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Per il ciclo “Cinema e …”, il Centro Internazionale Scrittori della Calabria ha promosso l’incontro “Raccontare il pensiero: Cinema e filosofia” – “L’uomo che non c’era” dei fratelli Coen. Con l’ausilio di video proiezioni, il prof. Nicola Petrolino, studioso ed esperto di cinema nonché responsabile del settore cinema del Cis della Calabria, e il dott. Gianluca Romeo, studioso di filosofia, componente del Comitato giovani del Cis della Calabria, hanno analizzato il film “L’uomo che non c’era” (The Man Who Wasn’t There) dei fratelli Joel ed Ethan Coen.
La trama del film si svolge nella città di Santa Clara, California 1949 e narra la vicenda di un taciturno barbiere della provincia statunitense degli anni cinquanta, Ed Crane, impersonato dall’attore Billy Bob Thornton. Del cast fanno parte Frances McDormand e le star televisive James Gandolfini e Tony Shalhoub.
I relatori dell’incontro, coordinato da Loreley Rosita Borruto, hanno fornito sostanzialmente due letture del film. La prima dal punto di vista artistico- filosofico riguarda direttamente la parabola esistenziale di un anonimo uomo di provincia americano che, nel desiderio di elevare la propria condizione sociale ed economica, innesca una serie di tragici eventi che si riveleranno fatali per lui stesso e per le persone che lo circondano.
I tratti dell’opera richiamano qui direttamente l’esistenzialismo filosofico e la categoria della “possibilità” capace di offrire, nello stesso tempo, realizzazione di un progetto esistenziale come anche di distruzione personale. La seconda lettura, filosoficamente più importante, che rende la pellicola un vero e proprio capolavoro in grado di trascendere i generi cinematografici, inerisce direttamente al problema dell’indeterminazione conoscitiva ed esistenziale dell’uomo post-moderno.
La ricerca della verità nel film si riduce ad una ricerca del “verisimile”, tanto che anche la voce narrante, quella del protagonista, non riesce a ricostruire in maniera sensata tutto il dipanarsi della trama. L’insensato che pervade la nostra esistenza quotidiana, descritto in maniera magistrale dalla regia dei Coen, arriva fino al punto di rompere il rapporto causa-effetto che per tutta la modernità aveva fornito una spiegazione del reale.
Il protagonista viene così condannato a morte per il delitto che in realtà non aveva commesso (per il vero omicidio rimane impunito), estrema beffa giocata dagli eventi che, probabilmente, nei contenuti e nelle forme di questo film come nelle avanguardie artistiche più vicine a noi, rendono l’opera d’arte certo insensata ma anche terribilmente “reale”.
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