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C’è chi non si rassegna, e pur proclamando d’essere un uomo del passato, tenta disperatamente di restare in gioco. Peppe Bova lo fa con una chiacchierata amichevole, presentata come intervista, col duplice obiettivo di riaprire un dialogo con i suoi vecchi ‘compagni’ di appartenenza, e di riacquistare una verginità politica persa da troppo tempo nel lungo excursus del suo potere accumulato in un ventennio quale uomo forte e del PCI, PDS, DS e PD, ricoprendo ruoli di primo piano, quali Segretario Regionale di partito, Vice Presidente della Giunta, capogruppo e Presidente del Consiglio Regionale.
Il nostro, comunque, non potendo mascherare, pur consumato uomo di apparato, la vacuità del proprio passato dietro vecchie e stantie categorie di vittimismo che lasciano il tempo che trovano, e vuoi per la pratica a lui congeniale della doppiezza togliattiana, afferma, infatti, che quando “provi a farla veramente la politica, quando stai veramente costruendo qualcosa di concreto, diventi pericoloso ed allora cercano, in tutti i modi, di fermarti, di scoraggiarti, di liberarsi di te”. Come, quando e perché?
Saremmo curiosi, però, di sapere qual’era questa politica, che come lo stesso pomposamente afferma, è stata semplicemente tentata. Forse quella della riduzione dei costi della politica usata per ‘compromettere’ i capigruppo, grandi o piccoli che fossero, ai quali ridusse l’apparato delle strutture speciali ma consegnò loro la gestione dei fondi riservati alle strutture medesime? O forse quella di presentarsi come novello fustigatore dei costumi della casta regionale rinunciando all’auto blù, che gli fece conquistare i titoloni di Repubblica, ma facendosi liquidare, successivamente un kilometraggio di ben 211.000 euro? O quando si esercitava ad inventare meccanismi nuovi che accrescessero la sfera dei privilegi del ceto politico regionale (vedi criteri sui vitalizi)?
Né è possibile ricondurre la sua idea di politica all’ipotesi di riduzione dei membri del Consiglio Regionale o alla riduzione delle consulenze altrui che non ha affrontato quando era magna pars della precedente maggioranza, per l’esattezza quella di centro-sinistra di Loiero, ma la improvvisa ora dato che è di moda l’antipolitica e la riduzione del peso della politica. Di politica vera nemmeno l’ombra salvo un accenno al Sud abbandonato da Berlusconi e senza un accenno ai governi di Prodi.
Del resto Bova, diarchia della passata maggioranza, si era specializzato principalmente nella costruzione di un personalissimo e formidabile sistema di potere, che gli sembrava inattaccabile, tanto da meritarsi l’appellativo di “democristiano mascherato da comunista”. Uomo tutto impegnato a controllare le proprie ‘truppe’. Oggi rivendica democrazia, selezione dei quadri, crescita di una nuova classe dirigente, e lo fa non perché “al vuoto politico non si rassegna” ma perché ormai non occupa più le caselle del comando che ha dovuto abbandonare perché il popolo calabrese ha voluto così dopo 5 anni di malgoverno che ha portato la Calabria allo sfascio quasi totale.
La lista Socialisti Uniti
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