stato assolto dalla Corte di Appello reggina con formula ampia perché il fatto non sussiste nonostante il Procuratore Generale avesse chiesto la conferma della condanna di primo grado.
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