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I presidenti delle comunità montane calabresi si sono riuniti, nella sede della C.M. del Savuto a Rogliano, per valutare la legge regionale che istituisce l’azienda denominata Calabria Verde e sopprime le CC.MM. nonché per esaminare le possibili conseguenze negative per i territori montani della Calabria. La nuova azienda regionale da un lato di fatto fa rivivere la vecchia AFOR, agenzia produttrice di forti passività e posta in liquidazione ormai da anni, e dall’altro sopprime le comunità montane che per 40 anni hanno operato positivamente a favore dei territori montani e senza produrre deficit e passività.
Si costruisce, nella sostanza, un nuovo carrozzone che riprodurrà la stessa logica gestionale della vecchia AFOR, riproducendo anch’essa inefficienze, scarsi interventi nel territorio e probabilmente nuovi debiti non scongiurabili dal paravento legislativo che obbliga al pareggio di bilancio. Una nuova azienda regionale sicuramente più rispondente alla logica di potere dei governanti regionali, tramite la nomina di un amministratore unico (il direttore generale) e più fortemente caratterizzata da una spregiudicata logica di congestione politico-sindacale attraverso il comitato tecnico di indirizzo di cui su 11 componenti ben 4 sono rappresentanti delle organizzazioni sindacali. E’ del tutto evidente, vista l’evoluzione del testo legislativo che vede passare tale comitato dagli originari 5 componenti prima a 9 ed infine ad 11, che la lievitazione dei posti di potere ha costituito il miele più dolce perché la legge finalmente ottenesse un più ampio consenso finale sia politico che sindacale.
Le comunità montane, invece, hanno sempre svolto compiti meritori a difesa degli interessi della montagna e lo hanno fatto con competenza, efficacia ed economicità. Le difficoltà operative degli ultimi anni sono il risultato congiunto delle miopi politiche nazionali di taglio dei finanziamenti per la montagna e dalle politiche regionali che in contrasto con le sue stesse leggi hanno visto via via sottrarre alle comunità montane compiti, funzioni e risorse.
La Regione Calabria, al contrario di quanto hanno fatto tutte le altre Regioni, anziché procedere alla modernizzazione ordinamentale e funzionale delle CC.MM., anche trasformandole in unioni di comuni montani e quindi conservando il loro ruolo di enti locali democraticamente eletti e rappresentativi dei territori montani dei comuni associati, ha preferito togliere di mezzo questi enti perché la loro democraticità rappresentativa ed il loro legame col territorio e con le sue popolazioni non erano omologabili al volere ed al potere dei governanti regionali di turno. Inoltre, con tale legge la Regione ha scientemente perseguito l’obiettivo di mettere proditoriamente le mani sui loro patrimoni costruiti in decenni di oculata gestione amministrativa, di sacrifici dei comuni associati e di qualificata attività a favore delle zone interne.
Infatti, con la nuova legge regionale, il loro patrimonio viene sottratto ai legittimi titolari, soprattutto i comuni che per decenni hanno pagato le quote associative, e viene con prepotenza giuridica e sostanziale conferito alla nuova azienda regionale con l’evidente scopo anche di appianare il deficit enorme che la stessa azienda eredita dalla vecchia AFOR.
I presidenti delle comunità montane, a questo proposito, esprimono il loro disappunto per la debolezza e la disattenzione che i sindaci dei comuni associati hanno dimostrato di fronte alla scelta regionale di sopprimere le comunità montane e di trasferire alla nuova azienda un così consistente patrimonio costituito da esperienze professionali, da democrazia rappresentativa, da servizi resi alle aree più deboli, del loro patrimonio di beni mobili, immobili, attrezzature e strutture turistiche. Non si sono resi conto, forse, che da tale legge regionale i comuni saranno chiamati a pagare le poste passive dei bilanci comunitari mentre voleranno verso altre strutture le poste attive.
Inoltre non si sono resi conto che con la soppressione delle comunità montane, enti locali per legge già unione di comuni montani, essi stessi vengono privati di una struttura associativa che in futuro saranno costretti a ricostituire ma con costi a carico dei rispettivi bilanci.
