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La decisione dell’Amministrazione Provinciale di Messina di uscire dal CdA della Sogas (Società Gestione Aeroporto dello Stretto) ha riaperto la riflessione sul futuro dello scalo reggino indipendentemente dai motivi che hanno determinato la decisione dell’Ente locale messinese, vuoi se si è trattato di un incidente di percorso (assenza dei consiglieri di maggioranza) ma anche, a maggiore ragione, se ci si dovesse trovare dinanzi ad una scelta ragionata.
Nell’un caso e nell’altro bisogna cogliere l’occasione per evitare di continuare a vivacchiare con un Aeroporto dello Stretto destinato, nella migliore delle ipotesi, a vivere solo e soltanto con sostegni economici che la situazione attuale difficilmente consentirebbe per lungo tempo, ma determinando una vita da assistito che, però, non servirebbe a nulla, se non a prolungare soltanto l’agonia. O si affronta, allora, il toro per le corna, o ci si troverà, quanto prima, dinanzi ad una morte annunciata.
Nel primo caso c’è bisogno di decisioni forti e coraggiose, nel secondo basterà attendere supinamente che la malattia completi il suo decorso e, alla fine, col fallimento dell’Aeroporto ‘Tito Minniti’, si agevoleranno altre realtà aeroportuali come Catania da una parte e Lametia Terme dall’altra, ottenendo soprattutto un’altra drammatica conferma del marcato isolamento, dal resto del Paese, da parte dell’intera provincia di Reggio Calabria.
Ma andiamo per gradi. L’Aeroporto dello Stretto serve, attualmente, solo il bacino di utenza della città di Reggio Calabria e di un pezzo della sua provincia, in particolare parte della tirrenica e la jonica bassa. Il resto dell’utenza ha possibilità di scelta tra Reggio ed altro. La jonica alta reggina ha anche l’opzione di Lametia, mentre Messina e parte della sua provincia possono scegliere anche Catania. Stante così le cose è assolutamente impossibile raggiungere gli standard di economicità necessarie ad uno scalo per autofinanziarsi, standard che diventano ottimali solo attorno ai 7/800 mila passeggeri all’anno, a fronte degli attuali 5/550 mila.
Per ottenere questo risultato si sono tentate diverse soluzioni ognuna delle quali si è rivelata, però, poco funzionale (autobus, aliscafi, e quant’altro) mentre si è ignorato quello che potrebbe diventare il classico uovo di Colombo: il collegamento ferroviario da Rosarno, da Locri e da Messina direttamente con l’aerostazione consentendo, letteralmente, più che un dimezzamento dei tempi di percorrenza. Si tratterebbe di realizzare le navette ferroviarie, o metropolitane di superficie, come quella Termini-Fiumicino, a Roma, o come quella Stazione Centrale-Linate, a Milano. Nel concreto si bloccherebbe l’emorragia che oggi si verifica nell’utenza che ha diverse opzioni di scalo. E’ chiaro, però, che va realizzato il piano della mobilità provinciale capace di coinvolgere, con le modalità di trasporto stradale ed autostradale, anche le zone interne dell’intera provincia.
E qua si trova il famoso toro che va affrontato decisamente per le corna per realizzare un più stretto collegamento con la città. L’idea nasce da uno studio presentato, in diverse occasioni rotariane, dal commercialista Alberto Porcelli, con la collaborazione di giovani ricercatori della Mediterranea, tra i quali l’arch. Luciano Zingale e la dott.ssa Carla Maione, che ipotizza l’utilizzazione dell’attuale area, già fornita di collegamento ferroviario, dell’Omeca per insediarvi la nuova aerostazione. L’area è sufficiente, anche, a contenere un albergo, un centro commerciale, un deposito per la posta aerea e un grande parcheggio, mentre l’area della vecchia aerostazione potrebbe essere utilizzata per un Centro Congressi.
Spostare l’OMECA nell’area, inutilizzata delle Officine Grandi Riparazioni, di Saline Joniche, poi, nel mentre garantisce, e può farla sviluppare, l’attività industriale della vecchia fabbrica di carrozze ferroviarie, dall’altra sarebbe più adatta e funzionale per le maestranze perché più facilmente raggiungibile a fronte delle difficoltà del traffico cittadino.
Sarebbe una scelta coraggiosa e avveniristica che accantona abbellimenti all’attuale aerostazione per puntare decisamente a scelte strategiche capaci di rilanciare l’Aeroporto dello Stretto facendone veramente uno strumento di conurbazione con Messina e garantendo, senza pietirlo, un futuro concreto nell’interesse delle zone che è chiamato a servire. Solo così una delle modalità di trasporto può determinare la fine dell’isolamento a cui sono sottoposte le due provincie interessate.
Se poi assieme all’aerostazione e a ciò che ne consegue si concretizza anche l’idea di una compagnia aerea (a capitale pubblico e privato così come si è fatto in molte città di provincia italiane), e si apre a nuovi vettori, si può ipotizzare la fine del monopolio dell’Alitalia che oggi strozza le due province anche con la vergogna dei prezzi che allontanano l’utenza.
Lista Socialisti Uniti – PSI
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