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“Se si raccontano buone storie, storie urgenti e complesse, si troverà sempre il modo per farle circolare. Scriverle è uno dei tanti modi possibili, ma al fondo c’è il bisogno di narrare, cioè di comprendere il mondo dandogli una forma, con gli strumenti della verosimiglianza e dell’invenzione”.
Wu Ming 2 (uno degli scrittori del collettivo denominato, appunto, Wu Ming) è in partenza, diretto in Calabria per il tour di presentazioni di “Timira”, “romanzo meticcio” che mescola memoria, documenti di archivio e invenzione, pubblicato quest’anno da Einaudi Stile Libero.
Con lui Antar Mohamed, co-autore del libro e figlio della protagonista a cui è intitolato.
Venerdì 30 novembre alle ore 18 incontreranno i loro lettori al cineteatro Siracusa di Reggio Calabria, per “Storie di confine”. Con i due autori sarà presente anche Fabio Cuzzola e il romanzo acquisterà dimensione teatrale, complici le letture drammatizzate di Salvatore Arena e Massimo Barilla.
La storia nella storia di “Timira” è quella che precede la scrittura del romanzo. E’ il 2009 quando Wu Ming 2 e Isabella Marincola cominciano la lunga conversazione che darà vita al romanzo. Isabella è la mondina nera che compare nel capolavoro del neorealismo Riso amaro di Giuseppe De Santis. In Somalia si è fatta chiamare Timira. Donna appassionata e libera, nata nel 1925 a Mogadiscio, è una figura nascosta e leggendaria, uno scrigno di storie intrecciate, tra Europa e Africa.
A Isabella, lo scrittore arriva sei anni dopo averne conosciuto il figlio, Antar Mohamed, e dopo aver scritto “Basta uno sparo”, uno spettacolo di musica e letture dedicato al fratello di Isabella, Giorgio Marincola, nato in Somalia, cresciuto a Pizzo Calabro e poi a Roma, probabilmente l’unico partigiano italo-somalo ad aver combattuto nella Resistenza. Isabella, però, muore prima che il romanzo sia terminato, nel marzo 2010, e Antar non vuole che questo testo a cui lei teneva tanto rimanga chiuso in un cassetto. “Così ho chiamato Wu Ming 2 e gli ho chiesto se accettava di terminare il libro con me. E così è stato”.
“Il nostro libro – ricordano gli scrittori – è l’occasione per parlare di temi molto vasti e poco conosciuti: il colonialismo italiano, il razzismo, la cittadinanza. Da lettori, amiamo frequentare quelle presentazioni dove l’autore approfondisce i temi del suo lavoro. Un romanzo dovrebbe diventare il pretesto per parlare d’altro. Se poi c’è una dimensione performativa, con musica e letture, allora l’incontro offre un’esperienza diversa da quella che si può avere leggendo il testo da soli”. E così sarà al cineteatro Siracusa di Reggio Calabria, occasione in cui “mi aspetto – dice Wu Ming 2 – di conoscere nuove realtà che si sforzano di fare cultura e di stabilire contatti per collaborazioni future”.
E’ la scrittura collettiva, infatti, lo scenario in cui ci si muove nei venerdì del Siracusa. Quella scrittura collettiva che “ha avuto un primo, grande sostenitore in don Milani, negli anni Sessanta. Nel suo caso, però, non si trattava di scrivere narrativa. Ci sono anche stati esperimenti legati al futurismo, ma non hanno mai prodotto collettivi stabili. Oggi in Italia ci sono alcuni gruppi piuttosto attivi, come Kai Zen e Paolo Agaraff. Inoltre, Vanni Santoni e Gregorio Magini hanno elaborato un vero e proprio metodo, la Scrittura Industriale Collettiva, con il quale hanno prodotto diversi racconti e un romanzo a cento mani, di grande qualità, che dovrebbe uscire a breve per Minimum Fax. Si tratta ancora di poche esperienze, ma in altri paesi, come ad esempio la Francia, non esiste nulla di paragonabile”.
A riprova, la “storia di confine” che sarà al centro del prossimo incontro, il 7 dicembre, sempre alle 18, sempre al Cineteatro Siracusa: “Blocco 52” (Rubbettino) del collettivo di scrittura calabrese Lou Palanca. Gli autori si confronteranno con Antonino Monteleone e Massimo Barilla. Appena pubblicato, il libro racconta la storia negata di un delitto che dalla Calabria degli Anni Sessanta arriva fino a Praga, l’omicidio di Luigi Silipo, 49 anni, presidente dell’Alleanza dei contadini, ucciso da sei colpi di pistola la sera del 1° aprile 1965 nel centro storico di Catanzaro. Un fatto di sangue da cui si dipartono altre storie, giungendo fino ai giorni nostri.
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