Una siffatta sciagurata e truffaldina decisione legislativa assunta ai danni delle comunità locali montane e degli stessi comuni, soprattutto i più piccoli che caratterizzano il tessuto democratico dei territori montani calabresi, non può essere nata che da una visione politica antidemocratica che predilige strumenti di gestione asserviti al potere e non un potere democratico diffuso nel territorio. Solo in tali contesti può essere stata approvata una legge, peraltro sconosciuta nel suo testo finale da gran parte degli stessi consiglieri regionali, i quali però di fronte a un modello monocratico di comando hanno dovuto limitarsi ad alzare la mano e far finta di conoscere ciò che votavano. Solo in questo contesto può essere stata approvata senza che essa passasse prima per il vaglio delle commissioni consiliari competenti e nel totale disprezzo dello statuto della Regione Calabria che prevede espressamente la presenza delle CC.MM. nella rete degli enti territoriali.
Stupisce che in consiglio regionale forze politiche di rilievo che pur avevano presentato disegni di legge alternativi a quello della Giunta regionale alla fine si siano accodati alla volontà della Giunta mettendo a tacere qualche coscienza critica di tale modo di procedere. E’ incomprensibile che il disegno legislativo del governo regionale prima viene bocciato, nel mese di ottobre 2012, e dopo soli 6 mesi il dissenso scompare e per incanto si esprime addirittura il voto favorevole.
I presidenti delle comunità montane calabresi, in questo stato di confusione, non possono non esprimere, invece, il proprio apprezzamento per il comportamento di coerenza e di chiarezza politica del consigliere regionale on. Pasquale Tripodi. Egli, presentatore di un disegno di legge che prevedeva la trasformazione delle CC.MM. in unione di comuni montani e che nell’ottobre 2012 aveva contribuito (abbandonando l’aula del consiglio regionale) a bocciare la legge presentata dalla Giunta, nell’occasione dell’approvazione ha confermato la sua posizione politica ed ha abbandonato l’aula per dissenso totale e nella speranza che altri consiglieri facessero la stessa cosa.
La legge approvata, peraltro, insiste sul fatto che essa “consentirà l’eliminazione della spesa corrente per gli organi politici”. Insistendo nella falsità la Giunta regionale, ma oggi anche il Consiglio regionale, vuole sostenere che si persegue un obiettivo di riduzione del costo della politica.
I presidenti delle comunità montane, come per il passato, rifanno la domanda: di quali costi parlate?
Sono ormai anni che gli amministratori delle comunità montane non percepiscono alcuna indennità e quando la percepivano il costo globale per 20 presidenti, 60 assessori e 300 consiglieri era quasi pari a quello di uno solo dei tanti alti incarichi attribuiti dalla Giunta regionale. In questi anni, proprio per amore della montagna e del servizio svolto a favore delle popolazioni montane, gli amministratori di questi enti hanno evitato di chiedere il pagamento dell’indennità spettante in virtù della stessa legge regionale dimostrando disinteresse personale, autentico volontarismo politico ed esclusivo interesse per la montagna calabrese.
Oggi, dopo l’approvazione della legge di soppressione senza alcun confronto con gli amministratori interessati, i presidenti si vedono costretti a riflettere sulla scelta fin qui compiuta e quindi a valutare l’attivazione di qualsiasi azione utile per ottenere tutto ciò che non hanno percepito e che erano disposti a rinunciarvi pur di far vivere gli enti di governo democratico dei problemi della montagna.
Analogamente, i presidenti ritengono, a fronte del rischio che la montagna calabrese subisca un ulteriore abbandono, che l’esperienza amministrativa delle comunità montane non debba disperdersi ma vada recuperata in una associazione regionale di natura politico-culturale col compito di animare il territorio montano, mantenendo vivo il bisogno di interventi in sua difesa. E’ indispensabile che le popolazioni montane si ritrovino e si riconoscano in un organismo politico-culturale di rappresentanza diretta da far pesare in ogni occasione e che si cimenti “quali amici della montagna” con le altre forze politiche in tutte le occasioni di confronto, non escluso quello elettorale.
I presidenti incaricano Antonino Micari di assolvere provvisoriamente il compito di coordinatore di tutte le iniziative da assumere per verificare la fattibilità delle azioni prefigurate.
da Rogliano
I PRESIDENTI DELLE COMUNITA’ MONTANE CALABRESI
IL COORDINATORE DEI PRESIDENTI
Antonino Micari
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