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La Polizia di Stato e la Guardia di Finanza di Reggio Calabria, con il coordinamento della locale Procura della Repubblica, hanno posto in stato di fermo di indiziato di delitto 2 “scafisti” per le ipotesi di reato di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina ed hanno eseguito un ordine di carcerazione nei confronti di 1 magrebino già sottrattosi in Italia a pena detentiva per furto e rapina. Ciò a seguito dello sbarco avvenuto, lo scorso 30 ottobre, presso il locale porto del pattugliatore norvegese “Siem Pilot” con a bordo
824 migranti provenienti dall’area sub-sahariana e mediorientale.
I suddetti cittadini extracomunitari erano stati soccorsi a largo delle coste libiche nel corso di 5 distinte operazioni di salvataggio condotte da altrettante unità navali nazionali ed estere e successivamente trasferiti a bordo del citato pattugliatore norvegese, impegnato nel Mar Mediterraneo nell’ambito del dispositivo “Triton 2015”, su cui è imbarcato anche un militare della Guardia di Finanza, in qualità di “liason officer Frontex” e con funzioni di collegamento.
Successivamente alle operazioni di sbarco, personale della Squadra Mobile e del Nucleo PT – G.I.C.O. di Reggio Calabria, d’intesa con la competente Procura, ha avviato approfondite e serrate indagini finalizzate all’individuazione di eventuali soggetti responsabili del reato di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.
In particolare, le indagini hanno consentito di accertare che i due “scafisti”, uno cl. 93 l’altro cl. 78, rispettivamente, di origine tunisina e senegalese, farebbero parte di un’organizzazione criminale – integrata da altri soggetti allo stato non identificati – operante sia in diversi Stati dell’Africa sub-sahariana (ove assume i contatti con i migranti interessati all’espatrio), sia in Libia (ove organizza i viaggi, attraverso il mediterraneo, alla volta dei Paesi europei) che in Italia (punto di approdo o di ulteriore smistamento degli immigrati clandestini).
Inoltre, i migranti sentiti in atti hanno riferito di avere corrisposto, per espatriare, all’organizzazione criminale fino a 9.000 dollari, ciascuno, e di avere affrontato il viaggio in condizioni di estremo pericolo per la propria vita e incolumità subendo un trattamento inumano e degradante. Infatti – durante la traversata a bordo di imbarcazioni di fortuna – gli immigrati sono stati stipati in luoghi angusti, hanno avuto a disposizione viveri assolutamente insufficienti e, in diversi casi, hanno riportato fratture e gravi infezioni subendo anche aborti.
L’individuazione dei due “scafisti” è stata resa possibile sia attraverso il loro riconoscimento fotografico da parte degli altri soggetti imbarcati, sia in quanto sono stati rinvenuti in loro possesso telefoni cellulari che gli altri migranti – secondo le dichiarazioni raccolte – erano stati, invece, costretti a consegnare ai membri dell’organizzazione criminale prima della partenza.
Alla luce di ciò, pertanto la Squadra Mobile di Reggio Calabria ed il Nucleo di Polizia Tributaria – G.I.C.O. di questo capoluogo hanno sottoposto d’iniziativa a fermo di indiziato di delitto, ex art, 384 c.p.p., i suddetti cittadini tunisini e senegalesi per il reato di associazione per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina nel territorio dello Stato italiano, con le aggravanti di aver consentito l’ingresso di più di cinque persone; di aver esposto le persone trasportate a pericolo per la vita o per l’incolumità; di aver sottoposto le persone a trattamento inumano o degradante; di aver commesso il fatto allo scopo di trarre profitto, anche indiretto.
All’esito del giudizio, avvenuto nella giornata di ieri 2 novembre 2015, il G.I.P. presso il Tribunale di Reggio Calabria ha convalidato il fermo a carico dei soggetti fermati ed ha emesso nei loro confronti la misura della custodia cautelare in carcere.
Inoltre, grazie a ulteriori controlli di polizia, è stato individuato – tra gli immigrati sbarcati dal natante norvegese – un soggetto di nazionalità tunisina, cl. 80, destinatario di un ordine di carcerazione a seguito di una sentenza di condanna definitiva, emessa dal Tribunale di Como, per furto e rapina. Nello specifico, il predetto magrebino – privo di documenti – stava tentando di rientrare clandestinamente in Italia ove si era sottratto alla pena detentiva rendendosi sin da subito irreperibile. Pertanto, è stato eseguito nei suoi confronti il citato ordine di carcerazione a suo tempo emesso e rimasto inevaso.
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