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di Francesco Iriti (pubblicati su Calabria Ora)
2008. Il 18 giugno con un comunicato stampa la Sei proclama: “La procedura di autorizzazione parte oggi con la trasmissione della documentazione del progetto alle autorità competenti”. Tre mesi dopo, il 19 settembre, l’Amministratore Delegato Fabio Bocchiola annuncia: “Comunichiamo di aver richiesto oggi la sospensione dell’iter autorizzativo e della procedura di Valutazione di Impatto Ambientale per il progetto della centrale termoelettrica di Saline Joniche”.
Questo cambiamento di rotta avviene successivamente alla conferenza dei servizi del 17 settembre, indetta dal Ministero dello Sviluppo Economico. In quella occasione la Regione Calabria presenta un documento, con il quale viene espresso e ribadito il motivato dissenso alla richiesta di autorizzazione alla costruzione ed esercizio della centrale a carbone.
Il procedimento viene sospeso per permettere l’acquisizione di atto deliberativo da parte della Regione Calabria e quindi dare il tempo di formalizzare la negata intesa, sul presupposto che nel piano energetico regionale è esclusa la possibilità di realizzare centrali a carbone.
La delibera n.686 arriva il 6 ottobre (pubblicata sul BUR della Regione Calabria n.22 del 15 novembre 2008) e dispone di “non accordare l’intesa regionale prevista dalle leggi n.55/2002 e n.239/2004 al procedimento amministrativo avviato dal Ministero dello Sviluppo Economico sull’opera “CentraleTermoelettrica a carbone da circa 1320 MWE, da ubicarsi in Comune di Montebello Jonico, proposto dalla società Saline Energie Ioniche S.p.A.”
2009. La Sei Spa presenta ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale per la Calabria per ottenere l’autorizzazione unica e corredando l’istanza da elaborati progettuali e da relazioni varie. Con questo ricorso si contesta il diritto della Regione Calabria e degli altri soggetti interessati di negare l’intesa senza attendere l’esito della procedura VIA, apertasi a seguito di separata istanza presentata al Ministero dell’Ambiente.
Nella totale confusione che regna da decenni, ad aprile giunge un colpo di scena. Il 1 aprile, infatti, viene sottoscritto un protocollo d’intesa, dal presidente della Regione Agazio Loiero e dall’amministratore delegato di Api Nòva Energia Mauro Sartori, per la realizzazione di un “polo tecnologico dell’energia” in Calabria. Il progetto prevede la realizzazione di impianti per la produzione di silicio cristallino, di una filiera fotovoltaica per la produzione di celle e moduli e di una filiera eolica per la produzione di componenti di turbine.
Con l’accordo sono stati individuati i tre siti idonei agli insediamenti industriali che dovrebbero essere realizzati con l’utilizzo di risorse meramente pubbliche per complessivi 500 milioni di euro e circa 1.000 posti di lavoro. Secondo Api Nova Energia le migliori localizzazioni per le iniziative produttive sarebbero le aree industriali dismesse di Saline Ioniche (Reggio Calabria), di Lamezia Terme e dell’area industriale di Crotone.
Certo una grande svolta, ma i dubbi rimangono. L’API Nòva Energia è già presente in Calabria con il modello “centralizzato” della Biomasse Italia e delle sue due centrali di Strongoli e Crotone. Una mega centrale solare, infatti, anche se sicuramente meno inquinante, mantiene le grosse problematiche legate poi al trasporto dell’energia, come la costruzione di elettrodotti e le inevitabili perdite della rete.
Siamo giunti al 13 aprile, quando l’assessore regionale all’Ambiente Silvio Greco, a fianco dell’accordo con Api Nova, come intervento della Giunta regionale, propone la costruzione di un laboratorio di Biofisica e di Fisica applicata al settore energetico per lo studio dei meccanismi di trasformazione termoacustica dell’energia e per lo studio e l’ottimizzazione dei sistemi fotovoltaici, assicurando che per tale progetto ci sono già 20 milioni di euro disponibili nell’Apq Pon Ricerca e Competitività.
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