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Non abbiamo avuto la minima incertezza sulla necessità di reagire pubblicamente alle affermazioni rese dal “pentito” Nino Logiudice nell’ambito del processo Meta all’udienza del 7 dicembre, laddove ha, nuovamente tentato di coinvolgere con nuovi schizzi di fango il nostro Segretario Regionale Michelangelo Tripodi. Si tratta, infatti, di dichiarazioni talmente infondate da meritare la pubblica repulsione.
Il pentito Lo Giudice cambia versione di volta in volta: nel mese di maggio, nel processo di Catanzaro sull’attentato alla Procura Generale, il Lo Giudice sosteneva di non avere accolto la richiesta che gli sarebbe stata fatta da tali Canzonieri e Monorchio di votare Michelangelo Tripodi alle elezioni comunali, dove peraltro non è stato mai stato candidato. Adesso nel processo Meta, invece, cambia versione e dice di aver accolto la richiesta di votare Tripodi in quanto richiestogli da un tale Murina. Le falsità continuano a ripetersi come quando ha sostenuto che Michelangelo abita vicino al caffè Mauro.
Insomma, il Lo Giudice cambia versione ogni volta e ogni volta dice falsità sul conto del nostro Segretario Regionale; nonostante le smentite autorevoli che sulla questione ha fatto la stessa Procura della Repubblica di Reggio Calabria che ha ritenuto – anzi verificato – come notizie non attendibili.
Peraltro, nessuna persona seria che conosce Michelangelo Tripodi, la sua storia politica, la sua etica, potrebbe mai dare seguito a simili affermazioni. Un simbolo dell’antimafia che chiede i voti alla Ndrangheta? Perché, come essere Comunista è l’antitesi della delinquenza organizzata; così Michelangelo – ed ancor prima il papà Mommo – sono stati sempre un punto di riferimento reggino e calabrese nella lotta per la legalità.
Non conosciamo le ragioni che hanno ispirato il pentito Logiudice a questo accanimento nei confronti di Tripodi; probabilmente il coinvolgimento di persone moralmente irreprensibili serva a far diventare tutto uguale; far credere che tutto è inquinato e compromesso; ma così non è. Per questo, come Partito, respingiamo al mittente gli addebiti. Prendiamo atto che in questa epoca, purtroppo, dobbiamo convivere con gli schizzi di fango che oggi rappresentano un’arma micidiale di denigrazione e che a volte vengono utilizzati proprio per tentare di ferire proprio chi – come in questo caso – è notoriamente l’emblema della battaglia per la legalità. È un’arma fondamentale per rompere, sconfiggere la trincea che divide la legalità dall’illegalità.
No. Noi non ci stiamo e per questo reagiamo pubblicamente dicendo che le dichiarazioni del pentito costituiscono un’offesa non solo alla storia personale del nostro Segretario Regionale ma le riteniamo un’offesa a tutto il Partito ed ancor più un’offesa per tutte le persone oneste che si battono per ridare a questa terra un volto pulito; per questo siamo orgogliosi di far parte di un Partito che ha un Dirigente eticamente irreprensibile come Michelangelo Tripodi. Ed in questo senso volgiamo anche un appello al giornalismo che non può e non deve prestare il fianco a simili inquietanti falsità; credo che ci sia un bene primario: quello rappresentato dalla verità e quello di contribuire tutti, ognuno nel suo ambito, alla vittoria della legalità sull’illegalità e questo obiettivo si può raggiungere solo se riusciamo a tenere distinte le persone per bene da quelle che non lo sono; in questa battaglia per l’affermazione della legalità riscontriamo con piacere le prese di posizione nette e decise che vengono da più parti a partire dal mondo cattolico; in ultimo quelle assunte dalla Chiesa Siciliana ed oggi ancor più dal Cardinale di Napoli.
Per la Segreteria Provinciale
Il Segretario
Lorenzo Fascì
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