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Il Centro Internazionale Scrittori della Calabria, in occasione del centenario della nascita del poeta Giorgio Caproni, ha promosso l’incontro “I sandali di Proserpina”. Loreley Rosita Borruto, presidente del Cis della Calabria, nella sua introduzione ha detto che le prime raccolte di Giorgio Caproni (Livorno 1912 – Roma 1990) a partire dal 1936 con “Come un’allegoria” e fino al 1959 con “Il passaggio di Enea” sono oscillanti tra musicalità e retorica, tra lingua popolare e lingua colta. Con “Il congedo del viaggiatore cerimonioso e altre prosopopee” (1965), la poesia di Giorgio Caproni si arricchisce di altri registri espressivi (ironia, humor, sarcasmo).
Con “L’ultimo borgo” (1980) e “Il conte di kevenhùller” (1986) la ricerca del poeta si inoltra verso toni gnomici – sapienziali. Il relatore Giovanni De Girolamo, critico letterario, docente a Firenze, ha illustrato i temi ricorrenti nella poetica di Giorgio Caproni che vanno dalla sua città adottiva di Genova alla madre e al viaggio. Per quanto riguarda il tema del Viaggio, il relatore ha specificato che Caproni è partito dall’iniziale viaggio fisico per pervenire ad un viaggio metafisico. Nelle “stanze della funicolare” Caproni vede il reale attraverso il vetro che unisce o divide, ma non cancella la realtà.
Il vetro trasforma metaforicamente il paesaggio di Genova dando luogo alla cosiddetta parusia che fa vedere la presenza dell’essenza ideale nelle cose sensibili. Durante la sua relazione, il prof. Giovanni De Girolamo si è soffermato a chiarire le molte metafore legate alla poesia Caproniana. Di notevole importanza è quella legata al nome di Proserpina che partendo dal mito, con un cambio di accento in Proserpìna la trasforma in una donna del popolo con tutti i problemi che la vita reale le pone nella sua quotidianità. Nel concludere la relazione il prof. De Girolamo si è soffermato sull’aspetto formale della poesia di Caproni, lontano sia dagli ermetici che dai nuovi lirici (Luciano Anceschi).
Con il suo linguaggio raffinato e la sua grande perizia stilistica Giorgio Caproni ha imposto con vigore la sua attitudine a costruire un suo proprio lessico originale dalla forma metrica spezzata, esclamativa, che rispetta l’animo del poeta alle prese con una realtà sfuggente, impossibile da fissare con un linguaggio comune. – Caproni – ha poi affermato il relatore – esprime l’inadeguatezza del linguaggio a fissare l’essenza della realtà in questo suo detto: “Buttate via / Ogni opera in versi o in prosa / Nessuno è mai riuscito a dire / Cos’è nella sua essenza una rosa”. A conclusione dell’incontro sono intervenuti al dibattito Giuseppe Pitasi, Mimma Scibilia, Franco Iaria e Giuseppe Gangemi.
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