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E’ stato rinviato a giudizio dal gup Barbara Bennato, l’ex vicepresidente della Reggina Giovanni Remo, il quale è accusato di estorsione mafiosa. Remo, il 15 luglio dovrà presentarsi dinnanzi al Tribunale Collegiale di Reggio Calabria. Oltre a Remo saranno processati anche il fratello Pasquale, la moglie Maria Romeo e il cognato Michele Labate.
Secondo l’accusa formulata dal sostituto procuratore titolare dell’inchiesta, Stefano Musolino, Remo, insieme al fratello Pasquale sarebbe responsabile del reato di estorsione mafiosa ai danni di un altro parente ossia Umberto Remo. E’ questa l’accusa formulata dal sostituto procuratore a capo dell’inchiesta, Stefano Musolino.
Secondo il capo d’imputazione formulato dal pubblico ministero, che ha portato all’arresto di Remo, i due fratelli “nell’esercizio delle attività di impresa dedite al commercio all’ingrosso ed al dettaglio di carni, pollame ed altri prodotti alimentari di derivazione animale compivano atti di concorrenza sleale nei confronti delle imprese riferibili a Remo Umberto ed alle altre imprese operanti nel medesimo settore merceologico. In particolare, delegavano partecipi, rimasti ignoti, dell’articolazione di ‘ndrangheta denominata cosca Labate, che minacciavano la clientela, affinché non si rifornisse più presso l’impresa di Remo Umberto, indirizzandola verso quelle collegate alle imprese riferibili alla comune cosca di ndrangheta ed, inoltre, facevano valere la forza di intimidazione derivante dal vincolo associativo, anche a mezzo di minaccia implicita – che si inseriva nel contesto sociale ed ambientale intimidito e dominato dalla comune consorteria – per gestire il predetto settore merceologico in regime concorrenziale agevolato, a mezzo delle imprese direttamente o indirettamente riconducibili ai partecipi della comune cosca di ndrangheta ovvero ad imprese gestite da soggetti collusi o contigui alla predetta organizzazione”.
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