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Venerdì 11 marzo si è svolto nella Sala Calipari del Consiglio regionale il primo convegno nazionale “Obiettivo sicurezza”, promosso dal segretario nazionale del Movimento Associazioni Operatori per la Sicurezza e Difesa diritti dei disabili, Antonello Imbesi. Obiettivo dell’incontro quello di chiarire e dare delle basi agli operatori della sicurezza riguardo l’approccio alla scena del crimine.
Tra i relatori chiamati ad offrire il loro contributo nei settori di competenza c’erano Roberta Bruzzone, la criminologa, oltre che esperta di psicologia forense, Nico D’Ascola, docente di diritto penale dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, l’anatomapatologo Aldo Barbaro, la psicologa Mariella Squillace, l’esperto balistico Gianfranco Guccia, e Daniele Schinardi, consulente del ministero della Giustizia per i reati informatici.
Le conclusioni del convegno sono state affidate all’Avv. Filomena Falsetta, Segretario regionale del PSD, la quale ha dichiarato:
“se da una parte, le scienze forensi, sono diventate una realtà irrinunciabile nel panorama processuale italiano, dall’altra non esiste ancora in Calabria una struttura che possa servire da punto di riferimento tecnico-scientifico ed operativo per tutti quegli attori principali impegnati nel campo “sicurezza”.
Eppure, l’Unione Europea investe costantemente nel settore “sicurezza”, concedendo alle varie realtà regionali gli opportuni finanziamenti, le quali, però, molto spesso, non rispettano la reale destinazione dei fondi da questa assegnati.
Ciò accade in maggior misura in Calabria.
Da qui la vitale necessità di colmare questo ritardo culturale, professionale ed operativo, attraverso un utilizzo adeguato delle risorse messe a disposizione dall’Unione Europea.
Difatti, la natura globale di questi reati rende la cooperazione a livello europeo essenziale per sviluppare sistemi legali, scientifici e tecnologici che colpiscano duramente i criminali.
A tal proposito non dobbiamo dimenticare che l’Unione Europea è da sempre impegnata a combattere tutte le forme di grande criminalità organizzata e transnazionale.
Non a caso, nel 1999 si è giunti alla decisione di creare una rete di enti nazionali competenti per la prevenzione della criminalità. È così che nel 2001 è nata la Rete europea di prevenzione della criminalità.
Ancora, nel trattato di Amsterdam, entrato in vigore nel 1999, l’Unione ha enunciato l’importanza, tra l’altro, della libertà, sicurezza e giustizia in Europa. L’anno dopo, il trattato di Nizza ha sottolineato il bisogno di un approccio equilibrato nella tutela della libertà e dei diritti legali dei singoli e delle imprese, nell’enunciato per cui tutti i cittadini partecipano pienamente e senza discriminazioni alla vita sociale dell’Unione europea.
Tuttavia, oggi, la sicurezza costituisce una grave preoccupazione in Europa.
I decisori politici dell’UE si rendono conto della loro responsabilità nel fornire un ambiente sicuro a tutti i cittadini europei. Ma si tratta di una sfida di grandi proporzioni, cosicché i cittadini europei diventano un bersaglio sempre più esposto alle attività criminali.
In Calabria, la scarsa coerenza della politica praticata dal governo regionale, ostacola fortemente gli organi dell’UE preposti alla repressione nella loro capacità di risposta alla criminalità,
In particolare, i POR 2007-2013 prevedevano un approccio all’utilizzo dei fondi strutturali europei molto innovativo e complesso.
Dal punto di vista strategico, attraverso i POR, la Calabria intendeva conseguire importanti obiettivi finalizzati a realizzare una decisa inversione di tendenza, diretta verso un modello di crescita socio-economica autonoma, sostenibile dal punto di vista ambientale, attento alle differenze di genere, incentrato sulla valorizzazione e il potenziamento delle risorse locali, umane, materiali e immateriali.
Si trattava, quindi, di puntare e sostenere, in un orizzonte temporale decennale, una fase di transizione graduale della Calabria dalla dipendenza all’autonomia, dall’integrazione passiva all’integrazione produttiva, dall’uso indiscriminato del territorio e delle sue risorse alla sua tutela e valorizzazione.
La strategia, dunque, avrebbe dovuto essere quella dello sviluppo sostenibile e della valorizzazione integrata delle risorse locali, in un quadro di apertura al resto del Paese, ai circuiti nazionali ed europei; in pratica, i POR, nelle loro intenzioni originarie, dovevano attuare una radicale discontinuità.
Insomma, un campo di intervento di straordinario interesse e rilevanza sociale: dal controllo del territorio ai fini della sicurezza alla produzione di bene pubblico, che è un imperativo per lo sviluppo regionale.
Niente di tutto ciò è stato fatto, nel senso che questo approccio ai fondi europei è stato completamente disatteso, per cui oggi la nostra Regione si trova in una situazione altamente compromessa dal punto di vista della realizzazione delle condizioni ottimali in campo di prevenzione di rischi ai quali sono costantemente esposti gli Operatori della Sicurezza.
E’ indispensabile, dunque, che la politica calabrese punti ad una strategia d’intervento ambiziosa, fatta di scelte coerenti, che le consentano di rapportarsi in maniera appropriata all’Unione Europea e alla sua energica azione di prevenzione della criminalità organizzata”.
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