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Le fratture immaginarie dei colori e gli strati reali provocati dalla presenza del catrame sulle tele incarnano conflitti interiori, individuali e collettivi, in cui si intersecano contaminazione e purezza, sogno e realtà, visione e dato concreto, uomo e natura. Il soggetto specifico è rappresentato da una sorta di perenne contaminazione in paesaggi interiori e reali, in cui l’uomo e la natura sembrano combattere per imporre la propria “materia”.
I diversi strati che emergono sulle tele costituiscono i passaggi di tonalità e materia: la materia quasi in rilievo diventa colore e il colore diventa materico. Concetti universali, come quello di libertà, sembrano materializzarsi nella realtà concreta della vita odierna dove purezza e contaminazione sono costretti a convivere ma anche a scontrarsi. La nozione di libertà non si esplica nell’avere definizioni né confini prestabiliti ma nel seguire il filo coerente della vita vera e reale della natura e dell’uomo, in quanto essere vivente radicato in essa. Le testimonianze dei diversi strati di realtà in rapporto al singolo in sé e al singolo in relazione agli altri individui, rendono magicamente la complessità della vita, dalla sofferenza e dall’angoscia di mondi oppressi dal ‘contaminato’, come l’energia nucleare, alla luce e alla speranza di un futuro diverso, di sogni e mondi incontaminati.
La porta rappresenta l’ingresso in diversi mondi, indagati tra contaminazioni forzate e distruttive per l’uomo come la bomba atomica, con il pericolo che ancora oggi rappresenta, e i paesaggi idillici, ancora di cezanniana memoria, ma materici, che rivelano la forza della natura e la volontà di contrastare la distruzione fisica e morale dell’uomo. La porta diviene anche la metafora dei diversi strati-passaggi, concretamente molteplici sulla tela, nei vari mondi indagati nelle loro variegate fratture.
Le note di Bill Evans, sulle quali si staglia frontale la porta, si susseguono in un ritmo incalzante e inarrestabile, come il corso della vita che davanti a scelte inderogabili, come davanti ad un passaggio rappresentato dalla porta, ancora ci fa soffermare su ciò che è già andato, in quanto passato o in quanto già estinto dentro di noi, e ciò che è sconosciuto, ancora da percorrere e attraversare. Passato, presente e futuro si mescolano in un sound che sembra apparire senza inizio né fine, in cui siamo noi a dare peso e consistenza alle note della nostra esistenza e al valore da dare a passato e futuro.
La porta appare chiusa per chi vuole vederla ed immaginarla chiusa, ma può aprire nuovi orizzonti con le ali della fantasia e del coraggio.
L’analisi di tali mondi procede per fratture, si esprime in solchi dove il catrame si insinua per donare materialità a sogni di mondi reali e immaginari da parte dell’Io interiore. Quando l’angoscia dell’uomo diviene universale, (come negli strati materici di Dubuffet e Fautrier), è la materia stessa che si impossessa dell’inconsistenza della brutalità dell’uomo e cerca di sovrastare tutto con complessi strati, per fornire il ricordo di come la materia copra e ricopra angosce individuali e collettive, rivelandone anche ogni singolo e autentico passaggio. Luce e oscurità si confrontano nei solchi del catrame: il nero rappresenta l’assoluta negatività della luce, ma con i vari strati emerge una crescita della luce e della contaminazione del nero come non-luce, generando così una doppia contraddizione. La musica accompagna il visivo, scorrendo su binari paralleli a quelli del colore, non è legata alla matericità reale ma riesce a far emergere gli “strati” interiori, da esprimere con il sogno di immagini mentali da imprimere poi sulla tela: non rappresenta però un processo automatico ma forma note espressive che si distinguono ma si legano allo stesso tempo al concetto visivo.
Le fratture visive delle tele fanno emergere paesaggi in cui la natura e soprattutto il mare appaiono incontrastati nella loro purezza, come nell’opera “Tra il dire e il fare”, in cui due volti, avvolti da molteplici strati di colore e catrame che si stagliano in rilievo e li incorniciano, ed emergendo come da un abisso, sono lontani eppure vicini: si guardano senza toccarsi inframezzati solo dalla presenza dell’infinitezza del mare. Il contrasto tra parlare ed ascoltare mostra l’ennesima contaminazione tra due mondi, due visioni, due esistenze.
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