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di Giuseppina Sapone
Non poteva che essere un trionfo di suoni tradizionali e popolari, la rovente estate calabrese 2012, diretta conseguenza di un grande lavoro di riscoperta e rivisitazione delle tradizioni musicali nostrane, ormai più o meno, a seconda dei gusti, piacevolmente contaminati da quella che ormai viene definita “world music”, le feste di paese, le sagre, le serate in piazza non mancano più di offrire al pubblico almeno uno spettacolo di musica popolare.
E’ un momento particolarmente fortunato per la cultura popolare calabrese; da quasi un decennio ormai il movimento di riscoperta di un modo di far musica che a tratti è sembrato cadere nell’oblio, o peggio, nel disprezzo, partito dalla Locride, è cresciuto, si è diffuso e si è rafforzato tanto da diventare ormai quasi portavoce della Calabria in Italia e nel mondo.
Oltre a riempire in modo sorprendente le piazze di qualunque paese, grande o piccolo che sia, al punto di dover chiudere le strade per l’eccessivo traffico a ridosso di un singolo concerto, la musica popolare calabrese ha trovato, grazie alla bravura di artisti come i Taranproject e all’ambizione dei suoi manager, il suo spazio e l’ha saputo sfruttare in maniera egregia – e così il Concerto del primo maggio in piazza San Giovanni a Roma, tradizionale appuntamento canoro che raduna migliaia di giovani provenienti da tutta Italia, è stato aperto con grande orgoglio dei fans, dalla lira calabrese, dalla chitarra battente, dal dialetto, dal ballo della tarantella. Un bel salto di qualità senza dubbio, per musica e musicisti che fino a qualche anno fa non trovavano il loro spazio e anzi, venivano definiti addirittura “tamarri”.
Ma non è il solo caso di una certa rivendicazione, orfana di proclami ma profonda e veritiera, proprio perchè non gridata ai quattro venti ma vissuta nella realtà. E’ venuto meno infatti uno dei più antipatici luoghi comuni che si possano sentir dire su di noi. I calabresi indolenti che non hanno voglia di lavorare… L’errore più sgradevole e banale, la generalizzazione dei concetti e dei giudizi, scalzato dalla premiazione di una band della Locride, che tutti sanno essere una terra a dir poco difficile.
A Roma, pochi giorni fa, riconoscimento nazionale per gli Etnosound col premio “La Calabria che lavora”; e anche chi non ama la musica popolare può e deve essere orgoglioso di questi giovani che finalmente aprono uno spiraglio positivo in una terra dove il buono viene solo dal basso, dalla gente comune che si dibatte fra mille problemi e difficoltà quotidiane, e nonostante ciò tenta di sorridere davvero a chi arriva, siano essi turisti oppure migranti.
Sono tanti i nomi delle band che ormai proliferano in tutta la Calabria, dalla Sila all’Aspromonte, e tutte hanno al loro interno qualcosa che le accomuna e allo stesso tempo le contraddistingue dalle altre: i Cumelca che continuano a tener vive le tradizioni grecaniche, i Taranquartet, i Gioia Popolare, i Lisarusa, i Zona Briganti, i Nuovo Suono Battente, i Lirabattente e altri ancora allieteranno e rallegreranno le serate estive con numerosi concerti, le cui date saranno disponibili nei prossimi articoli.
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