Reggio Calabria, sequestrati beni per 220 mila euro a imprenditore

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Le Fiamme Gialle del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Reggio Calabria hanno dato esecuzione ad un provvedimento di sequestro per equivalente del valore di quasi 220.000,00 euro disposto dal Giudice per le Indagini Preliminari presso il Tribunale di Palmi, finalizzato a cautelare le disponibilità liquide e gli immobili di proprietà di una nota società gioiese operante nel settore del riciclaggio di cascami e rottami metallici, resasi responsabile di evasione fiscale.

Il provvedimento giudiziario – richiesto dal Procuratore della Repubblica Ottavio Sferlazza – è stato emesso all’esito di un’articolata verifica fiscale condotta dal Nucleo di Polizia Tributaria di Reggio Calabria e coordinata dal Sostituto Procuratore della Repubblica dottoressa Anna Pensabene, nell’ambito della quale è stato accertato, tra l’altro, che la società sottoposta a controllo tributario aveva registrato nella propria contabilità ed aveva inserito nella dichiarazione dei redditi per gli anni d’imposta 2012 e 2013 fatture per operazioni inesistenti, evadendo l’Imposta sul Reddito delle Società per circa 220.000 euro.

Nello specifico, nell’ambito dell’attività ispettiva, veniva riscontrato dai Finanzieri calabresi che un significativo numero di fatture per operazioni di acquisto utilizzate dall’impresa verificata per dimostrare di aver sostenuto costi rilevanti, erano state emesse da soggetti privati completamente all’oscuro di aver effettuato qualsiasi transazione con la società e i cui nominativi erano stati fraudolentemente utilizzati per formare fatture false. Si trattava, come gli accertamenti hanno dimostrato, di persone per lo più di etnia rom e/o analfabeti, i quali, sentiti in atti dai militari operanti, hanno negato di aver intrattenuto rapporti commerciali con la società in questione.

A conclusione della verifica fiscale, alla luce delle predette risultanze, le fiamme gialle reggine accertavano l’integrazione della fattispecie di reato di “Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti”, prevista dall’articolo 2 del D.Lgs 74/2000, a carico dei due rappresentanti legali succedutisi tra il 2012 e il 2013 nella gestione dell’azienda.

In particolare, la fattispecie di reato di cui all’articolo 2 del D.Lgs 74/2000 prevede la pena della reclusione da un anno e sei mesi a sei anni per chiunque, al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, avvalendosi di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti, indica in una delle dichiarazioni annuali relative a dette imposte elementi passivi fittizi.

L’applicazione della citata misura ablatoria è stata possibile grazie alla disciplina dettata dalla Legge n. 244/2007 (finanziaria per il 2008) modificata dal D.Lgs n. 158/2015, che ha introdotto un efficace strumento di cautela delle ragioni dell’Erario, estendendo l’applicazione del sequestro preventivo finalizzato alla confisca per equivalente, anche ai reati fiscali e consentendo, di fatto, allo Stato di sequestrare (e
confiscare) i beni dei quali il reo abbia la disponibilità per un valore corrispondente alle tasse non pagate.

L’attività condotta testimonia il costante impegno della Guardia di Finanza nella lotta ai fenomeni di evasione fiscale e la sinergia con l’Autorità Giudiziaria nell’intervenire in modo sempre più efficace ed incisivo nella repressione di tali forme di illiceità, privando gli evasori dei beni per valori corrispondenti alle imposte non versate all’Erario, ristabilendo la normale concorrenza tra le imprese al fine precipuo di tutelare i contribuenti onesti e rispettosi delle regole.

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Author: redazione.news

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