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A Cesare Marini, a cui mi legano ricordi di un’antica militanza socialista, vorrei semplicemente dire, senza rinfocolare polemiche improduttive, che l’interpretazione che vuole dare all’art. 1, 3 comma del D.P.R 345/2001 è superficiale e fuorviante. Lo stesso articolo dice che “le disposizioni di tutela di ciascuna minoranza …. coincidono con il territorio in cui la minoranza è storicamente radicata”, e non con i comuni o i paesi ove pochissimi abitanti parlano ancora la lingua.
Il legislatore, infatti, ha inteso non solo tutelare le parlate delle popolazioni albanesi grecaniche ed occitane, ma soprattutto “promuovere la valorizzazione e la divulgazione del loro patrimonio linguistico, culturale e materiale”, come stabilisce l’art. 1 della L.R. 15/2003.
La stessa legge 15/2003,art. 2, chiarisce che “costituiscono bene culturale dei Comuni di cui all’articolo 1 della presente legge, la lingua, il patrimonio letterario, storico ed archivistico, il rito religioso, il canto, la musica e la danza popolare, il teatro, le arti figurative e l’arte sacra, le peculiarità urbanistiche, architettoniche e monumentali, gli insediamenti abitativi antichi, le istituzioni educative, formative, religiose e storiche, le tradizioni popolari, la cultura materiale, il costume popolare, l’artigianato tipico e artistico, la tipicizzazione dei prodotti agro-alimentari, la gastronomia tipica, e qualsiasi altro aspetto della cultura materiale e sociale.”
Nel Quadro Unitario della Progettazione Integrata (QUPI) – allegato 1 della delibera Regionale 344/2011 –si rileva come la Regione Calabria abbia inteso “tutelare, salvaguardare e valorizzare il patrimonio etnico-antropologico delle minoranze linguistiche”, ai sensi della L.R. 15/2003 e del D.P.R. 345/2001, stabilendo che “il Progetto Integrato Regionale per la Tutela, salvaguardia e valorizzazione del patrimonio etnoantropologico delle minoranze linguistiche presenti sul territorio regionale, di cui alla DGR n. 202 del 20 aprile 2009, è finalizzato al recupero e alla valorizzazione delle specificità etnoantropologiche delle comunità calabresi. La strategia adottata è diretta a sostenere la tutela e la valorizzazione delle radici culturali calabresi; a potenziare e qualificare i luoghi predisposti alla diffusione ed alla divulgazione dei contenuti culturali etnoantropologici; a tutelare e valorizzare le radici culturali e le tradizioni delle minoranze linguistiche grecaniche, albanesi e occitane presenti in Calabria”.
Ciò non significa e sarebbe fuor di luogo computare città come Reggio, Lamezia, Cosenza, Milano, dove esistono numerose comunità parlanti le lingue albanesi e grecaniche, ma è ovvio che il legislatore ha inteso agevolare le popolazioni dei comuni presenti nei territori e nei comprensori ove sono nate e sviluppate le lingue, che si sono poi perse per vari motivi, come accadde negli anni venti, precedenti il fascismo, quando a Cervicati (prov. di Cosenza) il barone Luigi Guzolini proibì il dialetto albanese ed oggi nessuno lo parla.
La legge, però, è finalizzata al recupero ed alla valorizzazione del patrimonio etnico-antropologico delle minoranze linguistiche e prevede l’insegnamento nelle scuole di quei paesi e di quelle etnie, che pur non parlando la lingua sono presenti con un notevole patrimonio architettonico, monumentale, storico, letterario.
Saverio Zuccalà
Componente il Co.Re.Mi.L.
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