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La protesta degli operai di Taranto, scesi massicciamente in piazza, dimostra, mai come questa volta, quanta distanza ci sia tra la società italiana, meridionale in particolare, e le classi dirigenti nazionali (magistratura compresa).
E’ la prova di come tanta sociologia, fiumi di inchiostro, parole nei convegni, sia distante anni luce dalla vera essenza delle condizioni in cui versa il nostro Mezzogiorno ovvero della Questione Meridionale ignobilmente considerata questione criminale “tout court”.
Non so se ogni cosa accada a caso, certo appare del tutto singolare vedere tanta gente per le strade di Taranto che protesta in maniera decisa, arrabbiata, per la difesa dei posti di lavoro, proprio due giorni dopo la presentazione di una mozione per la Calabria da parte dei parlamentari del PD, capitanati dall’evergreen Marco Minniti, secondo cui la pre-condizione per ogni ipotesi di crescita e sviluppo della Calabria è la legalità.
Le migliaia di persone a Taranto dimostrano che la legalità non è un concetto astratto e vuoto e che, piuttosto, ha un senso e può essere salvaguardata laddove ci si trovi in presenza di una realtà con livelli socio-economici dignitosi e non certo in quei territori, come il nostro, afflitti da un grave stato di sottosviluppo, sociale ed economico.
La Regina di Francia, Maria Antonietta, finita purtroppo sulla ghigliottina, disse ai suoi attendenti, dinanzi al popolo parigino affamato ed in rivolta per la mancanza del pane, di consegnare loro delle “brioches”; oggi gli operai della Ilva di Taranto hanno impartito una grande lezione, specie alla sinistra italiana ed all’intellighenzia meridionale, per la più impegnata a presentare un quadro meridionale da leggere solo con le lenti giudiziarie.
E l’amarezza è ancora più profonda al solo pensiero di come sarebbe stata diversa la Calabria di oggi se anche da noi fosse stato realizzato il grande sogno dell’industrializzazione degli anni 60-70. Della enorme risorsa di tanti giovani donne ed uomini occupati che avrebbero svolto un ruolo più efficace, dinanzi alla mala-pianta calabrese, di migliaia e migliaia di guarnigioni militari.
E’ amaro, ma è proprio così. Rimanere inerti di fronte allo stato di degrado e sottosviluppo che attanaglia buona parte del Sud, Calabria in testa, vuol dire rendere un grande favore alla criminalità organizzata ed a quei ceti improduttivi che vivono, in maniera parassitaria, sulle spalle dei veri danneggiati: la maggioranza dei cittadini.
Ed ancora, la protesta contestuale dei lavoratori metalmeccanici di Genova dimostra come l’unità nella lotta tra il Nord ed il Sud si verifica solo allorquando sono in discussione non astratte condizioni di vivibilità, bensì concrete condizioni di sopravvivenza come è, appunto, quella per il posto di lavoro la cui mancanza non solo affama le famiglie, ma, mortificando la dignità dell’uomo, porta alla sfiducia, alla disperazione e, quindi, alla disgregazione sociale con devastanti effetti negativi di devianza.
Mi auguro che tutti capiscano la lezione di oggi prima che sia troppo tardi. Primi fra tutti, i nostri politici calabresi abituati agli slogans, buoni ad acquietare le loro coscienze, ma non certo al futuro di questa terra, come la recente seduta consiliare su Saline, senza un serio dibattito sulle esigenze concrete del nostro territorio.
Avv. Gianpaolo Catanzariti
Socialisti Uniti PSI
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