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di Giuseppe Bombino
Uno dei fenomeni moderni è che il progresso materiale è stato troppo rapido a scapito di quello spirituale; che la materia, cioè, abbia preceduto lo spirito e che l’uomo non vi abbia completamente adattato l’animo agli strumenti prodigiosi e di cui si serve. E’ una crisi di religiosità della vita e di spostamento nei confini dei rapporti umani, perché i mezzi materiali, quando non simulano l’uomo ma lo servono, non creano uno stato d’animo o una memoria, non formano un’etica o una fisionomia collettiva. Pensate, per esempio, quali insegnamenti si possa trarre dal collasso dell’economia globale (che evidenzia il fallimento dello stesso concetto di globalità) e dal crollo dei presunti sistemi universalizzanti sotto cui intere civiltà soccombono e valuterete come sia necessario recuperare cento anni di storia per potersi dire avanti.
E siccome il mondo comincia sempre daccapo, quando è il tempo di rifare l’inventario delle cose più vere e durature, più fisiche ed elementari, conviene ricercare sin da subito i segni della rinascita; conviene, insomma, scavare negli strati più profondi della vicenda umana per ritrovare la traccia di ciò che può condurci verso una direzione certa.
Allora, se percorreremo su e giù la carta geografica alla ricerca d’un territorio, tra terra e mare, dove eleggere il nucleo sociale in cui rintracciare il nuovo modello di umanità, di civiltà e di morale, in cui leggere le storie dei luoghi più grandi e decisivi, potremo fermare, appunto, la matita su Reggio e sul Mediterraneo, e farvi il segno di un mondo adagiato su un simbolo: e quel simbolo, tra la colonna e la pietra, è la porta d’Europa.
Quando avremo acquistato intera coscienza di noi stessi, allora diremo quali sono i veri confini dell’Europa entro cui riaccendere il focolare della civiltà, della convivenza umana, del diritto. Dalla crisi attuale, quindi, rinasce alla storia Reggio e il Mediterraneo. Quando le città, i popoli e le nazioni che si affacciano su questo mare si accorgeranno di far parte di un medesimo sistema naturale, d’una sola tradizione di storia e di cultura, pur essendo di differenti razze e religioni, si aprirà un nuovo periodo della storia d’Europa, rinascerà un nuovo universalismo e ancora una volta Reggio sarà il cuore del mondo.
Fummo la porta entro cui transitarono oltre 5 millenni di storia, fummo l’unica città dentro questo mare ad operare l’amalgamazione delle razze, capaci di formare un grande aggregato di popoli diversi e affini.
Allora l’Europa ci chiederà di scrivere le tavole della pace e, nel mondo d’oggi, che si raggruppa in alleanze di sistemi artificiali, noi diremo, invece, come si può formare una civiltà unita dalla comunanza di culture, di istinti e di intuizioni.
La società attuale, io penso, si regge sui calcoli, sui concetti, sui pregiudizi; vi manca la scoperta e le ragioni ideali. Ma la storia cade quando i conti vacillano e i popoli valgono quanto più sono sé stessi, e quanto più sono sé stessi tanto più sono universali, e narrano, cantano, raffigurano.
Credo che si debba assolvere a tale compito per scrivere il nuovo Umanesimo del Mediterraneo; Reggio, con il cuore forte del sentimento della sua discendenza e con la mente feconda della sua nuova idea metropolitana non può che condurre l’Europa verso questa intelligenza sociale, politica e culturale.
Il nostro Politecnico dell’Università Mediterranea (con le Facoltà di prim’ordine di Agraria, Architettura e Ingegneria), la Facoltà di Giurisprudenza, l’Università per Stranieri, le Scuole d’Arte, le Associazioni Culturali (che richiamano spesso gli accenti della identità mediterranea) parlino la loro lingua all’Europa, prima che un nuovo fatto economico imponga un’altra costituzione d’una cultura improvvisata e stanca. L’eclisse culturale delle altre nazioni dà a noi la responsabilità di conservare, aumentare e diffondere il patrimonio della cultura nostra e mediterranea, per noi stessi e per il nostro avvenire europeo.
Reggio può compiere l’onore che le cose grandi richiedono ……, laceri il suo bozzolo e metta le ali.
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