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Mi chiedo se sia più giusto far conoscere e trasferire all’uomo i sentimenti e la storia oppure la banalità contenuta in alcuni film e in diversi programmi televisivi.
La risposta, è chiaro, dovrebbe tendere verso la prima soluzione ma, stranamente, oggi più che mai, si assiste ad una “svendita” dell’uomo e della sua stessa identità culturale tanto da vivere nell’invasione più barbara di programmi snaturati da ogni filo logico umano.
Si assiste ad un assottigliamento e a un voler assottigliare, a tutti i costi, la mente di tutti ed in modo particolare delle nuove generazioni.
Si può mai parlare di progresso e di sviluppo o di attenzione verso la crescita adolescenziale e la formazione umana se, ancora in questo nostro secolo, continuano ad andare in onda programmi in cui si manifestano, senza alcun pudore, relazioni sentimentali “svendute”?
Storie, in telenovele o in altro genere d programmi, seguite dalla stragrande maggioranza della gente, in cui si narra una mamma separata dal padre che decide di vivere con un altro uomo mentre con lo stesso ha un altro figlio e che successivamente ha deciso di vivere con l’amico del nuovo compagno per poi avere un altro figlio ancora che, stranezza della vita, si è fidanzato con la figlia del suo primo marito che intanto aveva deciso di convivere con un’altra donna!
Ebbene, cosa ci si può aspettare, come reazione da bambini o da giovani che osservano questo genere di eventi? Psicologicamente tenderanno a considerare questo genere di intrecci “normali”, anzi “di moda” tanto, magari, da emularli se non subito, col passare degli anni.
Poi come approcciarsi nei riguardi di una ragazzina di 12 anni che decide di uscire il sabato sera con il proprio ragazzo per tornare alle 4 del mattino dopo essere stata, giustamente, in discoteca e aver “esagerato” con le amiche?
Tutto deve essere permesso perché il termine “io voglio” esiste ed è consolidato.
Ovviamente non in tutte le famiglie si respira quest’aria anche se questi pochi esempi rappresentano una frangia di Italia e di un mondo che va in rotoli al di la di ogni regola e di ogni senso logico di affrontare il vivere.
Non è tutto permesso. Questo bisognerebbe insegnare alle nuove generazioni così come non si dovrebbe permettere la messa in onda film e trasmissioni insignificanti al posto di quelli che avrebbero parlato di storia, di sentimenti, di tragedie umane e di fatti realmente avvenuti.
Bene, questi film vengono “bocciati”. Ciò è accaduto nei giorni scorsi con “Quel che resta”, un film che parla dello sconvolgente terremoto avvenuto a Reggio Calabria e a Messina il 28 dicembre del 1908.
Migliaia di morti, migliaia di storie umane, di drammi, di sogni strappati e di terrore, cancellati con una “X”.
Perché questa storia e questo dramma non devono essere conosciuti? Perché il Festival del Cinema di Roma ha detto “no” a questa storica narrazione?
Certo, non ci vogliamo sostituire a chi ha valutato il contenuto rappresentato sulla pellicola ma se gli attori avessero interpretato una storia di ndrangheta o una classica strage di famiglie, forse lo spazio si sarebbe trovato mentre, narrando la storia di due grandi popoli, di due grandi regioni, la risposta è “no”. La porta è chiusa.
Ma d’altro canto il festival del Cinema di Roma ha chiuso la porta a se stesso perché, ora più che mai, purtroppo, l’attualità del film è alquanto elevata considerato il sisma nel pollino che ha fatto tremare Calabria e Basilicata, il terremoto dell’Emilia e la catastrofe dell’Aquila.
Non rappresenta, forse, il dramma dell’uomo il film che vede quali personaggi principali Giacomo Battaglia, Gigi Miseferi, Giancarlo Giannini, Franco Nero, Luca Lionello, Rosa Pianeta e tanti altri?
Ma per loro, così come per la Calabria e per l’Italia che avrebbe voluto entrare nella trasposizione di quei sentimenti storici, “quel che resta” è niente.
Non resta niente se non uno sforzo immane per entrare nella pelle di chi ha lasciato la propria pelle, nelle vesti di chi non ha avuto più vesti e nel sentimento di chi, oggi, lo stesso, non lo può raccontare nemmeno attraverso la pellicola di un film.
Una “bocciatura” che mortifica la storia ma soprattutto l’uomo e le sue emozioni. Questa la verità.
Una “bocciatura” che non permette all’uomo di questo tempo di meditare e capire un pezzo di storia; di storia non solo Italiana bensì mondiale dal momento che i fenomeni tellurici rappresentano, purtroppo, un problema globale.
Ebbene, si può dire “no” anche ai programmi formativi. Si può dire “no” alla capacità di riportare in luce ciò che per anni è vissuto sotto le macerie perché lo stesso continui a restarvi senza possibilità alcuna di gridare al mondo la propria voce.
Battaglia, Miseferi, noti attori reggini, ormai presenti sul palcoscenico italiano, infatti, urlavano la voce di quel tempo, esaltando le emozioni, i disastri e le piccole gioie di un giorno scampato al pericolo.
Loro raccontano la storia di chi si è trovato in mezzo alle macerie; di quanti casualmente attraversando una strada si sono trovati travolto da un dramma.
Narravano la storia di quegli uomini che si alzavano alle 4 del mattino, nei paesini vicino a Reggio, per giungere in città, lavorare e portare a casa “un pezzo di pane”.
Bene, quegli uomini mai più son tornati nelle proprie abitazioni ed oggi, nemmeno con il film “quel che resta” queste immagini potranno ritornare nelle case dei loro discendenti.
Il film raccontava la storia di famiglie che mai più si sono ricongiunte; di donne sfollate dal centro per andare a partorire nelle marine della provincia dove c’erano soltanto fienili abbandonati.
La pellicola mette accanto pezzi di storia lontana e drammi vicini come quelli vissuti dalle popolazioni di questo tempo, vittime dello stesso terrore.
Al Regista Laslo Barbo così come ai produttori Film Commission Calabria, produzione straordinaria Srl e provincia di Reggio Calabria “quel che resta” è la forza di continuare ad andare avanti nella presentazione del film in altri festival perché i contenuti storici ed umani nonché culturali ed emotivi possano giungere nelle case degli italiani.
Al Festival del Cinema di Roma che “pur apprezzando l’opera” non ha trovato lo spazio per poterlo collocare, sarebbe giusto ricordare che purtroppo, il terremoto non si può lasciare dietro la porta. Sarebbe bello poterlo bocciare; ma solo quello vero. Il film, invece, ha tutto il diritto di poterlo raccontare.
Vincenzo Malacrinò
Dottore di Ricerca
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