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Esistono momenti in cui la società civile non può restare silente, vi sono scippi e violenze che non consentono alle coscienze di tacere…
L’articolo 27 della Costituzione Italiana recita: “Le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”, per cui le istituzioni, ai vari livelli, hanno il dovere di attuare azioni e strategie atte a superare le difficoltà cui vanno incontro i soggetti sottoposti a misure penali. Ma è davvero così?
Del resto lo sapevano bene i nostri padri costituenti. Già nel dibattito in seno all’Assemblea Costituente il socialista Lelio Basso affermava profeticamente “chi ha esperienza di vita carceraria, fatta come carcerato, sa che occorrerà del tempo prima di riuscire ad infondere nei nostri ordinamenti carcerari questo spirito di rieducazione”.
Ciò che probabilmente all’epoca si ignorava e che passati quasi 70 anni ancora quella norma di grande umanità e saggezza avrebbe faticato a trovare applicazione, e non per colpa di incalliti criminali, ma di quello stesso Stato che la Costituzione tutela e difende.
Quello che sta accadendo a Laureana di Borrello, un piccolo ma dignitoso paese di Calabria arroccato tra ulivi e agrumeti a nord della Piana di Gioia Tauro, ha dell’incredibile.
Qualche anno fa un Provveditore particolarmente ispirato, il compianto Paolo Quattrone, che non si voleva arrendere di fronte al luogo comune di una terra, la Calabria, dove non possono trovare posto innovazione e sperimentazione, eccellenze e programmazione, ha dapprima sognato, quindi progettato, ed infine aperto un carcere a custodia attenuata.
L’obiettivo di una tale struttura è chiaro anche ai meno addentro in questioni carcerarie: tendere alla rieducazione del condannato, preparandolo al reinserimento in società.
Una struttura d’eccellenza, una delle pochissime sul territorio nazionale, in netta controtendenza con i contenitori di vite a perdere rappresentati dai carceri sovraffollati del resto d’Italia. Una sorta di piccolo gioiello, forse incastonato in un deserto civile, ma capace di sviluppare intorno a sé le sensibilità di un intero paese e di rappresentare modello per tante altre esperienze in Italia ed in Europa.
Ebbene, invece di tutelare ed implementare una tale rarità, proprio in un momento in cui le carceri sembrano esplodere e la possibilità di attivare percorsi rieducativi è ai minimi storici, con un bliz degno delle teste di cuoio, il Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria ha deciso la chiusura dell’Istituto di Laureano, cancellando in un colpo solo anni di lavoro e di risultati.
Riteniamo tale scelta un vero e proprio delitto: hanno ucciso un’altro pezzo di speranza, in una terra già troppe volte ferita da scelte scriteriate, dettate da mere motivazioni burocratiche, organizzative ed economiche.
Il mondo del Terzo Settore e dell’Associazionismo, che da sempre opera nel mondo carcerario e conosce bene i danni inestimabili che si procurano alla società intera se non vi è la dovuta attenzione alla rieducazione del condannato, nel denunciare questa ennesima negazione di diritti, chiedono con forza che le Istituzioni e l’Amministrazione competenti provvedano a garantire la continuità dell’esperienza di Laureana.
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