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Una via ambientalista per rivoluzionare la gestione del ciclo dei rifiuti in Calabria. E’ la posizione espressa da Legambiente Calabria nel corso delle audizioni dell’associazionismo alla IV commissione consiliare ‘‘Assetto e utilizzazione del territorio e protezione dell’ambiente’’ della Regione, tenutesi ieri 18 luglio a Palazzo Campanella in vista del dibattito sulla legge di riordino del settore.
IL TAVOLO TECNICO.
“Un incontro richiesto a gran voce dall’associazione del Cigno Verde – dichiara Liotta – per avviare, se pur in forte ritardo, un confronto serrato che possa portare la Calabria fuori dalla perenne emergenza, porre rimedio ai danni di un quindicennio di commissariamento, aggredire la questione della carenza impiantistica, alzare l’asticella della raccolta differenziata clamorosamente al di sotto di quota 15%, il limite previsto dal decreto Ronchi per il 1999! Nell’incontro il presidente Gianluca Gallo e il consigliere Pasquale Tripodi, – continua Liotta – considerando importante e positivo l’apporto della nostra associazione e dei rappresentanti della Rete Nisticò e del Coordinamento Rifiuti Zero, hanno sancito la necessità di un tavolo tecnico aperto alla società civile che sappia rimodulare una bozza di legge ampiamente insufficiente. Riteniamo questa una conquista importante e speriamo non vada come altre volte disattesa.”
I PARERI DELL’AVVOCATURA.
In particolare, i dirigenti dell’associazione che hanno preso parte all’audizione – Giuseppe Toscano, direttore di Legambiente Calabria, Lidia Liotta, presidente del comitato scientifico regionale, e Mariacaterina Gattuso, della segreteria regionale – dopo aver ribadito il parere negativo alle Linee guida approvate dalla giunta regionale nei mesi scori, hanno sottolineato l’inadeguatezza del ddl regionale di “Riordino del servizio di gestione rifiuti urbani e assimilati in Calabria” sposando in pieno le sonore bocciature espresse dall’ufficio legislativo dell’Avvocatura regionale. Due pareri, espressi lo scorso febbraio e aprile, dai quali emergono “carenze e incongruità normative”, e una generale lacunosità: “Infatti, il testo proposto, oltre a non disciplinare il piano regionale dei rifiuti, non contempla le funzioni della Regione, delle province e dei comuni, non disciplina la regolazione dei servizi, non contiene norme sul controllo dell’erogazione dei servizi, né concernenti la tutela degli utenti e le forme di partecipazione. (…) Inoltre, nessuna norma risulta inserita per la disciplina dell’Osservatorio regionale dei rifiuti (…)”.
TEMPI BIBLICI.
Le Linee guida e il ddl di riordino appaiono dunque agli ambientalisti come due strumenti lacunosi e inadeguati a riordinare in modo moderno ed efficiente il sistema di gestione dei rifiuti nella nostra regione. In particolare, desta viva preoccupazione la tempistica prevista dal ddl: di fronte a ritardi drammatici, le procedure indicate si basano su meccanismi farraginosi per l’individuazione degli Ambiti di raccolta ottimale (Aro) e l’affidamento dei servizi di raccolta differenziata. Senza dimenticare che, se pur va salvaguardato il protagonismo delle gestioni locali, occorre tenere conto dell’altrettanto drammatico fallimento delle società miste, che tanta parte hanno avuto nel grande sperpero di fondi pubblici avvenuto negli ultimi anni.
CHI CONTROLLA?
In tal senso, “appare inaccettabile – ha sottolineato Toscano – che non sia previsto alcun sistema di controllo a cui sia soggetto tutto il sistema di gestione del ciclo dei rifiuti. Occorre, dunque, istituire un soggetto esterno, non politico, che controlli l’efficienza, l’economia e la trasparenza della gestione dell’intero ciclo dei rifiuti. Il soggetto può essere anche un istituto di ricerca e, seppure di nomina politica, deve essere civilmente e penalmente responsabile delle procedure sotto il suo controllo”.
UN’ORDINANZA DA RITIRARE.
Ultimo ma non per importanza, Legambiente Calabria ha chiesto con forza un atto che sancisca la volontà politica di aggredire la questione rifiuti nel rispetto dei cittadini calabresi: il ritiro dell’ordinanza Presidenza della Regione Calabria del 10 maggio 2013. Un’ordinanza che autorizza ancora una volta il conferimento in discarica dei rifiuti “tal quale”, ritiene con arroganza di poter derogare alla normativa vigente e afferma con dolo l’assenza di rischi per l’ambiente e la salute pubblica. Un’ordinanza che, inoltre, conduce inevitabilmente alla multa multimilionaria dell’Ue: una beffa per i calabresi, su cui ricadrà il peso del salasso europeo, oltre ai danni di un ventennio di “emergenza rifiuti”.
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