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Nella notte tra il 26 e 27 novembre 2015, l’ingegnere 29enne Carlo Iannuzzi, di Roccella Ionica (RC), è stato vittima di un tentato omicidio a scopo di rapina in una via nei pressi della sua abitazione a Buenos Aires. Carlo è stato colpito violentemente al capo, riportando un trauma cranico grave. È stato ricoverato in un ospedale statale, dove ha subito un intervento “salvavita”, per essere poi trasferito in una clinica privata perché le sue condizioni necessitavano di attrezzature e di risorse mediche che la prima struttura non poteva garantire. Carlo presenta problemi di natura senso-motoria e cognitiva, diretta conseguenza del trauma cranico riportato e del successivo intervento subito per l’asportazione dell’ematoma subdurale intracranico che si era creato. Tale intervento ha comportato l’asportazione di parte della scatola cranica, ricostruita con l’impianto di una protesi in titanio; i medici non sono in grado di fornire ipotesi circa la sua ripresa, ma è già in corso il processo di riabilitazione.
Il 15 dicembre 2015, a Roccella Jonica, si è costituito il Comitato “El Puente per Carlo” con l’obiettivo di raccogliere fondi per le cure e con lo scopo di trasformare la vicenda che ha avuto come vittima Carlo Iannuzzi in un caso pilota da cui possa derivare l’adozione da parte dello Stato italiano di un provvedimento normativo che preveda uno specifico strumento di tutela per tutti i cittadini vittime di reati contro la persona o compiuti mediante violenza alla persona, anche all’estero.
L’ Appello del comitato:
“L’Ordinamento giuridico dello Stato italiano presenta delle evidenti discrasie e mancanze in materia di tutele dei propri cittadini che si trovano all’estero e sono vittime di reati contro la persona o consumati mediante violenza alla persona, nella specifica ipotesi in cui non sia possibile avere il ristoro dei danni subiti da parte del reo o di soggetti terzi. Infatti, ad esempio, pur essendo lo Stato italiano dotato di norme che disciplinano i propri rapporti internazionali, anche in materia di sanità, è da rilevare che da tali norme sono esclusi quei casi dell’esperienza ormai comune in cui, pur essendo iscritti al Sistema Sanitario Nazionale, i soggetti in movimento, che partono per riorganizzarsi la vita, magari andando in cerca di lavoro, non hanno diritto neanche all’assistenza sanitaria indiretta prevista per altri casi simili dal nostro Ordinamento.
Il caso di Carlo sottolinea, in particolare, che per le categorie più precarie come i disoccupati – ma anche, per esempio, gli studenti senza borsa di studio, stando alle informazioni facilmente reperibili sul sito web salute.gov.it – che si muovono verso alcuni Paesi che stanno fuori dall’Europa non è prevista alcuna forma di tutela. La questione posta dal “Caso Iannuzzi”, rilevata e sollevata dal Comitato “El Puente per Carlo”, però, va oltre: non si tratta di difendere soltanto l’ormai sancito e acquisito diritto alla salute, ma di integrare l’ordinamento normativo del Paese con delle disposizioni che costituiscano un sistema di tutela per i cittadini che decidono di esercitare la ormai tanto acclamata libertà di movimento (Dichiarazione ONU dei Diritti dell’Uomo del 1948 e Trattati e Atti normativi dell’Unione Europea), nei casi in cui vengano fatti oggetto di violenze secondo modalità del tutto gravi ed eccezionali, ossia in contesti che di per sé sono ormai percepiti come normali, ma in cui, comunque, si verificano episodi in cui sono revocate in dubbio le più elementari regole del vivere civile.
La vicenda di Carlo Iannuzzi evidenzia una discrasia normativa che si traduce in un vuoto di tutele di fatto.
Durante le sue prime iniziative statutarie, il Comitato “El Puente per Carlo” ha rilevato come nell’opinione pubblica vi sia la convinzione che qualunque cittadino si trovi nelle condizioni in cui si è trovato Carlo Iannuzzi debba essere tutelato e “protetto” dallo Stato in quell’ottica di solidarietà che è alla base della civile convivenza e della costituzioni delle Nazioni moderne. Tali istanze e prerogative di protezione e tutela sono così tanto avvertite come imprescindibili e irrinunciabili da aver occasionato anche proposte di legge nel nostro Parlamento della Repubblica, che, però, giacciono dopo anni ancora non analizzate, né tantomeno discusse e approvate: si fa riferimento al DDL S. 464 del 2013 relativo a “Disposizioni in favore delle vittime di delitti contro la persona o commessi mediante violenza alle persone” (atto del Senato n° 464, XVII Legislatura, su iniziativa parlamentare del Senatore Massimo Bitonci dell’anno 2013).
Alla luce della vicenda che ha visto come protagonista Carlo Iannuzzi, che può assurgere al ruolo di “caso pilota” e nell’ottica illustrata, il Comitato “El Puente per Carlo” intende sollevare una questione di principio che riguarda ciascun cittadino italiano, indipendentemente dal ruolo sociale che egli ricopre e dai redditi che possiede. Ciò che il Comitato chiede agli organi competenti dello Stato, esortandoli a integrare le norme di cui già si dispone, è l’istituzione di un Fondo interministeriale a ispirazione solidaristica ma a carattere risarcitorio, sull’esempio dei fondi per le vittime della strada o dell’usura, finalizzato alla tutela dei cittadini vittime di delitti anche compiuti all’estero, la cui vita e/o salute sono seriamente messe a rischio a causa dei danni subiti e per i quali non sia possibile ottenere un risarcimento attraverso le norme vigenti né dal reo né da terzi“.
È on line la petizione su http://change.org (Libertà di movimento e tutele: un fondo di solidarietà per le vittime di reati all’estero).
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