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Vorrei contribuire anch’io alla storia di questi giorni, mettendo insieme alcune riflessioni e fatti intorno alla recente inaugurazione di Piazza Italia, di cui io stesso sono stato testimone.
Per fare ciò, utilizzerò alcuni rudimenti dell’epistemologia.
Possiamo enunciare il seguente ASSIOMA: la consistenza e la permanenza della folla presso un evento sono in ragione diretta con il gradimento nei confronti del medesimo; da cui ha poi origine il seguente SCOLIO: la folla intervenuta durante l’inaugurazione di Piazza Italia, e nei giorni successivi, ha manifestato, sotto diverse forme, apprezzamento e fiducia per il futuro della Piazza e, più in generale, della città.
POSTULATO: la popolazione, quando si raccoglie in moltitudine, è mossa da pensieri e sentimenti diversi da quelli che la dominano nella solitudine. Quindi il singolo non è la folla e, pertanto, non ne interpreta la psicologia e gli stati d’animo.
Fornisco questi pochi elementi a vantaggio del “parlatore solitario” che ha contestato l’inaugurazione della Piazza, poiché incompiuta. Il quale se non conosce l’imprevisto e l’incognita della folla, se non è capace, cioè, di essere interprete di una sua proiezione in quanto egli stesso non si trova nello stesso stato della moltitudine, rischia di utilizzare malamente le 10 o 12 parole del dizionario della retorica, con l’unico risultato di danneggiare la città e la sua popolazione, soprattutto in un momento di forte tensione sociale come quello che stiamo attraversando.
Non dovrebbe dimenticare, il “parlatore solitario”, che l’aggregato umano è un tribunale, dove anche il più piccolo diventa giudice dell’opera, e giudice giusto, e giudice amante del bene e della morale. Ben altri e più complessi sono i sentimenti che agitano al folla. Essa è l’ultima a convertirsi e digerisce la voce del singolo come se fosse un immenso organismo.
Quali, allora, i sentimenti che hanno agitato la moltitudine accorsa a Piazza Italia?
Piazza Italia è un attestato della nostra civiltà, preesistente ed eterna, è una energia fisica e spirituale che ha proprio nella sua forma, seppur incompiuta, il mistero e il tempo di un cosmo che deve ancora svelarsi e operare, e lo farà a poco a poco, mentre in questa attesa il popolo di Reggio vedrà inverarsi prodigiosamente le epoche passate e i giorni che saranno, che sono una misura della continuità e della prospettiva, d’un progresso.
Tutto si adempirà, tutto si farà.
Non vedemmo nessuno tra quelli che in questi giorni si sono recati in quello spazio lottare contro il tempo e protestare per la fine delle cose; piuttosto fu l’inizio e il senso di qualche cosa che arriva, più bella e vasta, ad animare agili e ampi atteggiamenti di fiducia. Fu l’idea d’un ingranaggio che ha appena mostrato il primo giro, d’un travaglio che lascia il tempo dell’attesa e che poi riparte …, d’una memoria che ritorna.
Ringraziamo il “parlatore solitario” per averci ricordato che il lavoro è lungo e che la Piazza sarà, forse, nuovamente e temporaneamente sotto le cure della scienza archeologica. Noi che l’abbiamo veduta attenderemo di decifrarne con solenne sicurezza i segni d’un’altra imminente stagione.
Per fortuna più duraturi segni della storia ci riserva il ventre generoso del suolo reggino, che non le inutili parole … a cominciare da quelle che state leggendo. Se mai vogliamo lasciare un altro documento, riscopriamo, invece, tra quelle vive e squadrate pietre l’orgoglio del popolo di Reggio.
Giuseppe Bombino
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