Questo post é stato letto 33330 volte!
Riceviamo e pubblichiamo:
In occasione delle festività mariane reggine, il nostro vescovo, mons. Morosini, in un video ha lanciato un messaggio forte, sconvolgete, provocatorio e che ci invita a riflettere. Da buon pastore si rivolge al suo gregge ma il messaggio è così forte che è impossibile restare indifferenti anche se non si è appartenenti alla sua comunità cristiana.
Personalmente io mi sono sentito molto scosso dalle sue parole, sia da cattolico sia da persona che vive l’attuale società. Una società non semplicemente ascrivibile a quella reggina ma che bisogna estendere a tutta la società europea che sta vivendo uno dei suoi tramonti. Proverò, quindi, con molta umiltà, e ringraziando chi mi ospita, a cercare di rispondere allo stimolo lanciato da Morosini nella speranza che si animi un dibattito molto più profondo di queste mie semplici riflessioni ma anche superiore alla banale risposta di un sindaco che non riesce ad andare oltre ad uno slogan monotono e senza contenuti.
“Ma in tempi in cui assistiamo ad una secolarizzazione e scristianizzazione galoppante, ha senso festeggiare un patronato religioso?”
Una domanda che può essere riscritta anche così: che tipo di società stiamo costruendo? La mia risposta è: si, ha un senso continuare a festeggiare un patronato religioso! Sia chiaro, il mio si non è semplicemente frutto del legame con una tradizione, non sarebbe un si. Il mio si è dettato da un altro motivo che è quello di “tenersi in piedi in un mondo di rovine”, per dirla alla Julius Evola. Non si può cedere alle tendenze che stanno attraversando questo mondo in quest’epoca e rintanarsi nelle proprie sacrestie.
Questo atteggiamento significherebbe celebrare un requiem aeternam Deo e trasformare le chiese in “sepolcri di Dio” come Nietzsche aveva immaginato/profetizzato nel suo “La Gaia Scienza”. Piuttosto, come spesso lo stesso Morosini ricorda nelle sue omelie, bisogna opporre quella pacifica resistenza della testimonianza sull’esempio ed il coraggio delle prime comunità cristiane. Queste, infatti, vivevano in una società non solo non cristiana ma addirittura ostile tanto da richiedere il sacrificio della vita. Eppure, con la forza della loro fede, i primi cristiani non si sono mai piegati al mondo.
Anzi, è il mondo ad essersi piegato, tanto che l’Europa per secoli si è lasciata “cristianizzare” rivoluzionando così il pensiero dell’Uomo e l’ordine delle società. Una storia già scritta e che oggi, come un ricorso, va riscritta. A differenza di duemila anni fa, però, oggi bisogna confrontarsi con una società che ha abbandonato Dio.
Provo a spiegarmi utilizzando le parole del cardinale Robert Sarah nel suo ultimo libro “Dio o niente” in cui ci dice che “L’allontanamento da Dio non è il frutto di un ragionamento, ma di una volontà di staccarsi da Lui. […] L’uomo non vuole più riflettere sul suo rapporto con Dio, perché vuole diventare Dio lui stesso. Il suo modello è Prometeo.” Questa volontà, ci spiega sempre il card. Sarah, “trova la sua principale origine nell’individualismo esacerbato dell’uomo europeo. L’individuo-re, che aspira sempre di più a una forma di autonomia o d’indipendenza assoluta, tende alla dimenticanza di Dio. Sul piano morale, questa ricerca di libertà assoluta implica un progressivo e indistinto rifiuto delle regole e dei principi etici. L’universo individualista diventa così centrato unicamente sulla persona che non accetta più alcun (limite, nda)”.
Non c’è dubbio che oggi l’Europa e tutto il cosiddetto Occidente stiano abbandonando la loro dimensione sociale in favore di un nuovo volto fortemente individualista, dove il soggetto-Uomo perde il suo carattere di persona-sociale per trasformarsi in un atomo-individuo. Ecco perché la famiglia oggi sta subendo un violento attacco.
Usando un’espressione di Diego Fusaro, filosofo contemporaneo marxista, “famiglia vuol dire comunità: vuol dire relazione non permeabile dal nesso mercantile, vuol dire solidarietà e gratuità, donatività e altruismo, negazione dell’individualismo oggi imperante. Per questo il capitale mira a distruggere la famiglia: esso non tollera comunità e vuole vedere ovunque sempre e solo atomi consumistici.
Nell’odierna “notte del mondo” (Heidegger) del monoteismo del mercato e del fanatismo dell’economia, la famiglia, ove ancora esista, costituisce un’eroica forma di resistenza all’esiziale dialettica di sviluppo del capitalismo. Finché vi è famiglia, vi è comunità: e finché vi è comunità, vi è speranza”. E io aggiungo che finché c’è comunità vi è anche un’identità. La famiglia è la cellula fondamentale di ogni tipo di comunità: “tu nasci ed hai un padre ed una madre” (Dolce e Gabbana).
Ma oggi la famiglia è il nemico numero uno del mercato proprio per il suo carattere essenzialmente sociale, identitario ed anti-individualista, quindi anti-mercantilista, e la cultura gender è attualmente lo sforzo ideologico più grosso che si sta compiendo per distruggere le basi antropologiche della nostra civiltà. Sempre Fusaro ci spiega come “l’ideologia mondialista gender mira alla creazione e all’esportazione di un nuovo modello antropologico, pienamente funzionale al capitalismo dilagante: l’individuo senza identità, isolato, infinitamente manipolabile, senza spessore culturale, puro prodotto delle strategie della manipolazione”. Una grande sfida.
E rispetto a questa sfida la Chiesa moderna ha una grossa responsabilità alla quale non può sfuggire. In un momento in cui tutte le istituzioni civili sono fragili solo l’autorità morale della Chiesa può essere luce per l’Uomo. Lo fu alla caduta dell’impero romano, deve tornare ad esserlo ancora oggi. Ricorsi storici, come si diceva all’inizio. E allora questo è il senso delle celebrazioni mariane in una società scristianizzata: una coraggiosa testimonianza, una fiaccola che arde fra la gente e scalda i cuori nel freddo dell’odierna “notte del mondo”.
Intorno al quadro della Madonna della Consolazione, come fosse una mamma, da secoli si riunisce la città di Reggio. Ed in una città completamente allo sbando come quella di Reggio questa mamma è un punto di riferimento sociale ed identitario irrinunciabile.
Vorrei continuare perché mons. Morosini con coraggio ha aperto un dibattito davvero ampio e che meriterebbe libri di approfondimento. Ma non è possibile. Rinnovo allora il mio ringraziamento a chi ha voluto ospitare questo mio pensiero e chiedo scusa per essermi dilungato troppo. Chiudo con l’auspicio che tutte le forze culturali della città di Reggio, tutti i carismi della chiesa cattolica reggina e tutte le confessioni presenti in città, in particolar modo le tradizioni cristiane non cattoliche, si lascino spontaneamente coinvolgere in questo dibattito e possano dare un contributo positivo e propositivo per rispondere alla domanda “che tipo di società stiamo costruendo?”.
Giorgio Arconte
Giovane cittadino di Reggio Calabria
Questo post é stato letto 33330 volte!