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Il Centro Internazionale Scrittori della Calabria, nei locali della libreria Culture, ha promosso una conversazione sulla storia di Reggio Calabria dal titolo “Schiave e schiavi nella Reggio del Seicento” – sesto incontro del ciclo “ I tè culturali della “Cattedra di Poesia – Teatro – Cinema – Storia – Letteratura – Arte – Scienza del Cis della Calabria”.
Ha coordinato l’incontro Loreley Rosita Borruto, presidente del Cis della Calabria. Ha relazionato Franco Arillotta, docente del Corso di Storia e Cultura della Calabria presso la Facoltà di Architettura dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria che ha intrattenuto il folto e qualificato uditorio sull’argomento prescelto, argomento assolutamente inedito perché non trattato nemmeno dai più noti storici reggini.
Partendo dalle ineccepibili testimonianze fornite dagli atti contenuti nei protocolli dei notai reggini fin dalla metà del 1500, Arillotta ha tracciato il panorama di questo sconosciuto aspetto della vita sociale di Reggio, dal quale emerge che tutte le famiglie benestanti della città avevano alle proprie dipendenze uno o più (talvolta decine!) schiavi d’ambo i sessi.
Uomini e donne nativi, in gran parte, dell’Africa Settentrionale e della Turchia, ma anche delle sponde adriatiche dei Balcani e della Grecia. Proseguendo nella conversazione, Arillotta ha messo in evidenza alcuni aspetti particolari, quali il loro stato giuridico, con la formula usata per la compera e per la vendita o quella per la concessione della libertà ed ha sottolineato che spesso si parla di schiavi “casanatizzi”, cioè nati in cattività che talvolta portano il cognome del loro padrone.
Nel corso del dibattito sono intervenuti Giuseppe Viola, Salvatore Saffioti e Giuseppe Palamara che hanno sottolineato il grande interesse sollevato dal tema, con la constatazione che, come in tutto il resto d’Italia, anche a Reggio, in quei secoli, erano presenti persone ridotte alla condizione di schiavo.
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